NEL LAGORAI, LA MONTAGNA DEI LUPI

Da Michele Dallapiccola

Solo chi in montagna ci vive davvero può raccontare cosa significhi dover cambiare la propria vita a causa del lupo. Anche sul Lagorai i pastori stanno vivendo un momento difficile.

Cambiano le condizioni di vita, cambia il modo di seguire il bestiame. E cosi da serena, quale è stata negli ultimi due secoli la vita in montagna, ora i pastori si trovano a dove fare i conti con terribili orpelli lavorativi.

Con poche foto, il quadro appare subito chiaro, anche a chi non abbia esperienza del settore:

Recinti, alti, pesanti e portati in quota con gli asini…
…cani da pastore e da guardiania…
…e lo sfinimento di dover stare sempre in mezzo al gregge.
E purtroppo non basta. La pecora vecchia, la prima che si incammina, la più esperta. Non procede come al solito, sembra quasi avere paura. Lei sa perchè. Ricorda cosa ha visto il giorno prima, una cosa che la sua padrona è riuscita a filmare.
video di Federica Stroppa

Di fronte a questo stato di cose, c’è chi impreca, chi minaccia, chi grida, chi non capisce. 

Da uno di loro io però ho potuto ascoltare anche un “signor” ragionamento, una considerazione nuova fatta di cuore e di buon senso. Un pensiero giusto, nei confronti di tutti gli animali.

“Non sta a me dire se il lupo serve o meno. Se hanno fatto delle leggi per proteggerlo e permetterne la diffusione, un motivo ci sarà ed io non voglio contraddire nessuno. Ciò che dico è che non può essere mio compito custodirlo. In altre parole, chi lo ha voluto ci deve anche badare.”

Cit. Un pastore transumante.

Un progetto di modifica dell’ecosistema non può partire monco. Come è stato per l’orso, dove non si è stabilito un numero massimo ma solo di gestione di un sistema in crescita, così ora è per il lupo. La politica non può stabilire “che lupo sia!” e che a gestirlo ci pensino poi i contadini.

Questo pensiero io lo condivido.

Per anni ho ritenuto che le opere di protezione potessero aiutare o almeno mitigare il disagio. Temo però che i contadini da soli non ce la possano fare. Credo che l’ente pubblico debba essere davvero al loro fianco. Non bastano selfie col ministro, gazebo e attestazioni di solidarietà da salotto o da palco&microfono .

MALGHESI e PASTORI esasperati, opinione pubblica naturalista che non comprende; POLITICA che cammina “sulle uova” e incolpa Roma della propria INERZIA.

Costruire un PIANO provinciale di GESTIONE è fondamentale. Ci vorrà tanto tempo e dunque su alcuni livelli, è il caso di agire ora. MOLTE le COSE che SI POTREBBERO FARE per venire incontro ai disagio degli allevatori. Se si vuol costruire un equilibrio socio-ambientale.

I grandi carnivori vanno tutelati in onore della biodiversità e della qualità ambientale. Parimenti, va tutelata la zootecnia, specie di montagna. E quest’attività di protezione non può essere abdicata dall’ente pubblico, né i contadini in azione sussidiaria, vi si possono sostituire. Di cose da fare ne hanno già fin troppe. 

Si implementi la sorveglianza,

si coinvolga personale volontario ausiliario stagionale,

si sperimentino nuovi sistemi tecnologici, collari GPS, sorveglianza radio, satellitare, trasponder,

si sviluppino nuove formule di sorveglianza a difesa delle produzioni.

Ma si inventi qualcosa di nuovo e mai pensato prima. E si riprendano le sperimentazioni interrotte due anni fa.

Investire, investire, investire! Per quanto costoso, mai avrà il valore della biodiversità che la presenza dei grandi carnivori certifica. 

Lo garantisce una montagna coltivata, vissuta ed abitata dai nostri amici contadini.

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