La protesta degli agricoltori. Cosa resterà al Trentino?

Da Michele Dallapiccola

Le manifestazioni degli agricoltori non arrivano come un fulmine a ciel sereno. Che il comparto soffra infatti di un forte grado di insoddisfazione è fatto notorio e che parte da lontano. Purtroppo va inoltre rilevato che per quanto massiva la protesta è stata alquanto disordinata. 

Non è un caso che nessuna delle organizzazioni sindacali abbia deciso di sostenerla apertamente. Uno scopo comunque lo ha raggiunto poiché si è comunque dimostrata da subito così pesante che nessuna delle azioni sindacali l’ha però nemmeno disconosciuta. Per una volta ha il popolo si è arrangiato. Per una volta il popolo italiano non è stato bue. Avrà seguito certo seguito in maniera sguaiata e disordinata qualche gruppo disorganizzato, più propenso a far caciara che a trasmettere concetti, ma è arrivato ad un punto dove questi concetti li ha trasmessi eccome. Innanzitutto ha provocato una manifesta marcia indietro di Bruxelles almeno su un paio di provvedimenti ma ha completamente marginalizzato la politica populista dal protagonismo di questo disagio. 

Compreso il livello nazionale dove Lollobrigida e Salvini sgomitano per provare a saltare sui trattori degli stessi contadini ai quali si erano dimenticati di aver alzato le tasse poco tempo prima.

Cosa accadrà d’ora in poi, invece qui in Trentino è difficile dirlo. In campagna elettorale erano in molti a lamentarsi della gestione tutta carri-mele e frasi fatte di una politica che alla zootecnia in cinque anni ne ha combinate di tutti i colori. Eppure il meccanismo sono del voto l’ha rimessi tutti li. Al posto dove stavano prima. Noi non demordiamo e continueremo nel nostro lavoro di controllo e denuncia. lo dobbiamo a chi, di questo stato di cose, esattamente come noi, non è affatto contento.

UNA PROTESTA POCO CAPITA

Dicevamo dunque che dall’esterno sembra quasi che la società civile nel suo complesso, questa condizione la comprenda davvero poco. Nella migliore delle ipotesi viene fatta di ogni erba un fascio e i discorsi sono spesso afflitti da un sacco di stereotipi. Cerchiamo di capire insieme i perché riferibili almeno a quattro macro-motivi.

I figli di nessuno.

Innanzitutto in Italia e ancor più in Trentino la protesta è figlia di nessuno. Nel senso che nel resto d’Europa le organizzazioni sindacali e le parti sociali, a ragione o a torto, le responsabilità organizzative se le sono prese tutte. Qui da noi invece il primo movens è partito da chi voleva più strumentalizzare la rabbia dei contadini che pensare alla loro soddisfazione. 

E’ forse da qui che la stessa politica e la società in senso diffuso, parti sociali comprese, si sono ritrovate a far più da spettatori che interlocutori. Vittime molto probabilmente dei vari pregiudizi. A livello nazionale e dunque trentino agli imprenditori agricoli più esasperati non è rimasto che agganciarsi a chi già aveva avviato la protesta per ragioni più puntuali e specifiche. 

In Olanda, la riduzione del bestiame imposta dal governo, in Germania il taglio dei contributi al gasolio agricolo, e più in generale e livello complessivo la battaglia politica e sociale contro i fitofarmaci ed altre incomprensibili amenità.

Una misura che oggi ha raggiunto il colmo, al punto da far scoppiare un vero e proprio movimento trasversale indipendente, autogestito, che in Italia e ancor più in Trentino si sta muovendo al netto di organizzazioni varie. Snobbando anche quella politica populista che prova a cavalcare la tigre. Fanno ridere in tal senso i motti alla Salvini o Lollobrigida che hanno aspettato a saltare sul trattore dei protestanti solo dopo che erano state prese delle decisioni politiche a molte delle quali avevano incredibilmente preso parte. 

I tanti responsabili

Oltre ad essere difficile capire a chi organizzi davvero questa protesta non è altrettanto chiaro a chi si rivolga davvero il Movimento dei Trattori in piazza. A livello nazionale la destra incolpa chi c’era prima. Eppure Salvini e la lega sono al governo a vario titolo almeno dal 2018. Poi c’è Bruxelles. Ed anche in questo caso appare assai complicato ed ingeneroso protestare contro un ente che dedica un terzo delle sue risorse proprio al comparto agricolo. E’ pur vero che le risorse andrebbero distrutte in maniera più equa se è vero che il 20 % degli agricoltori introita l’80 % delle risorse ma è palese che senza sostengo europeo il comparto andrebbe in profonda crisi

Il rapporto tra contadini e società

Il terzo importante fattore che inquina il senso della protesta è poi forse una visione complessiva della classe contadina che a livello locale non mette tutti gli imprenditori agricoli sullo stesso piano. Pensiamo ai melicoltori della Val di Non, ai viticoltori della rotaliana o agli allevatori di vacche della Val dei Mocheni o della val di Rabbi tanto per citare due esempi. Eppure, ognuno di questi, in funzione della propria storia personale ha contribuito allo sviluppo economico del Trentino. Anche fuori dal proprio impegno diretto. Un territorio coltivato infatti, costituisce un fortissimo elemento di trazione per il nostro sistema economico turistico. Nonostante questo sia un fattore che tende ad essere dimenticato. Anzi, capita spesso di imbattersi in una vera e propria “invidia del trattore”. La vive chi omette di pensare alle rate che sta pagando chi ha invece dovuto comprarselo per poterci lavorare

Quanto contano davvero gli agricoltori nelle urne?

Il quarto fattore in causa sta tutto nella scarsa capacità degli agricoltori di riuscire a farsi valere a livello politico. Sempre pochi e ben divisi sia a livello locale che più in generale a livello nazionale ed ancor più europeo sono sempre arrivati secondi rispetto a chi invece, le proprie rimostranze è riuscito a farle valere, eccome. Pensiamo al mondo ambientaliste ecologista e a quale con tutte le sacrosante ragioni della cara Greta Tunberg, un certo appunto va fatto. Sembra infatti che le istanze a spinta green siano molto più ascoltate dalla politica rispetto a quelle delle persone che lavorano la terra. 

Ma in fondo e molto semplicemente, se oggi gli agricoltori protestano è in gran parte per lamentare un disagio generale divenuto ormai insopportabile a fronte di un lavoro sempre meno remunerativo. Reso poi sempre più complicato dal fatto che rispettare l’ambiente pare sia un compito o un gravame soltanto a carico loro. Va da sé che non può essere così. Dobbiamo capirli.