Michele Dallapiccola
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MALGHE VUOTE E GIORNALI PIENI!

Da Michele Dallapiccola 28 Marzo 2023

Dei titoli PAC, dei PREMI comunitari riservati alla zootecnia, in questi anni si è fatto un gran parlare. Merito di una carta stampata più protesa ad enfatizzare (legittimi) scontri tra imprenditori che ad offrire una corretta ed ampia lettura della realtà dei fatti. A parziale giustificazione dei tabloid va detto che la materia è molto complicata. 

Tra i non addetti ai lavori nessuno ha capito (e continua a non capire) niente. La materia è obiettivamente ostica. Forse per questo chi la racconta tende a semplificare. Il risultato? Si rappresenta soltanto che di mezzo c’è un affare dove si possono fare tanti soldi con poca fatica.  

Premesso che nemmeno chi la considera un’interessante opportunità di reddito di fatica ne fa poca, rimane in effetti che qualcuno che ha cercato di approfittarne, c’è stato. Il metodo è stato quello di massimizzare il profitto e riducendo l’aspetto zootecnico e di passione per gli animali. Dunque lo scopo originale per il quale erano nati i premi Pac. Da qui, proprio dal senso etico della questione, scaturisce tutta la nostra condanna e il nostro dissenso. 

Invece, gli interventi economici, riservati ai pascoli in quota, hanno avuto un grandissimo merito nel mantenimento della montagna. Non dobbiamo dimenticarci che sono nati soprattutto per diminuire il GAP dei costi che l’agricoltura di montagna manifesta rispetto alle sue altre espressioni. 

A queste complicate vicende, da qualche anno a questa parte, si sono aggiunte anche molte amministrazioni locali. Sono entrate a gamba tesa nella questione pretendendo un ritorno economico da questa fonte di ripiano delle spese originariamente a disposizione delle aziende agricole. Per questo motivo talvolta irriverenti nei confronti del lavoro dei contadini, hanno fatto di ogni erba un fascio tra allevatori e speculatori aumentando di fatto spesso a dismisura il valore di affitto dei pascoli e degli alpeggi di proprietà. 

Gli imprenditori zootecnici impreparati a questo repentino cambio di parametri di gioco si sono spesso trovati a combattere dentro a un “gioco” al rialzo che ha generato ben più di un dissapore e di un’incomprensione.

Se ciascuno avesse fatto la sua parte e tutti avessero lavorato con onestà, questo non sarebbe successo. Perché nei margini di operatività degli enti locali c’era la possibilità di attivare dei bandi secondo la modalità dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Una condizione che avrebbe favorito le imprese locali rispetto agli speculatori. Così non è stato e si è demandato di lasciar fare tutto a Bruxelles. Nel frattempo la Giunta provinciale se ne è ben guardata dal parlare in pubblico anche solo minimamente di ciò che stava avvenendo. 

Troppo comodo per la lega al governo del Trentino, promuovere soltanto i propri presunti successi elettorali rispetto al dare ampia e precisa informazione riguardo alla prossima Pac.

Il risultato è stato che per molte aziende agricole il valore della prossima domanda unica subirà una pesante contrazione. Così sarà sicuramente per il settore Ovi Caprino e in particolare per il comparto dei transumanti.

Su Terra&Vita, un competentissimo Prof Angelo Frascarelli, offre una sintesi tecnica dei recenti riscontri che potrà avere il ricalcolo dei Premi PAC. C’è tutto al link qui sotto:

Titoli Pac, ecco come cambiano i valori con il ricalcolo

Ciò che qui insieme noi possiamo considerare è che una legislatura partita tutta in salita con un assessore competente privo di esperienza nel settore, si sta infine chiudendo nel peggiore dei modi. E il brutto è che queste gravi implicazioni denunciate si ripercuoteranno anche sulla prossima legislatura, indipendentemente da chi vincerà le elezioni. 

28 Marzo 2023 0 Commento
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Casa Autonomia.eu: nel riposizionamento degli autonomisti, le ragioni della nostra esistenza.

Da Michele Dallapiccola 14 Marzo 2023

Un sondaggio Winpoll, delle deduzioni personali e alcune ipotesi dettate dall’interpretazione del non detto dentro al PATT. Questi elementi possono sembrare aleatori, ma a noi che abbiamo fondato Casa Autonomia.eu, sono invece bastati per percepire – con largo anticipo – il drammatico spostamento a destra degli autonomisti storico identitari. E così adesso che tutto si sta avverando anche molti di loro sono in preda ad una profonda crisi. 

Manca un ulteriore passo. L’alleanza con Fratelli d’Italia che non è ancora formalizzata, nonostante le elezioni provinciali siano ormai alle porte. È vero che a parole, la dirigenza di partito si ostina a definire reversibili le scelte fin qui effettuate. Ma sono rimasti in pochi a crederlo. 

Gli altri, quelli che la pensano come noi, sono invece convinti che il prossimo passo, il suggello con i seguaci della Meloni, sarà solo questione di tempo. E non sarà nemmeno l’ultimo passaggio. Perchè a dirla tutta, pare sia imminente anche un ulteriore colpo basso, dritto allo stomaco dei puristi del fiore alpino: la fusione di PATT, Progetto trentino e Autonomisti popolari. Un patto a triciclo che una volta definitivamente consacrato, farà scendere l’appeal del partito anche per i più affezionati, a minimi mai visti prima. E gli autonomisti storici potrebbero ridursi davvero al lumicino.

Proprio come certifica un recente sondaggio WINPOLL che ipotizza un PATT al 7%, con un dato del tutto verosimile. Si tratta infatti della trasposizione in sondaggio del recente risultato elettorale nazionale alla Camera dove il PATT si è presentato già fuso con Progetto Trentino. 

Se questo assetto sarà mantenuto anche per le prossime elezioni provinciali, la candidatura di Tonina nelle stelle alpine sarà un fatto certo. E si tratterà del suo terzo cambio di casacca in pochi anni. 

Non è difficile ipotizzare che la regia “poera” gli affiancherà anche qualche altra figura esponente di Progetto Trentino, ovviamente di genere femminile. Alla squadra sembra ormai certa anche l’adesione di Kaswalder, sempre che le vicende giudiziarie per la questione Pruner non facciano prendere alla sua candidatura una brutta piega. Nomi forti insomma, in pole position sugli esiti delle urne. E se le previsioni Winpoll si avvereranno per questo “nuovo” PATT, sarà difficile pensare di andare oltre i due o tre seggi. 

Insomma, il rischio che gli autonomisti lavorino per far eleggere persone estranee alla fedeltà al partito c’è tutto.

Anzi, si crucciavano tanto se ammettere deroga ai mandati di esponenti storici ma finiranno invece per eleggere almeno un paio di ultrasessantenni, e forse solo quelli. Alla faccia degli scalpitanti Movimenti autonomisti Giovanile e Femminile.

Intanto nella “base” elettorale, nel cd zoccolo duro una certezza c’è. Per ora Panizza ha trasformato il “suo” partito in una delle tante liste civiche felici alleate di Fugatti. Ma quando la coalizione sarà al completo, sarà ancora più evidente a tutti che questa strategia, altro non sarà stata che il più efficace tentativo di portare i simboli di Salvini e della Meloni nel parlamento trentino. Un fatto che per molti trentini, ma soprattutto per gli autonomisti storici, suona come stridore acuto al confronto di una sinfonia. 

Ecco perché il PATT potrà contare soltanto sugli affezionati al simbolo e tra loro su quei pochi che non considerano la destra come un male assoluto per l’Autonomia. 

Noi no. 

Noi di Casa Autonomia.eu, abbiamo rifiutato con convinzione questo format preconfezionato. La creazione di un contenitore civico autonomista è il più puro atto di dignità e di orgoglio trentino che noi si possa offrire alla nostra Provincia Autonoma. 

Seguire Salvini e la Meloni è un atto più che legittimo e per certi versi a livello nazionale anche comprensibile. Non certo da quel Trentino che ha ancora a cuore le prerogative di autogoverno della nostra terra.

Paola Demagri 

Michele Dallapiccola

14 Marzo 2023 0 Commento
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Il Lupo verso il 2030: che fare?

Da Michele Dallapiccola 14 Marzo 2023

Sono pochi gli argomenti che dividono l’opinione pubblica come quello che riguarda la presenza dei grandi carnivori sulle nostre montagne. Da qualche anno però la diffusione delle due specie, lupo ed orso, sta profondamente cambiando. Complice una diversa capacità riproduttiva la proliferazione della specie orso che è ben diversa da quella del lupo. Ed è sul secondo dunque che in questo breve pensiero qui a seguire, ci concentreremo. 

Partiamo con una notizia che per i suoi sostenitori è immediatamente percepita come buona. Il lupo non è più una specie in estinzione. Lo dicono i numeri derivanti dal primo monitoraggio nazionale in Italia, coordinato dall’ISPRA, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica MiTE. I dati sono stati raccolti tra Ottobre 2020 – Aprile 2021 ed hanno permesso di stimarne numero ed estensione delle aree occupate. I risultati ufficiali sono poi stati consegnati il 12 maggio 2022 da ISPRA al Ministero in questione. La ripresa demografica e geografica rilevata, si avvertiva tutta ma mai era stata metodicamente e scientificamente determinata cosi in fino. Il risultato di espansione della specie rilevato, si è verificato perché il lupo è stato per anni rigorosamente protetto dalla normativa Internazionale (Direttiva ‘Habitat’ CEE 1993/43, Convenzione di Berna) e nazionale (l. 157/92, DPR 357/97). 

L’uso di protocolli standardizzati e coordinati condivisi su base nazionale, che ha caratterizzato il monitoraggio realizzato da ISPRA, ha permesso di superare la frammentazione metodologica fornendo dati rigorosi. Sono stati poi analizzati con un unico approccio scientifico, oggettivo e condiviso. Per questo dunque, parliamo di uno studio particolarmente autorevole. 

Nella campagna di campionamento sono stati infatti raccolti 24490 segni di presenza della specie. Parliamo di 6520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate dal lupo, 1310 tracce di lupo, 171 lupi morti. Su 1500 escrementi, dei 16000 registrati, sono state condotte analisi genetiche che hanno permesso l’identificazione della specie. Ci ha pensato una rete di 3000 persone, opportunamente formate e appartenenti a 20 Parchi nazionali e regionali, 19 regioni e province autonome, 10 università e musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 34 associazioni locali, 504 reparti del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri, ha avuto un ruolo fondamentale nelle attività di raccolta dei segni di presenza.

E quindi, quanti lupi ci sono in Italia?

La stima della popolazione del lupo a scala nazionale è risultata pari a 3.307 individui (forchetta 2.945 – 3.608). Un risultato che indica che la popolazione di lupi del nostro paese è molto cresciuta negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni alpine. Il lupo occupa inoltre una larga parte del paese e nelle regioni peninsulari ha colonizzato la quasi totalità degli ambienti idonei.

Poiché anche l’ibridazione è una minaccia per la conservazione della specie si sono condotte analisi genetiche anche in tal senso. Dei 513 campioni di lupo, il 72,7 % non ha mostrato ai marcatori molecolari analizzati alcun segno genetico di ibridazione. Il’11,7 % mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico. Il 15,6 % hanno mostrato segni di più antica ibridazione (re-incrocio con il cane domestico avvenuto circa oltre tre generazioni nel passato). Il monitoraggio nazionale del lupo ha anche contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza della specie nei cittadini. Questo grazie alla campagna di formazione e informazione che ha accompagnato le varie fasi del monitoraggio.

La posizione della politica

Tutte queste enunciate sopra sono azioni che in Trentino si effettuano da sempre. Certificano dunque il perché delle nostre critiche politiche rivolte all’attuale amministrazione in carica. Abbiamo rilevato ad esempio, che interrompere il monitoraggio annuale sulla specie orso o non implementare quello del lupo rispetto al passato o non attivare innovazione nel campo della gestione, come ha fatto questa giunta provinciale, sia stato fondamentalmente sbagliato.

In questo momento andrebbero completate le azioni necessarie ad implementare l’accettazione sociale della presenza del grande carnivoro. E questo, una politica che si rispetti lo può raggiungere solo e soltanto se riesce a minimizzare l’impatto della presenza di questo canide con le produzioni zootecniche. 

Le azioni di protezione dovrebbero presentarsi manifestamente innovative. I ripari forniti, tecnicamente e architettonicamente in grado integrarsi bene nel nostro ambiente dovrebbero essere garantiti a tutti i pascoli d’alpeggio in brevissimo tempo. Andrebbe utilizzata una tecnologia di rilevamento e radiocolaraggio all’avanguardia. Andrebbero attivate iniziative che collettano un’attività di volontariato collegate al servizio civile e alla nostre istituzioni scientifiche per implementare le attività di supporto alla guardiania. 

Solo così potremmo pensare di diventare titolari e gestori di quel “Piano lupo” che questo governo Provinciale ha tentato di farsi approvare da Ispra e Ministero nella speranza di una autonomia operativa puntuale. La scorciatoia, cercata piuttosto goffamente dal punto di vista gestionale, ha cercato di far leva su un importante risultato portato a casa nella scorsa legislatura. La PAT attraverso la legge 9 del 2018 ha incardinato a sé la competenza di gestione dei due grandi carnivori proprio ai fini di protezione dell’alpicoltura. Oggi però è assai difficile pensare che lo Stato italiano possa avere un occhio di riguardo speciale per le Province a Statuto autonomo quando di speciale queste non attivano nulla di diverso dalle Regioni a statuto ordinario.

Cosa può cambiare al livello normativo? 

La strada maestra che potrebbe portare ad un nuovo importante passaggio nella gestione della specie lupo rimane quella ancora strettamente nelle mani del Governo nazionale. Con un provvedimento che poi dovrebbe venir validato da un successivo passaggio di ratifica da parte di Bruxelles. 

E’ da quel livello infatti che allo stato attuale la Direttiva 92/43/CEE “Habitat” del 21 maggio 1992, norma la Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Si tratta della famosa Direttiva “Habitat”. Nel suo allegato IV elenca le specie per le quali è necessario adottare misure di rigorosa tutela e delle quali è vietata qualsiasi forma di raccolta, uccisione, detenzione e scambio a fini commerciali. 

L’allegato V elenca invece le specie il cui prelievo in natura può essere sottoposto a opportune misure di gestione.

Ebbene, a livello italiano il DPR 357/’97 riprende tout court le indicazione della Habitat nella sua prima scrittura. Va detto però che il vigente quadro normativo permette anche agli Stati membri dietro opportuna documentazione ed argomentazione di adottare per ogni singola specie condizioni diverse tra quelle elencate nei due allegati citati sopra. 

In pratica se le norme attualmente vigenti per la gestione della specie lupo venissero incardinate più sull’allegato IV ma sull’allegato V, si potrebbe finalmente configurare uno sblocco e un percorso che porti all’adozione nazionale di un nuovo vero “piano lupo”.  Rispetto ad ipotesi di caratura provinciale questa strada risulterebbe tra l’altro sicuramente più efficace ai fini della gestione del carnivoro in parola. Parliamo infatti di un animale molto mobile che colonizza normalmente territorio di un’estensione di 150-200 km quadrati che sconfinano spesso anche nelle province vicine. 

L’intento del legislatore dovrebbe dunque concentrarsi sulla possibilità di intervenire in situazioni di particolare stress per gli insediamenti antropici. Fatto che si configura in copresenza di numerosità di popolazione e intensità degli attacchi. In tal caso l’azione di gestione mirata e specifica potrebbe partire proprio dai casi più critici. L’accettazione sociale del carnivoro in parola risulterebbe sicuramente migliore. Questo fatto determinerebbe una minore avversione da parte della popolazione direttamente interessata verso i danni provocati da questo animale. Non si migliorerebbe soltanto la vita degli allevatori ma si ridurrebbero gli episodi di bracconaggio  e si garantirebbe sopravvivenza e ulteriore proliferazione della specie intervenendo soltanto sui singoli isolati individui.

Anche in questo caso, ed ancor più in questo caso, andrebbero poi garantite tutte le migliori pratiche gestionali ed amministrative per garantire comunque la proliferazione della specie.

Per concludere ci sembra giusto insistere sul concetto che tale approccio, è dettato dal buon senso. Non si può pensare di gestire una specie che 40 anni fa era in estinzione poiché rappresentata solo da poche decine di animali con una norma che ha superato i 30 anni.  Col numero di lupi che, censimento alla mano, nel frattempo è arrivato a quasi 4000 capi.

14 Marzo 2023 0 Commento
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Un cortocircuito nel centrodestra? Sembra proprio in arrivo.

Da Michele Dallapiccola 6 Febbraio 2023

Casa Autonomia.eu, le idee, le ha chiare da mesi. Per questo, da subito, è rimasta schierata nell’alveo politico che gli autonomisti hanno calcato dal lontano 1998: il centrosinistra autonomista, oggi rinnovato nell’Alleanza Democratica per l’Autonomia. 

Dall’altra parte, a disposizione delle scelte politiche dei trentini c’è la Destra. Più o meno moderata ma sempre Destra rimane. 

Ora, noi sappiamo bene che dovremmo evitare di guardare la paglia nell’occhio altrui quando nel nostro c’è una trave. Quella noi, ce la toglieremo a breve. Ma quella finita nell’occhio di Fugatti in queste ore, più che una paglia sembra essere un intero pagliaio. 

Come farà a tenere insieme, due forze politiche che sono come il diavolo e l’acqua santa? 

Uno delle tante schermaglie dei due pretendenti della lega.

Da un lato gli autonomisti storico identitari gli stanno per giurare eterna fedeltà elettorale dall’altra i Fratelli d’Italia attendono tronfi i risultati delle elezioni regionali del prossimo 12-13 febbraio. Pronti, a quanto pare, a far pesare il loro nuovo ulteriore successo. 

Una lega corteggiata, insomma, da due pretendenti che non si possono vedere!

Se rimarranno separati la lega perderà le elezioni, se invece staranno insieme gli autonomisti perderanno tanti voti da toccare un fondo mai visto prima in settant’anni di storia. Azzerando lo sperato effetto booster della loro annessione al Carroccio.

C’è davvero di che esser curiosi aspettando di vedere come andrà a finire. 

6 Febbraio 2023 0 Commento
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Ma l’autonomia è ancora nel cuore dei trentini?

Da Michele Dallapiccola 24 Gennaio 2023

La sensazione che siamo rimasti in pochi ad avere una percezione chiara di cosa significhi viverci “con” o “senza” appare piuttosto diffusa. E la colpa di questo apparente disinteresse è difficile da attribuire. Non solo perché i trentini hanno altro a cui pensare. Chi ha compito e strumenti per spiegare le cose, evidentemente, non tocca i giusti canali dell’informazione.

Cerchiamo di capire insieme il perché.

Partiamo dall’individualismo, che è senz’altro la condizione umana socialmente più diffusa di questa nostra epoca. Tutta del “qui ed ora”. E in fondo la politica corrisponde a questo tipo di società poiché ne rappresenta la più diretta espressione. E’ facile pensare a se stessi, anche nel voto, no? Basta scegliere chi promette di più. Siamo bombardati dalle promesse, ci arrivano addosso senza nessun bisogno di sforzarsi più di tanto. Arrivano soprattutto da due canali: i media (on e offline) e il contatto diretto. I grandi messaggi ideologici nazionali lavorano sul primo strumento, quelli autonomistici locali soprattutto attraverso il contatto personale. E lo slogan: “ti prometto più autonomia nel governo del Trentino” detto a voce, a nulla vale davanti ad un concretissimo “taglieremo il prezzo della benzina”, sui social. Anche se poi sappiamo come vanno a finire queste cose.

E’ dunque in questo approccio che ci pare di individuare il più evidente successo dei partiti a riferimento nazionale rispetto alle liste autonomiste locali. Anche in Trentino. E così la salvaguardia delle nostre prerogative di governo, rimane nelle mani di una porzione minoritaria del nostro sistema partitico locale. Troppo forte l’influenza del pensiero nazionale, troppo facili i messaggi populisti rispetto alla divulgazione del valore dell’autonomia.

Poi, certo, anche gli statalisti provano a dissimulare. Cercano di adattare i loro riferimenti ideologici al contesto locale. Prendete Fratelli d’Italia ad esempio. Persino il movimento dal passato più nero che ci sia, ha fatto una campagna elettorale per le nazionali proclandosi paladino delle nostre prerogative di governo.

Noi di Casa Autonomia.eu, a questo cambio di pelle della destra, crediamo davvero poco. Di fronte a simili contraddizioni abbiamo deciso senza indugi di scegliere da che parte stare fin da dopo le elezioni nazionali. Non ci siamo accontentati di accordicchi o di poltrone, perché per noi ad essere in gioco è il destino dell’Autonomia del Trentino. E tentare di tenercela stretta vale più di un mandato consiliare. Per questo abbiamo deciso di raccogliere chi la pensa come noi (e siamo in tanti) e organizzarci in un movimento civico, indipendente.

Vogliamo offrire la stessa chiarezza di posizionamento e coerenza di pensiero politico che gli autonomisti vollero esprimere dal 1998 in poi. E questo è possibile soltanto in un raggruppamento qual è l’Alleanza democratica per L’autonomia. La riprova è la rosa di nomi attualmente sul tavolo come candidati alla carica di Presidente. Sono tutti di espressione civica locale.

Dall’altra parte, le civiche a destra sono costrette ad accordarsi con i referenti locali delle sagrestie romane. Stipule di accordi su specifici elementi programmatici, dirette col candidato presidente, sono metodi di facciata vecchi come il mondo. Sono fatti per coprire accordi sottobanco che garantiscano un paio di posti di governo indipendentemente dal risultato elettorale. Così anziché un metodo, un’impostazione di amministrare si opta per le briciole. Ma non solo.

Peggio ancora si finisce per sostenere chi sul fronte delle azioni amministrative ha segnato il passo. Ha scelto il reddito di cittadinanza nazionale rispetto ad un più efficace sostegno di garanzia provinciale. Ha distrutto una rete dell’accoglienza senza rendersi conto che anche il Trentino invecchia. Peggio ancora, è sempre più povero di forza lavoro senza poterne fare a meno.

Chi si accorda con questi amministratori finisce per accontentarsi sia della scarsa competenza che del metodo. Scarsa la prima, tutto social e annunci stampa il secondo. Caratteristiche buone per galleggiare un mandato, non certo per garantire un sano futuro alla nostra terra. Quella ha bisogno di Autonomia e persone preparate e coraggiose

Per MCA: Paola Demagri e Michele Dallapiccola.

24 Gennaio 2023 0 Commento
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L’attualità del messaggio autonomista

Da Michele Dallapiccola 13 Febbraio 2022

Parte da lontano. Dalla sua radice storica: l’Associazione Studi Autonomistici Regionali, l’ASAR.

Settantacinque anni di scissioni, fuoriuscite, piccoli aggiustamenti di simbolo lo hanno visto sopravvivere fino ai giorni nostri: sotto le spoglie che conosciamo oggi. E’ il Partito Autonomista Trentino Tirolese: il PATT. Nato come alternativa alla Democrazia Cristiana, da subito, ha cercato di distinguersi nel panorama politico locale. I suoi cavalli di battaglia hanno sempre tenuto in fortissima considerazione l’attualità perseguendo l’amministrazione della cosa pubblica col faro dei principi dell’autonomia e della cultura storica. Eppure, a giudicare dai numeri, questo partito non ha mai sfondato nel cuore dei trentini. Rispetto a quello degli altoatesini verso la SVP, l’interesse politico della popolazione locale ha da sempre preferito guardare ai partiti nazionali. Anzi, il Trentino dei tempi recenti è arrivato a tollerare e infine votare partiti nazionalisti statalisti. 

Di tutto questo sarebbe facile cercare le colpe in casa altrui. E’ invece da ritenere assai più produttivo individuare le cause interne del mancato incontro.

Per una serie di ragioni il Partito Autonomista è sempre stato poco accattivante per un gran numero di persone, soprattutto giovani. Eppure dietro ai messaggi che custodisce sono rappresentati tutti gli ingredienti per una società in equilibrio.  Il rispetto del proprio passato, la competenza per la gestione del presente e la definizione di pensieri per il proprio futuro. Si possono leggere nelle azioni concrete dei suoi amministratori di riferimento, diretto o indiretto. Da Roma a Bruxelles, dai Comuni, alle Circoscrizioni, alle Comunità di Valle fino alla Provincia. Non c’è luogo dove il PATT non abbia i propri riferimenti. Ciò accade proprio perché l’approccio alla gestione della cosa pubblica è pragmatico.

Si tratta dell’antesignano dell’agire civico. Si tratta di un metodo di amministrare completamente sdoganato dalle attuali liste Civiche che amministrano nei Comuni ora anche in lizza per la gestione della PAT.  Dal punto di vista programmatico ed culturale ed organizzativo le basi per piacere, dunque, ci son tutte. Non ci piove. Evidentemente quello che manca allora è un corretto modo di comunicarlo. 

Lavorare sull’aspetto, sui mezzi di comunicazione e sui contenuti

Se c’è una cosa che i nostri tesserati lamentano da sempre, è la mancanza di comunicazione tra la sede e la “base”. L’attività su carta, da sempre molto onerosa, ha conosciuto in questi anni ulteriori eccessi di difficoltà. In parallelo però la comunicazione digitale è stata però completamente sdoganata alla portata di tutti, dalla diffusione dagli smartphone. Oggi, per accedere alla rete non è più necessario possedere hardware e competenze particolari. E col meccanismo delle notifiche si può agire proattivamente sulla persona per la cattura della sua attenzione. Contenuti brevi ma frequenti, su poche pagine social, accorpate riconoscibili e condivise potrebbero moltiplicare la promozione del Brand PATT. Iniziative di valle, ora gelosamente custodite su chat zonizzate, potrebbero diventare patrimonio comune. 

Un nuovo contenitore

Anche il contenitore andrebbe rinnovato, a partire dal simbolo. Attingendo ai principi del marketing moderno il simbolo dovrebbe assumere carattere di logo, e percezione di autentico Brand: un marchio. Come procedere? È prassi piuttosto recente del mondo del design ricorrere a stilemi che ascrivono alla nostalgia senza stravolgere le buone idee originali. Vengono riproposti nuovi aspetti e interpretazioni dell’idea di partenza.

Prendiamo il mondo dell’automotive. Sergio Marchionne rilanciò la FIAT attraverso la riproposizione della 500. Le linee della nuova 500 richiamavano in tutto e per tutto quelle della vecchia. Ma la nuova vettura non aveva nulla a che vedere con quella precedente. L’operazione geniale fu quella di produrre un contenitore assai simile al primo modello ma in tutto e per tutto rispondente ad una moderna citycar a prezzo ragionevole. Risultò appetibile per il mercato giovanile ma interessante anche per gli acquirenti d’antan che rivivevano i giorni della loro gioventù acquistando qualcosa di moderno

Un rinnovato messaggio politico

Pensiamo allora al PATT. All’aspetto del suo simbolo e dei suoi colori. Ai suoi social, al suo sito alla sua comunicazione. Quanto si potrebbe lavorare per valorizzare persone e contenuti che animano ogni sua azione quotidiana dentro ad una nuova configurazione di mezzi, di aspetto grafico delle comunicazioni, di simbolo-logo-brand?

Già dallo stesso acronimo di partito si potrebbe intuire un nuovo payoff. Ecco qui l’operazione nostalgia-modernità di Marchionniana memoria. Mai come in questo frangente storico si è dimostrata necessaria la presenza dell’Unione Europea a garantire pace, prosperità ed economia.  Perché allora non ripensare ad un PATT-EU. Abbiamo già avuto un momento storico nel partito dove queste due vocali affiancano l’acronimo del nostro simbolo. E oggi, PATT-EU può definire, già a partire dal nome, il perimetro politico-amministrativo entro i cui confini  operare. Termino questo alcuni cenni alla forma per passare alla sostanza dei contenuti.

Nuovi contenuti nel programma politico.

Nel novero delle emergenze sociali di questo tempo, quella del lavoro rimane ancora una delle questioni più rilevanti delle quali un partito politico ha l’obbligo di occuparsi. Parliamo di lavoro inteso come economia. La possibilità di sostentamento di una comunità non può più permettersi di prescindere dal luogo che abita, vive e valorizza.

In pratica non è possibile parlare dell’ecosistema altamente antropizzato della montagna trentina senza affrontare l’imprescindibile questione ambientale 

Oggi la tutela dell’ambiente è trattata talmente in tante declinazioni e sfumature che parlarne qui in questo modo risulta quasi offensivo. Ma è imprescindibile. La tutela dell’ambiente anzi, e degli animali, è da pochi giorni diventata articolo della nostra Costituzione. Con un passaggio ulteriore. La protezione dell’ambiente deve permettere all’uomo di conviverci. La politica verde del no ad ogni costo si è infatti rivelata tanto affascinante quanto impraticabile. Invece un messaggio moderato che esprime il concetto di sostenibilità, affiancato all’ambientalismo diventa chiave di volta per comprendere lo sviluppo della montagna del domani. 

Sostenibile, non mi stancherò mai di spiegare questo abusatissimo termine significa per sempre e per tutti. Si applica facilmente ad una serie di attività umane. Due, a mio modestissimo avviso, hanno di questi tempi una grandissima forza gravitazionale per chi si interessa di politica. Sono argomenti insomma che portano con sé una potenziale attrattività “orizzontale trasversale” capace di indurre interesse nei confronti di un’ampissima platea di persone. A mio vedere è proprio questo allora l’atteggiamento che deve adottare un partito di raccolta quale vuole diventare il PATT. 

Il Trentino ha l’ambiente nel proprio DNA. Questo dato incontrovertibile gli deriva, oltre che dalla propria collocazione geografica, anche dalla conformazione del proprio territorio. Rinforza l’essere terra con una forte vocazione culturale mitteleuropea. Negli anni, questo connubio Trentino/ambiente, è stato concepito, costruito e utilizzato (giustamente) come brand cioè, passatemi il termine, come strumento di marketing e lo è tutt’ora. La società attuale pone e, soprattutto, pretende impegno da tutti sulle predette tematiche. Da qui, l’utilità per un partito di trovarsi a fianco di queste persone e farne battaglia comune.

Il Partito di raccolta

Oggi il PATT riunisce in sé parecchie “anime”. E’ forse questo l’eufemismo più interessate per definire le inclinazioni politiche al suo interno. Atteggiamenti liberali, talvolta si scontrano con sensibilità sociali, esattamente come accade nella cugina SVP. L’attrattività da parte di chi ci osserva dall’esterno è garantita dalla rinomata attenzione alle radici storiche della terra trentina. Lo sforzo di non sconfinare nel parossismo è notevole e le nuove generazioni che hanno tentato di approcciare il partito di dividono immediatamente. Si formano legami interni con le persone che animano le due correnti ma lo scambio tra le stesse è poco fertile e tantomeno poco proficuo. Valgono ancora molto le relazioni interpersonali e la rete della amicizie dei vari componenti di Partito.

L’agognato rinnovamento oltre che dal payoff che annunci un rinnovato perimetro di interesse politico e dalla grafica del simbolo, dovrebbe offrire rinnovate aree di interesse politico- partitico. Nuovi argomenti potrebbero affiancarsi all’interesse per la cultura mitteleuropea e alla storia in un’ottica di loro valorizzazione. Degli ambiti che riguardano il sociale e la persona, ne dà ampia motivazione la collega Demagri nel suo documento congressuale.

Questo mio, completa gli ambiti di interesse chiedendo al partito un ulteriore sforzo. Occuparsi di lavoro, di sostenibilità e di conseguenza di ambiente può essere la sfida del nuovo PATT. Un rinnovato insegnamento potrà arrivare dagli Schuetzen. Attraverso la divulgazione degli aspetti culturali legati alla nostra storia ci hanno insegnato di un tempo in cui l’impegno civico volontaristico doveva esplicarsi attraverso azioni di protezione da aggressioni di vario genere e grado. Le aggressioni di oggi derivano da comportamenti umani sbagliati, inquinamento o politiche non adeguate alla preservazione della montagna. Dobbiamo far sì che questo nuovo PATT possa diventare il partito che a quelli della tradizione affianca (anche) i nuovi protettori: quelli del nostro ambiente: la terra dove vogliamo vivere. 

Questi nuovi aspetti tematici, questo rinnovato aspetto digitale potrebbero davvero favorire l’ingresso di nuove leve che partendo non necessariamente dal dato anagrafico potrebbero ringiovanire il partito. Interpretare i principi e la storia dell’autonomia in chiave moderna sarà il nostro passo evolutivo. Obbligatorio.  

13 Febbraio 2022 0 Commento
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L’AUTONOMIA (PERSA) ANCHE NELLE REGOLE DEL TURISMO

Da Michele Dallapiccola 4 Dicembre 2021

Contestazioni della Corte dei conti al  comparto turismo. Ma questa maggioranza non si dichiarava autonomista?

Una nuova oscura incognita adombra i pensieri delle imprese turistiche provinciali. 

Ci riferiamo alla contestazione alle strutture ricettive da parte della Corte dei Conti. Riguarda la mancata presentazione del conto giudiziale dell’imposta provinciale di soggiorno. Praticamente si tratta del riepilogo di quanto riscosso e di quanto versato nell’anno finanziario di riferimento.

Come noto la Legge n. 8 del ‘20 prevede che i gestori delle strutture turistiche siano responsabili del pagamento dell’imposta con diritto di rivalsa su chi la dovrebbe pagare. 

E’ anche previsto l’obbligo di una dichiarazione, da presentare cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è raccolta la tassa. Purtroppo, questa dichiarazione, si è aggiunta alla rendicontazione periodica già prevista dalla Provincia. Alla faccia della semplificazione! 

Per quanto riguarda il Trentino la stessa legge sopra nominata, stabilisce che i gestori delle strutture ricettive sono tenuti alla rendicontazione quadrimestrale dell’imposta per via telematica a Trentino Riscossioni senza ulteriori trasmissioni ad altri Enti.

La Corte di Cassazione ha stabilito che i gestori delle strutture ricettive, sono soggetti solo alle sanzioni tributarie previste dalla legge e non al controllo della Corte dei Conti. 

E la Provincia che dice? Una posizione pubblica e severa su questa e su molte altre questioni sarebbe estremamente opportuna. Ne gioverebbero gli imprenditori del settore e la popolazione tutta. Sapete perchè? 

Rispondo da autonomista. 

Se poter disporre dello strumento normativo ha ancora un senso, se l’autonomia è ancora considerata un valore, impegnamoci tutti nelle opportune e reciproche sedi a rivendicarlo e a farlo valere come diritto. 

Altrimenti va  a finire come col reddito di cittadinanza che a livello nazionale oggi la lega tanto critica. Pur di accaparrarsi pochi miserabili spiccioli destinati da Roma al suo finanziamento, si è finito per adottarlo anche in Trentino. In Alto Adige invece, pur di conservare regole autonome, di certo più serie e maggiormente garantiste, si è deciso di rinunciare ai fondi nazionali e investire del proprio. 

Ecco perché sarebbe proprio il caso che la Provincia si facesse parte attiva presso la Corte dei Conti, e la Polizia Economico – Finanziaria di Trento. Andrebbero fatte presenti le disposizioni della Legge Provinciale e la loro corretta interpretazione.

O pensa forse la Provincia che le potenziali sanzioni, poi tutte da dimostrare, non siano un problema per il comparto turistico? 

Forse la crisi non è sembrata abbastanza dura.

4 Dicembre 2021 0 Commento
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Michele dallapiccola

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