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La maratona dei vaccini. Dipendenti pubblici ancora in prima linea?

Da Michele Dallapiccola 29 Novembre 2021

La maratona dei vaccini. Dipendenti pubblici ancora in prima linea?

Michele Dallapiccola – 29 Novembre 2021

Ottimismo e pessimismo sono stati d’animo generalmente figli delle proprie esperienze di vita.

Chi ha subito un lutto non può certo gestire la coda di questa epidemia alla stessa stregua di chi sta cominciando invece a beneficiare dell’effetto dei vaccini. E’ solo grazie a questo formidabile mezzo che possiamo continuare a guardare con speranza al futuro. 

Della loro imprescindibile efficacia, ne ha compreso la forza anche l’amministrazione provinciale. Che a questo punto chiede un ulteriore sforzo al proprio personale sanitario. Pare voglia spingere per quella somministrazione diffusa che permetterà un aumento del tasso medio di anticorpi della popolazione locale.


Quella che salta subito all’occhio soprattutto dell’apparato pubblico è una sorta di ipocrisia derivante da una contraddizione in termini. Si chiede un ulteriore sforzo volontario proprio a quegli stessi dipendenti ai quali, con tutta evidenza, non sono ancora arrivati tutti i giusti riconoscimenti. A questo LINK l’articolo completo de IL DOLOMITI.


Eppure, attraverso l’erogazione dei servizi essenziali, tanto il settore pubblico che quello privato  ci hanno insegnato che l’emergenza, in ogni professione può trasformare le persone in veri e propri eroi. 


Dire grazie ai nuovi eroi? Troppo poco

Pensate ad esempio a chi ha lavorato nei supermercati durante tutto il lockdown. Per sfamarci. E che dire degli eroi della sanità? O degli insegnanti. Dalla preistoria digitale dell’insegnamento dove son stati lasciati per anni, hanno dovuto attrezzarsi, spesso anche a titolo personale, di tutto quello che serviva per gestire una DAD. Anche da soli.


Qualche sera fa ho avuto l’occasione di conoscere Fiammetta, la bambina simbolo di questo lockdown. La sua foto, mentre segue la DAD durante il pascolo delle capre ha fatto il giro del mondo, arrivando fino al Papa.

Eppure dentro a quel PC web-connesso stavano contenuti scritti in maniera innovativa da personale spesso lasciato alle proprie iniziative. 

Tutto questo ragionamento contesta quella politica divisiva che da sempre ha voluto contrapporre il settore pubblico a quello privato. E in questo, menzione speciale va a questa giunta provinciale. Attraverso le sue uscite e i suoi (mancati) provvedimenti – in ben più di un’occasione – ha dimostrato di non sapersi emancipare dai propri vetusti cliché di partito. Eppure, se il Trentino è stato capace di arrivare così lontano nel mondo, evidentemente tanto il tessuto produttivo, che la macchina pubblica, qualcosa hanno saputo fare.


In questo colpo di coda dell’epidemia, adesso la lega si trova costretta a chiedere un ulteriore gratuito sforzo a quelli che solo pochi mesi fa chiamava eroi.


Dire grazie però è davvero troppo poco e con 192 milioni di euro sul FONDO DI RISERVA per il bilancio 2022, qualcosa di meglio si poteva fare.

Nonostante tutto queste persone sanno guardare oltre. Grazie all’esperienza professionale sanitaria pregressa mia, ma soprattutto della collega Paola Demagri, possiamo pensare che saranno in molti a rispondere a questo appello.


Li guiderà lo spirito di abnegazione al proprio lavoro e amore verso il prossimo. Abbiamo motivo di credere davvero poco, ma poco altro.


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La politica delle mance.

Da Michele Dallapiccola 27 Novembre 2021

Ma è davvero, questa, la giunta del “cambiamento”?

Uno degli tradizionali cavalli di battaglia elettorale della lega, tenuti a suon di slogan e gazebo, è da sempre stato quello di voler combattere la politica dei “piazerotti”. Intesa come attività amministrativa volta ad accontentare sacche di consenso, attraverso piccole elargizioni di potere o di denaro. Pur nel lecito, ma dentro ad un quadro di scarsa equità sociale ed equilibrata scelta politica.

Eppure, una volta al potere, anche la comunità dei salviniani in Trentino, è finita per inciampare in questo “vizietto” in più di un’occasione.

Alcuni, gli esempi.

Pare che ad un incontro coi sindaci della comunità della Val di Sole, un paio di assessori avessero proposto l’abominevole scambio. 

La valle sarebbe stata devastata dal passaggio di 30 km di un tubo che avrebbe in seguito proseguito il suo scempio col prelievo di acqua dal Noce. Ovviamente, come noto ed evidente, la risposta dei primi cittadini è stata secca ed irremovibile. No ad opere pubbliche come merce di scambio. Depuratori e strade sono un diritto, non un contentino!

Ma ecco la giunta delle mance che fa capolino in un altra vicenda. Quella della riapertura delle discariche. 

Il disagio grave non sta nell’epilogo, del quale pure parleremo tra poco. A mio avviso lo scandalo sta nel fatto che siano trascorsi 3 anni prima che questi amministratori provinciali abbiano deciso di reagire di fronte al più che previsto collasso della discarica di Ischia Podetti. Fatto, noto fin dal loro insediamento nel 2018 e dunque più che prevedibile.

E non si venga a portare la pandemia come scusa perché allora andrebbe chiarito anche cosa ha fatto il dicastero all’ambiente durante il letargo durato più di un anno ed imposto dal lockdown. 

Oggi la stampa dà notizia di un fatto triste. Le dimissioni di un comandante dei Vigili del Fuoco sono un fatto che rammarica sempre. Non vorrei nemmeno entrare nelle dinamiche politiche locali.

Ad Imer, un buon lavoro.

Nel riferirmi ad Imer, considero e preciso che l’amministrazione comunale si è mossa bene. Nel migliore dei modi tra i quali poteva agire. Ed il Comitato Antidiscarica – dal canto suo – un piccolo successo, consistente nella diminuzione di quantità conferita, lo ha ottenuto. 

Ma a far impressione – un gesto di sciatteria istituzionale come pochi – lo ha fatto la giunta. Ed è tanta la sua miopia da averlo voluto pure comunicare. Come fosse una cosa della quale andare orgogliosi.

La domanda da porsi.

Ma ad Imer, si finanziano le opere per compensare altre? Avere infrastrutture pubbliche comunali in ordine, qui come in val di Sole o altrove, è un diritto o merce di scambio? Mettere le comunità locali contro, è un modo di operare inammissibile. La politica delle mance, riesce forse a far peggio di quella che la lega criticava nel passato. Quella dei “piazerotti”.

Allora infatti un disegno generale almeno c’era.

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Prima i trentini, prima gli italiani? Senza dubbio.

Da Michele Dallapiccola 23 Novembre 2021

Ma chi farà i lavori umili in questa nostra società signorile di massa, ora che c’è crisi nel mercato del lavoro?

L’azzeccata definizione di “Società signorile di massa” è del sociologo Luca Ricolfi nel suo famosissimo best seller. Ci racconta alcune considerazioni relative all’attuale società dove il benessere ha allontanato le persone dall’accettare di svolgere anche i lavori più umili. Giusto o sbagliato non sta a me giudicare. Certo un fatto va evidenziato. 

Egoismo ed individualismo si sono sommati alla miopia di chi non voleva vedere quanto fossero importanti gli stranieri per il nostro tessuto sociale e lavorativo. Il risultato? I lavori umili in Italia non li vuole fare più nessuno. Al nostro posto lavorano o meglio lavoravano gli stranieri. E adesso?

Cos’è successo?

Le cose cominciano a non andar benissimo nemmeno in Trentino. A scatenare questa riflessione una serie di preoccupazioni, espresse dai vari rappresentanti di categoria. Sono culminate ieri in un titolo di giornale che riguarda l’appello del direttore di Confindustria Fausto Manzana. Nel pezzo, invoca l’arrivo di nuovi immigrati come forza di manovalanza a sostegno del PIL trentino.

In effetti, che i lavoratori stranieri n particolarmente dei lavori più umili, è da anni sotto gli occhi di tutti. C’è poi un’interessante studio pubblicato qualche anno fa da quotidiano L’Adige che riporto integralmente in calce ed invito tutti a leggere che riguarda proprio la situazione generale ante crisi.


Il senso del testo di Ricolfi è proprio questo: il benessere di questa nostra società ci ha portato alla condizione che quei lavori lì non li vuole fare più nessuno.

A chi non è capitato che:

  • se ho bisogno di assistenza sanitaria, chi si occupa di fare la badante?

  • se sono un agricoltore, chi mi aiuta a raccogliere le mele?
  • se sono un allevatore, chi assumo per mungere le mie vacche, se non ce la faccio da solo?
  • se sono un albergatore, chi si occuperà di rifare le camere ed aiutare in cucina?
  • se sono un artigiano edile, o ho una piccola attività con dei dipendenti, chi verrà a lavorare per me come operaio specie se mi servono mansioni di base?

E se sono un pastore che alleva alcune delle 30 mila pecore del Trentino, a chi venderò i 15mila agnelli che produciamo se non ai musulmani? Posto che sono rimasti gli unici oramai a consumare carne ovina?

I fattori di una crisi

Questo sopra è uno spaccato dell’attuale società, conosciuto da tempo. E’ marcatamente emerso a causa di uno dei tanti aspetti negativi provocati dalla pandemia.

 

La chiusura delle frontiere e la riduzione delle possibilità di transito internazionale di queste persone è stato il fattore scatenante. In misura minore purtuttavia innegabile almeno nella percezione collettiva anche il reddito di cittadinanza cosi come configurato nei suoi momenti iniziali.

Ma ce ne sono altri. Innanzitutto la difficile accettazione sociale del diverso. Con una reputazione negativa alimentata dagli spacciatori e dai delinquenti che sono presenti anche nella loro compagine. E’ pur vero che non mancano nemmeno tra i nostri connazionali ma le paure innestate sugli stranieri prendono fuoco meglio e più in fretta. E’ un dato di fatto. 

Poi c’è una cattiva gestione dei rifugiati. In minima parte poteva almeno lenire il problema. Invece specie a livello locale si è più distrutto che costruito. Pensate alla vicenda dell’accentramento alla residenza Fersina e alle successive vicende ulteriormente negative. Insomma chi ha governato il Trentino negli anni della pandemia, ha costruito un quadro desolante dove chiunque faccia impresa in Trentino e abbia bisogno di una delle fattispecie di cui sopra, si trova letteralmente in uno stato di disperazione. 

Per questo, ben si capisce che tutta la farsa del “prima gli italiani, prima i trentini” vale solo se  la società sa essere inclusiva e premiare chi si comporta bene e ha voglia di lavorare. Non è certo di fare di ogni erba un fascio scimmiottando Salvini, senza fare altro, che la gente straniera arriva a lavorare qui a sostenere la prosperità locale. 

A far così, un po’ alla volta il Trentino si è segato il ramo sul quale era seduto. 

Da L’Adige d.d. 23-10-’18

I lavoratori stranieri sono in Trentino poco più di 20 mila, le imprese con titolare straniero 3.300. Gli immigrati che lavorano come dipendenti o come autonomi producono oltre 1 miliardo 500 milioni di euro di prodotto interno lordo (Pil).

 

Da loro arrivano circa 220 milioni di euro di tasse e contributi, di cui 85 milioni di Irpef e 135 milioni di contributi previdenziali.

L’apporto degli stranieri alla ricchezza del Trentino è però in calo, in primo luogo perché sta diminuendo l’occupazione dipendente. Molti vanno via in cerca di condizioni migliori, magari in altri Paesi europei. Una parte degli immigrati ha risposto alla crisi mettendosi in proprio e avviando piccole imprese, soprattutto nell’edilizia e nel commercio (vedi a fianco). Ma ora anche quel canale è in frenata. Qualche segnale di ripresa, precaria come per tutti, arriva tuttavia dai primi mesi del 2018.

 

Il quadro aggiornato dell’impatto economico dell’immigrazione in Italia è stato fatto dalla Fondazione Leone Moressa di Mestre, partner della Cgia, il Centro studi degli artigiani, che si basa sui dati su reddito e imposte del 2016 dichiarati nel 2017. I 2,4 milioni di occupati immigrati in Italia hanno prodotto 130 miliardi di valore aggiunto, l’8,9% del Pil. Il contributo economico degli stranieri si traduce in 11,5 miliardi di contributi previdenziali, in 7,2 miliardi di Irpef versata, in oltre 570 mila imprese straniere.

 

In Trentino Alto Adige si trova l’1,8% degli occupati stranieri totali, che producono 3,3 miliardi di Pil, pari al 2,5% dei 130,9 miliardi prodotti dagli immigrati in Italia e al 9,2% del Pil regionale. In Trentino, in particolare, gli occupati stranieri sono 20.400. In base alla proporzione sul totale regionale, i lavoratori immigrati producono in provincia di Trento circa 1.550 milioni, il 9% del Pil provinciale, e versano, come detto sopra, 220 milioni di imposte e contributi.

 

Ma gli occupati stranieri, tra cui si contano 11.300 uomini e 9.200 donne, sono in calo del 5,5% sull’anno precedente. La contrazione occupazionale è confermata nel 2017 dall’andamento delle assunzioni delle imprese, rilevato dall’Agenzia del Lavoro: le chiamate di stranieri scendono del 10,6%, anche per la forte riduzione dei raccoglitori in agricoltura a seguito dei danni meteo. Risultano in calo pure i disoccupati, circa 4.000, sia perché c’è chi va via, sia perché, nota l’ultimo rapporto sull’immigrazione di Provincia e Cinformi, c’è un effetto scoraggiamento sulle donne, le più colpite dalla perdita del lavoro.

 

Qualche segnale in controtendenza si osserva nei primi cinque mesi di quest’anno, quando le assunzioni di stranieri sono ripartite col +9,3%.

23 Novembre 2021 0 Commenti
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Duecento milioni sul Fondo di Riserva della lega. Ed è subito Orwell, con il Napoleon della sua Fattoria

Da Michele Dallapiccola 15 Novembre 2021

In Consiglio Provinciale, tiene banco in queste ore la presentazione del Bilancio di previsione. L’ultimo anno di legislatura da gestire nella sua interezza. Quello successivo, il 2023, sarà infatti soltanto un bilancio tecnico, dunque di transizione. 

Sono questi i motivi che cito pensando soprattutto ai non addetti ai lavori, per ricordare l’importanza di un momento decisivo per la giunta attualmente al governo del Trentino. 

L’attuale proposta di bilancio sottende a decisioni e provvedimenti che cercano di accontentare di tutto un pò.

Due le critiche: le scelte di impegno guardano soltanto al breve o brevissimo periodo.

Inoltre, va rilevato che c’è un capitolo che tra tutti risulta particolarmente stonato: quello relativo al fondo di riserva. 

Ebbene la lega al termine – c’è da augurarselo – della crisi da Covid, dopo Vaia e dopo tutto quello che c’è stato, si ritrova a collocare, su appositi fondo oltre 190 milioni di €.

Si avete capito bene, 190.170.496,47€ per la precisione! 

Delle due l’una.

Se questo fatto accade in buona fede allora questa maggioranza non è in grado di spendere i soldi che ha a disposizione. E in un periodo post crisi, scusatemi se insisto, sembra una considerazione abbastanza grave. 

Se la scelta è presa in cattiva fede invece la faccenda si fa ancora più triste. Perché significa che strumentalmente vengono tenuti da parte dei fondi in cospicua misura. Perché l’immaginare come saranno impegnati in un anno a ridosso della campagna elettorale, fa pensare a qualcosa di squisitamente clientelare.

Per dare un termine di paragone, nel corrispondente anno della precedente legislatura la Giunta Rossi aveva prudentemente tenuto da parte una trentina abbondante di milioni di €. Perchè Spending review e difficili rapporti finanziari con lo Stato, avevano davvero picchiato duro. I bilanci erano più magri ma la capacità di spendere le risorse è stata maggiore.

Di questa manovra non citiamo l’unica stortura che deve essere rilevata ma di gran lunga la più dura da digerire. 

Certo, denunciamo l’arrivo una sorta di campagna elettorale coi fondi pubblici, una stortura che la lega di opposizione ha sempre condannato.

Ma si sa, Orwell nella “sua” Fattoria degli animali è già stato ucciso molte volte. E ancora una volta dei suoi “Napoleoni”, ancora numerosi in circolazione, dobbiamo farcene una ragione. 

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Dicono del PATT

Da Michele Dallapiccola 13 Novembre 2021

Si avvicina il 2023 e per la giunta Fugatti è già ora di bilanci in vista della fine del proprio mandato. Tra meno di due anni, attraverso il voto, i trentini saranno chiamati a decidere quale seguito amministrativo avrà la loro Provincia.

Nel frattempo cominciano a delinearsi delle alternative. 

Noto con estremo piacere la frequenza con la quale il Partito al quale appartengo venga spesso citato come tra gli attori protagonisti di questo futuro. Ci tengo a precisare che saranno gli organi di partito e il congresso a stabilire la linea politica definitiva; ho avuto modo di ribadirlo molte volte. 

Ne parlo nuovamente perchè mi è comunque sembrata molto interessante la disamina del Corriere del Trentino che riporto integralmente qui sotto. 

Confermo, che trovo la parte che mi riguarda, pur scritta a mia insaputa, assolutamente rispondente al mio pensiero. Preciso che il PATT è organizzato in Sezioni. Autonome.

CORRIERE DEL TRENTINO, 13.9.2021

Di Donatello Baldo.

TRENTO 

 

Il congresso del Patt è fissato per la prossima primavera, ma nell’area autonomista c’è già fermento. Si guarda con interesse a cosa succede al centro, e in questi giorni l’attenzione è alla «cosa» civico-popolare promossa da Lorenzo Dellai, Marcello Carli e Paolo Piccoli, con il sindaco di Rovereto Francesco Valduga in predicato per la candidatura a presidente della Provincia nel 2023.

 

Ma si guarda anche a come si posizionano i circoli nelle valli rispetto agli equilibri tra centrodestra e centrosinistra: per «sposare» uno o l’altro degli schieramenti serve un mandato forte, per non rischiare una spaccatura tra le Stelle Alpine. Per il Patt — seppur la linea ufficiale sia quella del blockfrei — arriva puntuale la richiesta di stare da una parte o dall’altra della barricata.

 

Dopo la tragica esperienza del 2018, quando la decisione di presentare Ugo Rossi in solitaria come candidato alla presidenza non fu dettata dalla linea blockfrei ma dallo schiaffo di non essere stato confermato dal centrosinistra, sono in molti che cercano di recuperare i rapporti. Soprattutto dopo l’esperienza positiva delle amministrative a Trento e a Rovereto, con il Patt tornato protagonista nelle giunte di Ianeselli e di Valduga.

 

Ma a spingere verso il centrosinistra gli autonomisti è anche l’opposizione alla giunta Fugatti: «Inadeguata, improvvisata, superficiale», questi alcuni degli aggettivi che vengono declinati da Michele Dallapiccola e da Paola Demagri in ogni intervento in Aula. Dallapiccola e Demagri sono già al lavoro per il prossimo congresso. Presidiano il territorio, incontrano sindaci e circoli in ogni valle. Spingono per la costruzione di un’alternativa al governo leghista.

 

Ma oltre a loro, nel gruppo del Patt a Palazzo Trentini c’è anche Lorenzo Ossanna, su posizioni opposte: fin dall’inizio della legislatura non si è mai schierato pregiudizialmente contro la giunta Fugatti. Per Ossanna un’alleanza verso il centrodestra non sarebbe tabù, e sulla stessa linea è dato anche l’ex senatore ed ex segretario del partito Franco Panizza. Lo scontro congressuale sarebbe tra queste due anime, e da una ricognizione tra la base le posizioni si attesterebbero su un 30 a 70 in favore dell’alternativa alla compagine di Fugatti. Ma non è scontato che la traduzione del «sentimet» autonomista in delegati al congresso rappresenti la stessa proporzione.

 

Da qui la corsa alla conquista dei circoli e dei singoli militanti. Con Dallapiccola e Demagri sono dati l’assessore a Trento Roberto Stanchina e l’attuale segretario Simone Marchiori, mentre con Ossanna solo qualche sindaco. Sembra però che le dinamiche politiche «esterne» al Patt aiutino in qualche modo i sostenitori dello sguardo verso il centrosinistra. In quell’area sembra stia nascendo un’aggregazione di centro, popolare e civica, quella di Dellai, Piccoli e Carli, con Valduga candidato. Un «cuscinetto» utile per poter dire che «non ci si consegna alla sinistra», cosa temuta dalla base autonomista.

 

E gioca contro la possibile alleanza con il centrodestra la presenza in quella compagine di Fratelli d’Italia, partito storicamente inviso alle Stelle Alpine, nazionalista per antonomasia. C’è chi spera che Fugatti scarichi il partito della Meloni per il 2023, così da fare posto agli autonomisti, ma per molti osservatori è ben poco probabile possa rompersi l’alleanza storica tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

13 Novembre 2021 0 Commenti
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