Michele Dallapiccola
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Grandi Carnivori

Nuove gravi predazioni da orso sul bestiame in Malga. Ancora una volta nessuna traccia della Provincia.

Da Michele Dallapiccola 19 Luglio 2023

In queste ore, la Val Rendena è ancora una volta teatro di alcune feroci predazioni. A farne le spese, dei bovini. Anche di grossa taglia. La responsabilità pare sia da attribuire ad uno o più orsi la cui identità non è ancora stata divulgata. Con ogni probabilità, è comunque già nota o ipotizzata con un certa precisione almeno dai servizi forestali. Come detto, lo scalpore che la notizia provoca è legato alla gravità delle lesioni, alla ferocia delle predazioni avvenute e alla confidenza dimostrata dal plantigrado con gli insediamenti umani scelti come sito di predazione. È lì che i proprietari si sono preoccupati di tentare in proprio, l’azione di dissuasione del predatore. Con i pochi mezzi a disposizione, rumore di petardi, cani da guardiania e poco altro i custodi degli animali hanno ottenuto un effetto assolutamente insufficiente. Rischiando pure la vita.

Questo dato certificherebbe che ci troviamo di fronte ad uno o più esemplari affatto preoccupati della presenza dell’uomo.

Ora, sappiamo benissimo che le persone particolarmente sensibili a queste vicende specialmente dal punto di vista naturalistico punteranno immediatamente dito e attenzione sulle eventuali carenze nelle opere di protezione. Segnaliamo che qui, stiamo parlando di campigli malghivi particolarmente ampi e per questo particolarmente difficili da proteggere sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista economico. Accanto alle opere rispetto alle quali i proprietari avrebbero dovuto ricevere una significativa assistenza tecnica risulterebbe particolarmente utile una presenza umana specializzata. Parliamo di personale forestale o di un supplemento di aiuto per quanto riguarda la guardiania.

Da tempo denunciamo che da questo punto di vista il personale forestale non è assolutamente in grado per numero di dipendenti e relativo ruolo, di sostenere adeguatamente i proprietari degli animali. Parrebbe opportuna una più assidua presenza tecnica in situ, senz’altro coordinata dalla Pat. Più che nelle opere di controllo e prevenzione la presenza di personale dedicato potrebbe sviluppare in via diretta e indiretta un più concreto aiuto ai proprietari. Ci riferiamo a formazione, informazione, controllo e monitoraggio ma non solo.

Accanto a quello che possono o devono fare i proprietari rimarrebbero da attuare anche una serie di azioni a carico della Provincia, particolarmente utili proprio in questi casi. Le pesanti azioni di recinzione, oltre a presentare un efficacia non sempre costante, sono caratterizzate da elevatissimi costi e una lunghissima tempistica di realizzazione. A questo punto l’azione immediata più efficace e praticabile potrebbe rimanere quella del monitoraggio intensivo attivato a scopo di poter dissuadere pedissequamente i tragicamente molesti animali.

Per questo l’utilizzo delle trappole a tubo finalizzato alla cattura dei plantigradi risulterebbe oltremodo urgente. Di questo tipo di strumenti la Provincia possiede tre. Ci chiediamo quante di queste siano armate e attivate per la già ordinata cattura di Mj5. E quante ne rimangono disponibili per questa drammatica situazione?

Recentemente, la Provincia è passata alla ribalta della cronaca per aver tenuto gli unici tre radiocollari posseduti in un cassetto o con le pile scariche. E adesso allora quanti ne rimangono di disponibili da subito? Si consideri che rappresentano la miglior tecnologia per poter avere precisa contezza della posizione di questi animali in tempo reale. Lo scopo è chiaro. La dissuasione fatta con petardi, rumore e paura da parte dei proprietari è sicuramente meno efficace di quella con proiettili di gomma sparati dai forestali. Sarebbero tanto più efficaci quanto più solerti potessero essere nel raggiungere gli animali, proprio grazie al radiocollare. Esperti e zoologi concordano che in caso di accanimento predatorio è fondamentale agire in maniera energica ed immediata. Esattamente come non sembra sia avvenuto qui dove tutto sta sviluppandosi in termini eccessivamente tardivi.

Le indicazioni da mettere in campo sono ben poca cosa rispetto alle reali necessità. Lo sappiamo bene. Chi vive in malga ritroverà i problemi già a partire da questa notte. Per questo la Provincia non può permettersi di rispondere che la colpa è di Roma, del Tar o degli animalisti. Girarsi dall’altra per dedicarsi al prossimo nastro da tagliare o al parco giochi da inaugurare non è un’opzione accettabile.

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Una società difficile, un momento buio.

Da Michele Dallapiccola 12 Aprile 2023

Confesso che è davvero difficile occuparsi d’altro in questi giorni qui in Consiglio Provinciale. Si parla soltanto – e ancora una volta – dei problemi che riguardano la gestione dei grandi carnivori. Le altre morti, le altre tragedie in questo momento non esistono più. Morti sul lavoro, tragedie sociali, femminicidi. Al punto che si fa perfino fatica a rispettare l’intendimento etico che ci eravamo prefissati qualche giorno fa: evitare di parlare politicamente della questione “orso”. Almeno in questi giorni di atroce lutto. 

Eppure.

Sui social la gente dà il peggio di sé. Lì, al riparo di un dispositivo elettronico si sono concentrate le peggiori esternazioni di questo tritacarne sociologico mediatico nel quale tutti sanno tutto e il contrario di tutto. 

Leggo commenti folli. Li giudico tali in forza delle competenze tecniche maturate da vent’anni di professione veterinaria e altrettanti da amministratore (anche in materia). E così l’ipocrisia trionfa, tanto nella politica che nelle tante panzane nel sentire comune. 

Ma oggi non serve giudicare, ci penseranno il tempo che scorre, la giustizia che farà il suo corso e i fatti, che sapranno parlare a tempo debito.

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Il Lupo verso il 2030: che fare?

Da Michele Dallapiccola 14 Marzo 2023

Sono pochi gli argomenti che dividono l’opinione pubblica come quello che riguarda la presenza dei grandi carnivori sulle nostre montagne. Da qualche anno però la diffusione delle due specie, lupo ed orso, sta profondamente cambiando. Complice una diversa capacità riproduttiva la proliferazione della specie orso che è ben diversa da quella del lupo. Ed è sul secondo dunque che in questo breve pensiero qui a seguire, ci concentreremo. 

Partiamo con una notizia che per i suoi sostenitori è immediatamente percepita come buona. Il lupo non è più una specie in estinzione. Lo dicono i numeri derivanti dal primo monitoraggio nazionale in Italia, coordinato dall’ISPRA, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica MiTE. I dati sono stati raccolti tra Ottobre 2020 – Aprile 2021 ed hanno permesso di stimarne numero ed estensione delle aree occupate. I risultati ufficiali sono poi stati consegnati il 12 maggio 2022 da ISPRA al Ministero in questione. La ripresa demografica e geografica rilevata, si avvertiva tutta ma mai era stata metodicamente e scientificamente determinata cosi in fino. Il risultato di espansione della specie rilevato, si è verificato perché il lupo è stato per anni rigorosamente protetto dalla normativa Internazionale (Direttiva ‘Habitat’ CEE 1993/43, Convenzione di Berna) e nazionale (l. 157/92, DPR 357/97). 

L’uso di protocolli standardizzati e coordinati condivisi su base nazionale, che ha caratterizzato il monitoraggio realizzato da ISPRA, ha permesso di superare la frammentazione metodologica fornendo dati rigorosi. Sono stati poi analizzati con un unico approccio scientifico, oggettivo e condiviso. Per questo dunque, parliamo di uno studio particolarmente autorevole. 

Nella campagna di campionamento sono stati infatti raccolti 24490 segni di presenza della specie. Parliamo di 6520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate dal lupo, 1310 tracce di lupo, 171 lupi morti. Su 1500 escrementi, dei 16000 registrati, sono state condotte analisi genetiche che hanno permesso l’identificazione della specie. Ci ha pensato una rete di 3000 persone, opportunamente formate e appartenenti a 20 Parchi nazionali e regionali, 19 regioni e province autonome, 10 università e musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 34 associazioni locali, 504 reparti del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri, ha avuto un ruolo fondamentale nelle attività di raccolta dei segni di presenza.

E quindi, quanti lupi ci sono in Italia?

La stima della popolazione del lupo a scala nazionale è risultata pari a 3.307 individui (forchetta 2.945 – 3.608). Un risultato che indica che la popolazione di lupi del nostro paese è molto cresciuta negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni alpine. Il lupo occupa inoltre una larga parte del paese e nelle regioni peninsulari ha colonizzato la quasi totalità degli ambienti idonei.

Poiché anche l’ibridazione è una minaccia per la conservazione della specie si sono condotte analisi genetiche anche in tal senso. Dei 513 campioni di lupo, il 72,7 % non ha mostrato ai marcatori molecolari analizzati alcun segno genetico di ibridazione. Il’11,7 % mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico. Il 15,6 % hanno mostrato segni di più antica ibridazione (re-incrocio con il cane domestico avvenuto circa oltre tre generazioni nel passato). Il monitoraggio nazionale del lupo ha anche contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza della specie nei cittadini. Questo grazie alla campagna di formazione e informazione che ha accompagnato le varie fasi del monitoraggio.

La posizione della politica

Tutte queste enunciate sopra sono azioni che in Trentino si effettuano da sempre. Certificano dunque il perché delle nostre critiche politiche rivolte all’attuale amministrazione in carica. Abbiamo rilevato ad esempio, che interrompere il monitoraggio annuale sulla specie orso o non implementare quello del lupo rispetto al passato o non attivare innovazione nel campo della gestione, come ha fatto questa giunta provinciale, sia stato fondamentalmente sbagliato.

In questo momento andrebbero completate le azioni necessarie ad implementare l’accettazione sociale della presenza del grande carnivoro. E questo, una politica che si rispetti lo può raggiungere solo e soltanto se riesce a minimizzare l’impatto della presenza di questo canide con le produzioni zootecniche. 

Le azioni di protezione dovrebbero presentarsi manifestamente innovative. I ripari forniti, tecnicamente e architettonicamente in grado integrarsi bene nel nostro ambiente dovrebbero essere garantiti a tutti i pascoli d’alpeggio in brevissimo tempo. Andrebbe utilizzata una tecnologia di rilevamento e radiocolaraggio all’avanguardia. Andrebbero attivate iniziative che collettano un’attività di volontariato collegate al servizio civile e alla nostre istituzioni scientifiche per implementare le attività di supporto alla guardiania. 

Solo così potremmo pensare di diventare titolari e gestori di quel “Piano lupo” che questo governo Provinciale ha tentato di farsi approvare da Ispra e Ministero nella speranza di una autonomia operativa puntuale. La scorciatoia, cercata piuttosto goffamente dal punto di vista gestionale, ha cercato di far leva su un importante risultato portato a casa nella scorsa legislatura. La PAT attraverso la legge 9 del 2018 ha incardinato a sé la competenza di gestione dei due grandi carnivori proprio ai fini di protezione dell’alpicoltura. Oggi però è assai difficile pensare che lo Stato italiano possa avere un occhio di riguardo speciale per le Province a Statuto autonomo quando di speciale queste non attivano nulla di diverso dalle Regioni a statuto ordinario.

Cosa può cambiare al livello normativo? 

La strada maestra che potrebbe portare ad un nuovo importante passaggio nella gestione della specie lupo rimane quella ancora strettamente nelle mani del Governo nazionale. Con un provvedimento che poi dovrebbe venir validato da un successivo passaggio di ratifica da parte di Bruxelles. 

E’ da quel livello infatti che allo stato attuale la Direttiva 92/43/CEE “Habitat” del 21 maggio 1992, norma la Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Si tratta della famosa Direttiva “Habitat”. Nel suo allegato IV elenca le specie per le quali è necessario adottare misure di rigorosa tutela e delle quali è vietata qualsiasi forma di raccolta, uccisione, detenzione e scambio a fini commerciali. 

L’allegato V elenca invece le specie il cui prelievo in natura può essere sottoposto a opportune misure di gestione.

Ebbene, a livello italiano il DPR 357/’97 riprende tout court le indicazione della Habitat nella sua prima scrittura. Va detto però che il vigente quadro normativo permette anche agli Stati membri dietro opportuna documentazione ed argomentazione di adottare per ogni singola specie condizioni diverse tra quelle elencate nei due allegati citati sopra. 

In pratica se le norme attualmente vigenti per la gestione della specie lupo venissero incardinate più sull’allegato IV ma sull’allegato V, si potrebbe finalmente configurare uno sblocco e un percorso che porti all’adozione nazionale di un nuovo vero “piano lupo”.  Rispetto ad ipotesi di caratura provinciale questa strada risulterebbe tra l’altro sicuramente più efficace ai fini della gestione del carnivoro in parola. Parliamo infatti di un animale molto mobile che colonizza normalmente territorio di un’estensione di 150-200 km quadrati che sconfinano spesso anche nelle province vicine. 

L’intento del legislatore dovrebbe dunque concentrarsi sulla possibilità di intervenire in situazioni di particolare stress per gli insediamenti antropici. Fatto che si configura in copresenza di numerosità di popolazione e intensità degli attacchi. In tal caso l’azione di gestione mirata e specifica potrebbe partire proprio dai casi più critici. L’accettazione sociale del carnivoro in parola risulterebbe sicuramente migliore. Questo fatto determinerebbe una minore avversione da parte della popolazione direttamente interessata verso i danni provocati da questo animale. Non si migliorerebbe soltanto la vita degli allevatori ma si ridurrebbero gli episodi di bracconaggio  e si garantirebbe sopravvivenza e ulteriore proliferazione della specie intervenendo soltanto sui singoli isolati individui.

Anche in questo caso, ed ancor più in questo caso, andrebbero poi garantite tutte le migliori pratiche gestionali ed amministrative per garantire comunque la proliferazione della specie.

Per concludere ci sembra giusto insistere sul concetto che tale approccio, è dettato dal buon senso. Non si può pensare di gestire una specie che 40 anni fa era in estinzione poiché rappresentata solo da poche decine di animali con una norma che ha superato i 30 anni.  Col numero di lupi che, censimento alla mano, nel frattempo è arrivato a quasi 4000 capi.

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Lupi, lupi e ancora lupi. Ai tempi della lega.

Da Michele Dallapiccola 5 Gennaio 2022

Non fa quasi più notizia quella dei continui avvistamenti di esemplari di lupo in prossimità dei centri abitati. In questa prima parte dell’inverno 21/22, si sono fatti sempre più numerosi.

Eppure a voler guardare con occhio scientifico-naturalistico, il fatto è assolutamente normale. Il lupo, protetto da severissime leggi nazionali ed internazionali, si sta riprendendo quella che per secoli, è stata anche la sua terra.

E adesso, l’eclettico carnivoro, si muove senza tanti complimenti. Segue la disponibilità di cibo e la facilità a reperirne.

E il fatto, a volte, è incomprensibile. Dal punto di vista culturale, la nostra cittadinanza non era più abituata alla presenza del lupo. Questo specialmente perchè sono ormai almeno cent’anni che l’ultimo lupo è scomparso dalle Alpi. Ucciso da un’ultima fucilata dopo secoli di sterminio.

Grandi carnivori che dividono.

Che tristezza diranno alcuni, che fortuna vorranno dire altri. E questo perché il lupo è un argomento che spacca l’opinione pubblica in due. A odiarlo c’è quella fitta schiera di persone che sono danneggiate. Ma non solo. A nutrire queste fila c’è anche chi ha paura, chi non conosce, chi non sa come potrebbe reagire questo animale in caso di incontro. 

In realtà, al netto delle ataviche paure e dei danni che purtroppo si possono subire, di timore (almeno per ora ) invece non occorre averne. Ad esempio, nessuno di noi si sogna di aver paura di andare nei boschi per il timore di incontrare la volpe. Sappiamo tutti perfettamente che quando ci si avvicina, questa se la dà a gambe levate. Ed è così che si comporta anche il lupo. 

Questi fatti, ad esempio, questo governo provinciale s’è preso la briga di spiegarli ben poche volte ed a un numero molto ristretto di persone. Per questo lo abbiamo voluto fare noi in una serie di numerose serate informative. (attualmente sospese per ragioni sanitarie).

Sia chiaro per tutti, so che anche il mio partito, il PATT è a favore di una gestione ragionata e garantista della specie lupo. Che ai sensi Comunitari, per espansione e numerosità può benissimo diventare specie protetta e dunque faunisticamente gestita. L’accordo per farlo, ora è possibile proprio grazie ad una legge che ha varato nel suo momento di governo, la n° 9/2018. Per attuarla è necessario varare un Piano la cui approvazione va conquistata con lo Stato e la Conferenza delle Regioni. Andrebbe chiesta fiducia portando ad esempio le buone capacità di gestione della fauna della PAT e degli altri grandi Carnivori.

Allora, vi immaginate quando ora la Provincia presenta come è gestito qui l’orso? O che cosa sta facendo di innovativo per gestire questo e il lupo? Ecco perché aver cercato di nascondere il problema in questi tre anni, il non aver messo un minimo di fantasia nelle iniziative, ha fatto doppiamente male a contadini e cittadini.

Invece noi continueremo a parlare, a spiegare, a raccontare e a lanciare idee. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo se necessario, perché riteniamo che di fronte al nulla che permette di fare la legge (per ora) a lenire il problema possono venire in aiuto soltanto due ingredienti principali: la formazione e l’informazione. Raccontare di che cosa si deve aver paura e di che cosa invece non è necessario temere, come comportarsi, quale atteggiamento mantenere di fronte a questa agrodolce presenza. 

Diverso invece il pacchetto di informazioni e azioni da intraprendere relativo alla presenza del lupo in rapporto agli allevatori. Ma di quello ne avevamo parlato a lungo in più e più di un’occasione anche su queste pagine.

Il più grande rammarico.

Tutta questa condizione di agitazione è stata implementata da sempre da un partito. Quello che “viveva” sotto ai gazebo e che ora è al potere ma si limita a dare la colpa ad altri, scrivendo letterine al ministro. Non è questo un problema che si risolve per corrispondenza poiché la sintesi avviene all’interno delle Stanze romane in accordo col Ministro e con gli altri Assessori competenti d’Italia. 

Diversamente si utilizza (male) la stampa per fare degli spot e raccontare da che parte si sta cercando di raccogliere quel poco di consenso che può garantire limitarsi a denunciare un problema anziché fare qualcosa per provare a risolverlo davvero.

Mi sono sempre chiesto che cosa avrebbe fatto la mia opposizione e cioè la lega, qualora si fosse trovata al governo con questo problema. Oggi finalmente ho la risposta. Continua a fare quello che ha fatto nei 5 anni precedenti: opposizione! Questa volta non più contro la Provincia, visto che la governano loro; stavolta si tira in ballo lo Stato.

5 Gennaio 2022 0 Commenti
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Dopo un po' nella vita, ti accorgi che intorno
il mondo cambia e allora ti vien voglia di dire la tua!

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