Calavino e Pinè: due comunità, due destini diversi. Li separa la lega delle disparità

Da Michele Dallapiccola

Che l’Altopiano di Piné avesse diritto a coltivare il suo sogno olimpico non si discute. E che per un’amministrazione locale sia un grande merito aver portato a casa fondi di compensazione, ancor di meno.

Poi è tutta da vedere sul come e quando si riusciranno a spendere tutti quei soldi. (Tra Piné e Mocheni la lega ha programmato 70 – diconsi settanta – milioni di investimenti).

Tanto per cominciare ad esempio, nella viabilità, tutti si sono incaponiti per realizzare “l’autostrada dei Cialini“. Potrebbero arrivare a 15, i milioni di euro a opera finita (tutta da vedere) per sistemare un tratto stradale che avrebbe avuto tutt’altra priorità rispetto all’altro accesso all’altopiano. La stretta di Nogarè. Ben altri flussi di traffico, ben altri disagi. E dove, per non farsi mancare nulla sul piano dell’inefficienza, dopo un timido accenno di cantiere per eliminare almeno una piccola fonte di pericolo, non si sa più nulla. Via reti arancioni, via impegni, via tutto.

Nel frattempo a Calavino, un altro bel borgo del Trentino, dalle promesse sì è passati alle certezze. Quelle relative all’apertura del cementificio. Anche qui medaglia a due facce. Benedetta fonte di occupazione e di lavoro, croce per ambiente, abitanti e biodistretto in testa.

Eppure qui, delle compensazioni che si potrebbero mettere in campo, dalla Pat si sa poco o nulla. Parole fumose come quelle delle emissioni della ciminiera del forno.

Come sempre la lega divisiva, quella del bianco o del nero alla ricerca del consenso dove sia facile raccoglierlo, rifugge dai problemi.

Perché affrontare nodi complicati in mezzo al popolo furente, è tutt’altra cosa che promettere tutto ciò che vuol sentirsi dire il furor di popolo. Con la legislatura agli sgoccioli, di promesse se ne son sentite tante, di fatti se ne sono visti davvero pochi.