Michele Dallapiccola
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CAPITOLO SECONDO: FITOFARMACI O PESTICIDI?

Da Michele Dallapiccola 18 Gennaio 2021

UNO, EUFEMISMO DELL’ALTRO, O SINONIMI DA ACCETTARE? IN OGNI CASO, INFORMARSI E’ MOLTO IMPORTANTE.

Al di là della giusta discussione intorno alle conseguenze di utilizzo dei fitofarmaci o dei pesticidi, va chiarito che i due termini indicano la stessa cosa.

Le domande però non si fermano qui. Fanno bene alla pianta e male a noi? Bene a noi (perché grazie a loro abbiamo cibo del quale sfamarci?) ma male all’ambiente? Realisticamente si potrebbero abolire? Negli anni, l’uso di questi benedetti agrofarmaci è aumentato o diminuito? Che dicono i dati? Sugli “usi sempre più massicci di pesticidi”, oppure sugli “abusi di pesticidi” si sono costruiti veri e propri movimenti politici e si versati scritti fiumi di inchiostro, specie sui media più caustici. 

COME STANNO ANDANDO DAVVERO LE COSE?

In realtà, con buona pace degli allarmisti che stanno terrorizzando da anni la popolazione, fin dal livello nazionale l’uso dei cosiddetti “pesticidi” è in forte contrazione. Lo provocò una fortissima sensibilità verso l’effettivo problema, che si sostanziò soprattutto a partire dall’inizio degli anni ‘90. In Trentino si cominciò a parlare del sistema di lotta integrata addirittura già dagli anni 70. Perfezionando il metodo via via sempre più, si è spinto sullo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, disciplinari di produzione, investimenti in ricerca. biologico, naturale o di sintesi. 

A fronte di questi numeri, anche a un profano dovrebbe suonare un po’ strano che le accuse ai “pesticidi” siano cresciute proprio mentre i loro stessi usi si mostravano in calo.

I dati ISTAT ci raccontano infatti che siamo scesi dalle circa 100mila tonnellate di sostanze fitosanitarie utilizzate nel 1990 a poco più di 55mila oggi. Tradotto in usi pro-capite, emerge che mediamente utilizziamo poco meno di un chilogrammo di sostanze attive, senza le quali, peraltro, sarebbe impossibile proteggere le produzioni agricole.

COME SI COMPORTA LA PROVINCIA DI TRENTO?

Oggi possiamo beneficiare di un sistema provinciale che ha ancora molti passi da fare ma che, per qualità complessiva, è uno dei migliori approcci che siano presenti sulle piazze agronomiche internazionali.

Si cerca di utilizzare il presidio che garantisca il miglior risultato costo/beneficio in termini di efficacia ambientale e residui rilevabili, su ambiente e consumatore. Così, siamo arrivati ad una revisione fin troppo severa di ciò che usavamo negli anni del boom agrochimico, ovvero i ’70 e gli ’80 quando in campagna di agrofarmaci se ne buttavano a iosa.

Oggi con venti grammi di una sulfonilurea si può diserbare un campo che prima necessitava di alcuni litri dei precedenti prodotti. Stessa cosa per insetticidi e fungicidi. E per giunta le nuove molecole sono migliori dal punto di vista tossicologico e ambientale. 

QUALI SONO I RISCHI DIRETTI CHE CORRE CIASCUNO DI NOI?

Non sono riuscito a trovare fonti scientifiche che comprovino quanti sono i grammi di sostanze esogene ingerite pro-capite oggi. Penso si possa parlare in termini di milligrammi: sono sostanze praticamente ubiquitarie.

Ma senza scomodare l’abuso di farmaci, di alcool e il fumo, pensiamo invece alle sostanze che consideriamo come “normali”: agli idrocarburi nelle grigliate estive, negli alimenti affumicati o alle sostanze chimiche ed i solventi dissolti nel microclima domestico e provenienti dalle vernici, dalle colle nel mobilio o dai prodotti per le pulizie che ci siamo portati in casa.

Ne cito anche uno simpatico (?), uno che parrebbe ancora più innocuo. Lo ha scoperto Bruce Ames, uno dei padri della tossicologia moderna. Nel caffè, ha individuato circa un migliaio di sostanze chimiche differenti, ben 17 delle quali, sono poi risultate cancerogene. In una sola tazza di caffè, dunque, ci sono almeno dieci milligrammi di molecole potenzialmente cancerogene, badate bene, “naturali”. Si sommano all’assunzione annua di tutti i possibili residui di “pesticidi” sui cibi. 

PERCHÉ NONOSTANTE TUTTO, STIAMO TUTTI ABBASTANZA BENE E L’ASPETTATIVA DI VITA STA AUMENTANDO?

Perché i livelli di sicurezza oggi sono altissimi . Ciò che resta sui frutti alla raccolta, spesso è decine o centinaia di volte al di sotto dei limiti di Legge, già di per sé cautelativi.

Senza contare poi che quando portiamo a casa l’ortofrutta, la laviamo, asciughiamo, sbucciamo e spesso degradiamo termicamente, la cuociamo, insomma.

Se il chilo di agrofarmaci pro-capite (dato istat, ripeto!)  usato nei campi è tanto o poco, lo si paragoni ai litri di prodotti per l’igiene domestica o per la cura della persona. Vengono riversati dai cittadini nelle acque. Reflui industriali contenenti metalli pesanti e idrocarburi, scarichi inquinanti delle nostre automobili e dei nostri riscaldamenti, farmaci usciti dal nostro corpo. Tutto finisce in quelle acque di cui poi si parla, spesso a sproposito, sempre e solo per inquinamento da pesticidi. E mentre parliamo, le acque, con il loro ciclo naturale, ci piovono letteralmente in testa o nel bicchiere.

STA MIGLIORANDO LA CHIMICA A NOSTRA DISPOSIZIONE?

Oggi, vi sono agrofarmaci meno tossici di gran parte dei prodotti usati in casa per lavare e igienizzare. Che invece maneggiamo con noncuranza.

Questo perché rispetto al 1990, nel volgere di pochi anni, i due terzi delle molecole impiegate è uscito dal mercato, in quanto obsoleto. Non sono più in linea i nuovi criteri autorizzativi, molto più stringenti rispetto ai precedenti.

EFSA è l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Fornisce pareri scientifici e informazioni sui rischi esistenti ed emergenti connessi alla catena alimentare. E’ sempre molto interessante sfogliare tra i report che pubblica on-line. Recentemente certifica che negli ultimi 30 anni sono sono sopravvissute al vaglio normativo solo un quarto delle molecole che usavamo in passato. 

Oggi l’ottantina di molecole in attesa di sostituzione, certifica che questa battaglia, non è appannaggio solo di alcuni gruppi di persone responsabili o maggiormente senzienti. Si tratta piuttosto di un problema del quale se ne sta occupando un’intera classe scientifica e sociale.

Comunità verso la quale al netto di quella politica che la cavalca, io nutro estrema fiducia.

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AGRICOLTURA 2021: ANNO DEL BIOLOGICO O DELL’AGRICOLTURA 4.0?

Da Michele Dallapiccola 17 Gennaio 2021

CAPITOLO PRIMO. CIBO BIOLOGICO: LA POLITICA ALL’ASSALTO DEL SETTORE?

COSA NE PENSA IL MERCATO? ESe gli interventi normativi statali sono ancora ai blocchi di partenza, a dar man forte al comparto ci pensa il mercato. L’anno appena trascorso ha premiato le produzioni biologiche con un aumento delle vendite di prodotti. Pur rappresentando una fetta di mercato ancora a singola cifra, nella grande distribuzione (+19.6%) con picchi nei discount (+23.7%) e nei piccoli supermercati di quartiere (+26.2%) si sono registrate ottime performance nonostante ci trovassimo in piena diffusione del contagio da Coronavirus (Fonte: ricerca Nielsen Connect e Assobio).

COME SI MUOVE LA POLITICA?

La nuova Legge sul biologico, al livello nazionale è ferma al Senato da oltre due anni. A livello trentino, la politica locale sta provando a raccogliere l’occasione di visibilità. In tempi recenti ha spinto sulla discussione di un disegno di legge in salsa trentina. In pieno stile leghista, si è partiti a suon di annunci ed articoli sui media, prima ancora sia dato sapere di contenuti e di una eventuale ma ben più importante dotazione finanziaria. 

Che il vil denaro sia il miglior metodo per dimostrare il proprio affetto politico ad un settore, lo ha perfettamente intuito invece la ministra Bellanova. Poco prima di lasciare il suo dicastero è riuscita a stanziare 4,2, i milioni€ finalizzati alla ricerca. 

E ci cascò anche l’ex Ministro Martina che in fase finale di mandato lanciò comunque la “sua” campagna “zero pesticidi”. Quando a ridosso delle elezioni i sondaggi buttano male e non si sa più come attrarre voti, si può anche fare promesse insostenibili. Come fu quella. Ogni perito agrario sa perfettamente che senza “pesticidi” l’agricoltura “va a remengo”. E comunque, a proposito di “Martina e i suoi pesticidi” anche lui nel febbraio 2018 firmò un decreto che rendeva obbligatoria la lotta all’insetto vettore della Xylella degli ulivi, il batterio che in Puglia sta facendo seccare milioni di piante: è incurabile (gli antibiotici in agricoltura sono proibiti). L’unico modo per arginarla è uccidere la cosiddetta “Sputacchina”, l’insetto che la porta da un albero all’altro.

Questo certifica che Martina sapeva perfettamente come stavano le cose e in quel caso agì razionalmente di conseguenza, anche se con il suo decreto sollevò una questione non da poco nel mondo bio, storicamente povero di insetticidi.

E IN PROVINCIA DI TRENTO?

Nel Trentino leghista di oggi, c’è da augurarsi che la sortita della giunta provinciale di costruire un disegno di legge sul biologico ad hoc non sia partita con l’approccio di una ricerca di facili consensi. Anche nel tentativo di recuperare una loro credibilità politica che questo periodo di crisi pandemica ha pesantemente inficiato.

La narrazione politica leghista sa benissimo che infilando gli stilemi della prosopopea, si può risultare molto interessanti e catturare l’attenzione parlando di pesticidi. Ovviamente facendo riferimento solo a quelli di sintesi finendo per mettere in forte difficoltà chi li usa con scrupolo e coscienza: la quasi totalità dei contadini trentini. 

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“🚠” 𝗗𝗜𝗦𝗠𝗜𝗦𝗦𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗜𝗠𝗣𝗜𝗔𝗡𝗧𝗜 𝗗𝗔 𝗦𝗖𝗜 𝗡𝗢𝗡 𝗣𝗜𝗨’ 𝗨𝗧𝗜𝗟𝗜𝗭𝗭𝗔𝗧𝗜. 𝗖𝗵𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗵𝗮 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲 𝗣𝗿𝗼𝘃𝗶𝗻𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 ?

Da Michele Dallapiccola 13 Gennaio 2021

Noi ci provammo. Raccogliemmo i suggerimenti di società civile e imprenditori, benché avessero anche scopi secondari.

𝗢𝗴𝗴𝗶, quella 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗼𝘀𝘁𝗮 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 ancora 𝗮𝘁𝘁𝘂𝗮𝗹𝗲. Aiuterebbe le stazioni sciistiche, specie quelle minori a trovare nuovi campi di sviluppo. Zone dedicate alle 𝗰𝗶𝗮𝘀𝗽𝗼𝗹𝗲, allo 𝘀𝗰𝗶 𝗮𝗹𝗽𝗶𝗻𝗶𝘀𝗺𝗼, 𝘀𝗹𝗶𝘁𝘁𝗲, 𝘁𝗿𝗲𝗸𝗸𝗶𝗻𝗴 𝘀𝗶𝗰𝘂𝗿𝗼 sulla neve, 𝗮𝗿𝗲𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗲. 𝗡𝗼𝗻 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗶𝘂𝗶𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲𝗿𝗼 𝗹𝗼 𝘀𝗰𝗶 𝗮𝗹𝗽𝗶𝗻𝗼. Certo lo integrerebbero in positivo.

Le 𝘀𝗽𝗲𝘀𝗲 di realizzazione sarebbero 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗲. Un po’ più complicate quelle di organizzazione e di promozione. Ma con che 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗶 𝘃𝗮𝗻𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶, è chiaro per tutti.

Gli 𝘀𝘁𝗿𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 normativi 𝗹𝗶 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝘂𝗶𝗺𝗺𝗼 𝗻𝗼𝗶 nella legge di bilancio del 2018. Purtroppo la legislatura finì.

Oggi, i 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗶 per farla rivivere 𝗰𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼: “avanzo di amministrazione” e “di riserva del Presidente”. Pochi milioni di euro per un intervento di sostanza e di immagine che tanto farebbe bene al Trentino. Specie i questo momento.

Ma forse ciò che 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮 adesso è 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗴𝗹𝗶𝗮 di guardare lontano

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QUANDO A NON STAR ZITTI, SI PERDE UN’OCCASIONE

Da Michele Dallapiccola 12 Gennaio 2021

I milioni descritti in un comunicato a quattro mani? Non sono né miei né 200. Per la precisione sono 233.4, avanzati sul bilancio PAT 2020 che i due preoccupati amministratori si sono votati a fine anno in occasione dell’approvazione del Previsionale 2021. Non spesi nel peggiore anno che i trentini possano ricordare. Da quando in corso d’anno, ne saranno poi disponibili altri, importa relativamente. Più importante invece che si dica agli operatori economici del Trentino cosa ce ne faremo. O sembra che non ne abbiano bisogno?

È comunque un onore che mezza giunta provinciale si scomodi a rispondere alle umili considerazioni di un consigliere di minoranza. Coda di paglia? Tant’è.

Anziché impegnarsi ad amministrare e a risolvere i problemi dei trentini, gli assessori leghisti si intrattengono sui social. Non con proposte né soluzioni, piuttosto alla costante ricerca di qualcuno al quale dare la colpa. Oggi è toccato a me. Certo, anziché con le bugie e gli insulti, avrei preferito venir smentito dai dati di fatto. Ma non hanno potuto. Finora, infatti, investimenti straordinari la Provincia ne ha fatti gran pochi, per non dir nessuno.

Una piccola buona notizia?

Almeno, apprendiamo che finalmente si collabora con l’Alto Adige: una vera novità, che dona un po’ di luce a questo frangente temporale.

Fino ad ora, dalla gestione dei test antigenici, alla comunicazione dei dati alla popolazione, dall’indebitamento assunto dalle due province, alle politiche sull’A22, sembrava di sentir parlare di due pianeti diversi.

Nelle foto: in alto, l’estratto di un documento ufficiale allegato al bilancio. Sotto: io, in un momento durante la scorsa legislatura. Afflitto dal mal di testa, mi sto stropicciando le arcate orbitali alla ricerca di un po’ di conforto mentre ascolto, diligentemente, le invettive delle allora minoranze, oggi al governo del Trentino. 

Son cambiati i ruoli. L’approccio alla cosa pubblica invece…

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ORSO IN VAL DI SOLE. LA PROVINCIA COME INTENDE AIUTARE GLI APICOLTORI

Da Michele Dallapiccola 8 Gennaio 2021

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA (articolo 155 del Regolamento interno del Consiglio Provinciale)

In questi giorni, un esemplare di orso fuori dal letargo, sta dando notevole filo da torcere agli apicoltori della Val di sole e ai validissimi dipendenti del corpo forestale.

A loro, considerata la noncuranza di questo soggetto anche verso le protezioni elettrificate, spesso non rimane che cimentarsi nella frustrante operazione della conta dei danni.

Appare evidente che l’unica arma per riuscire a resistere alla forza bruta di un orso affamato non può essere una semplice recinzione elettrica.

La grande cura per il proprio lavoro fa fatica a contrastare la frustrazione

Per questo motivo, nell’attuale PSR fin dal 2014 proprio su indicazione delle associazioni degli apicoltori, è stata inserita la possibilità di finanziarie la “Bienenhaus” su modello tedesco. Si tratta di una struttura solida, capace di ospitare le arnie e resistere agli attacchi degli orsi più determinati.

Tutto ciò premesso e si interroga la giunta provinciale per chiedere 

se non sia d’accordo sull’opportunità di finanziare attraverso il meccanismo degli aiuti aggiuntivi e nel più breve tempo possibile, un nuovo bando sul PSR della misura 4.4.2

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POLITICA AGRICOLA COMUNITARIA 21-28: GUAI IN VISTA PER IL TRENTINO?

Da Michele Dallapiccola 7 Gennaio 2021

Sempre più vicina la partenza della nuova PAC 21-28. Con l’amministrazione provinciale che si sta avvicinando al proprio “giro di boa”. Poche le novità anche in campo agricolo, fatto, spesso giustificato dal mantra: “chi ha amministrato prima di noi ha già speso tutto”.

La smentita arriva direttamente dalla Provincia stessa. Nella relazione annuale di APAG sul sito della PAT è riportato testualmente:

“… informazioni chiave sull’attuazione del programma di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento al 31.12.2018. Nello specifico,(omissis..) il 2018 è stato un anno particolarmente attivo: sono stati aperti i Bandi di tutte le misure e la spesa pubblica impegnata è arrivata a 170.183.784,37 (73.144.990,52 Euro FEASR), pari al 57% del programmato. Il valore degli impegni è importante perché, (omissis..) la Commissione Europea procede al disimpegno della parte di impegno di bilancio per la quale non siano state presentate dichiarazioni di spesa…”

La stessa relazione, ripresa nell’anno successivo ricolloca questo impegno al 77%. Entro il 31/12/2020 si sono verificate poi delle importanti scadenze nazionali di rilievo comunitario. Ne danno notizia tutti i più importanti media di settore. Se ne occupa anche l’autorevole TERRA&VITA. Qui il link 

In linea con quanto comunicato direttamente dalla PAT, senza infamia e senza lode anche Trento, colloca nel medio la propria virtù. Peccato si trovi ancora molto lontana dall’eccellenza della Provincia di Bolzano, che in possesso degli stessi strumenti amministrativi ci stacca di un 20%.

L’atteggiamento provinciale spesso allineato al ribasso al resto d’Italia, non sorprende affatto.

E’ la stessa direzione politica che ha consegnato al proprio Bilancio previsione 2021 un avanzo di amministrazione di 233 milioni €. Più che doppio rispetto all’anno precedente e relativo all’esercizio 2020: il più angosciante che la storia politica del trentino ricordi dal dopoguerra.

Le previsioni non fanno sperare nulla di buono.

I cd. TITOLI, ma anche gli importantissimi capitoli dell’OCM per l’ortofrutta e il vino. La suddivisione delle quote, nel suo complesso a livello europeo impone all’Italia di segnare il passo. Ne traggono invece vantaggio paesi considerati più performanti nel rapporto esigenze finanziaria/capacità di sviluppo.

Non fanno ben sperare nemmeno le novità che (non) filtrano dal livello nazionale. Per questo motivo abbiamo sentito il bisogno di stimolare il dibattito pubblico attraverso un’interrogazione

RIPARTO REGIONALE DEI FONDI AGRICOLI COMUNITARI 

Da informazioni in possesso degli scriventi risulta che entro l’anno appena trascorso la Commissione Nazionale Politiche Agricole si sarebbe dovuta esprimere riguardo al riparto regionale dei fondi assegnati all’Italia da parte della nuova Politica Agricola Comunitaria.

La preoccupazione di far pervenire alla Ministra una proposta adeguata, accompagnata da un pressing politico importante, poteva partire solo dalle Regioni e Province autonome del nord, perché da sempre sfavorite dal metodo storico di riparto.

Nemmeno la Provincia Autonoma di Trento pare si sia fatta parte attiva dentro a questa autorevole Commissione come invece è avvenuto in passato. Durante la scorsa legislatura ottenne per un biennio strategico, quello dove si discusse il riparto, il ruolo di Vice presidenza della suddetta Assemblea. Certo, il potere contrattuale del Trentino è particolarmente frenato dalla condizione di esiguità della PLV agricola provinciale rispetto a quella nazionale. Proprio per questo motivo, nella scorsa Programmazione Agricola Comunitaria, oltre a rivestire ruoli attivi, la Provincia aveva promosso una sorta di “lobby” delle amministrazioni del nord. In particolare con Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia. Questa alleanza politica estemporanea ha avuto l’effetto di scalfire almeno in parte, il criterio di riparto storico. Da più di vent’anni, quasi la metà del PSR viene attribuito alle cinque regioni più a sud della nazione.

Ebbene, l’accordo ottenuto è stato piuttosto vantaggioso. Rispetto alla precedente PAC che aveva una dotazione finanziaria dei due pilastri di circa 350 milioni di Euro, la Programmazione 2014-2020 ha messo a disposizione degli agricoltori trentini circa 100 milioni  di Euro in più.

Tutto ciò premesso il consiglio interroga la giunta provinciale per sapere 

quando e se si potranno avere notizie circa i criteri di riparto dei Fondi del PSR e dei regolamenti di funzionamento del nuovo sistema di pagamento dei “titoli” e dunque della nuova “domanda unica” nel suo complessivo.

Firmato Dallapiccola, Demagri, Rossi

Il periodo è difficile per chiunque. Governare con tutti questi limiti comprensibilmente dev’essere molto frustrante.

Il 2021, per l’agricoltura Trentina, non si apre però sotto i migliori auspici.

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IL VALORE DELLA SOLIDARIETÀ SILENZIOSA.

Da Michele Dallapiccola 6 Gennaio 2021

Di fronte alla tragedia occorsa alla povera Agitu, in molti abbiamo sentito il bisogno di scrivere un pensiero. Alcuni anche di agire: con qualcosa di importante. Credenti o meno quali fossero, fino a ieri avevano rispettato un principio cristiano che trovo a dir modo fondamento della nostra cultura: la discrezione. 

La carità’ richiede che nemmeno la mano destra sappia cosa fa la mano sinistra. Ad incominciare dai fatti, fino alle parole. Sappiamo tutti, a partire dal sottoscritto, quanto sia facile cadere nella retorica, specie in questi casi. E’ la cosa che anch’io temo di più.

Per questo mi ha colpito il comunicato stampa della giunta provinciale.

Nello scritto, a mio avviso in maniera molto ingenua, si racconta che l’esecutivo si sta occupando in prima persona della questione, quando sappiamo tutti che la provincia non ha strumenti diretti per farlo. 

Ma la cosa ridicola secondo me è che mossa dal bisogno di voler metter lo zampino su una vicenda mediaticamente forte, si sforza di raccontare un clamoroso evento. Dopo una settimana, avrebbe mandato i propri (di chi?) Veterinari in ispezione. Questi novelli alfieri avrebbero ricevuto il compito di accertarsi che le capre abbiano cibo e acqua a disposizione. 

Dopo una settimana dalla tragedia? 

Com’avrebbero fatto a salvarsi finora ottanta povere capre gravide, non ci avesse invece pensato da sola la solidarietà trentina e la generosità popolare? Senza che ci metta lo zampino la politica.

Volerlo fare adesso, e in questo modo, l’ho trovato offensivo per chi fino ad ora se n’è occupato in silenzio.

E la passerella di domani sarà tanto più miserabile quanto più verrà altrettanto pubblicizzata. Diverso sarà se la visita ed il contributo personale, rimarranno riposti in un riguardoso silenzio. 

Temo di sapere già come andranno le cose.

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Agitù e la strada in salita del latte di capra.

Da Michele Dallapiccola 4 Gennaio 2021

Si è spenta per sempre la luce sul sogno di una meravigliosa ragazza. Ma questa può considerarsi un’opportunità? In metafora, naturalmente, si potrebbe provare a riaccendere quella luce sul settore al quale lei ha letteralmente donato la propria vita: la produzione lattiero-casearia caprina.

Un ambito difficile, dai numeri locali molto striminziti. Per comprenderne le dimensioni di mercato probabilmente è sufficiente che ciascuno di voi pensi all’ultima volta che ha comprato formaggio caprino o ha consumato latte di capra.

Farà fatica a ricordarlo.

E’ per la scarsa o assente abitudine del consumatore trentino ad utilizzare questo tipo di prodotto che le dimensioni del settore a livello locale risultano davvero esigue.

Con un migliaio di aziende con circa 10 mila capi allevati, siamo praticamente fanalino di coda dell’Italia delle capre. Sono circa un milione i capi nazionali distribuiti su 52 mila allevamenti.

Di quel latte, in Trentino, sono circa in 80 aziende ad occuparsene, mungendo circa 1500 capi. I dati provengono dalla Banca Dati Nazionale: l’anagrafe zootecnica italiana. Il perché di questo stato di cose, a mio vedere, parte da lontano, molto lontano.

La storia del Trentino ci racconta che la capra era la “vacca dei poveri”. Di chi non aveva i soldi per tenersi nemmeno un bovino per “casa”. Sulle nostre montagne per secoli spesso unica fonte proteica animale e di sussistenza. Probabilmente perchè solubilizza facilmente acido caproico, il suo latte si presenta con un gusto molto “difficile”. Immediatamente riconoscibile, il latte di capra è da sempre stato relegato al ruolo di latte di serie B.

Non avviene così in Piemonte o in Francia dove una cultura secolare ha da sempre affidato la fortuna dei prodotti a base di latte di capra ai più autorevoli “gourmand” internazionali.

Pazienza! Avrà pensato la nostra cara Agitu. Sono state ben altre le difficoltà che la vita le ha messo davanti rispetto a quelle di una scarsa remunerazione del proprio lavoro.

Con tutta probabilità, sulla scelta di allevare capre deve aver inciso anche la simpatia che lei provava verso questo tipo di animale.

Un gregge di capre in Val dei Mocheni. Analogo a quello delle “Capre Felici”

Il suo sogno insomma non dev’essere stato quello di costruire un’azienda qualsiasi in Trentino ma piuttosto allevare e vivere di, e con, le capre. Sono animali simpatici molto affettuosi ed intelligenti. Tanto delicate di salute quanto più appartengono razze particolarmente selezionate per il latte.

E non per caso lei aveva preferito una razza autoctona in estinzione: la pezzata mochena. Resiliente. Come lei. 

Una capra pezzata mochena. La razza autoctona in estinzione che aveva deciso di allevare ed i cui esemplari continueranno a vivere in Val dei Mocheni anche grazie all’impegno dell’Associazione Allevatori locale.

Oggi, storditi leggiamo della triste storia di questo allevamento e della tragedia che ha trafitto questa persona. Colpisce una narrazione particolarmente ricca di buoni sentimenti, di propositi e di rivincita cercata ed in parte ottenuta. Nei confronti di una vita avara e difficile, scelta nella metafora del lavoro, in uno tra i più ardui approcci alla produzione del latte. Quello di capra.

Molti di noi hanno già donato qualcosa in questa sentita raccolta fondi avviata per un nobilissimo scopo. Altri si sono offerti di portare il proprio aiuto o hanno semplicemente chiesto se possono fare qualcosa.

Penso che ciascuno di noi DEBBA fare qualcosa. Sarà facilitato chi più apprezza i prodotti lattiero caseari a base di latte caprino. E poi, tutti quelli che vogliono fare qualcosa per Agitu e per chi come lei in Trentino, sta coltivando il sogno di allevare capre:

comprate formaggio e latte a base di capra!

Aiuterete tutti quegli allevatori della montagna marginale che tra l’altro a causa di questo lockdown hanno visto restringersi mercato e conseguenti bilanci aziendali.

L’invito è di rivolgersi innanzitutto ai piccoli produttori locali! Se non fosse possibile, cercate i prodotti al supermercato. Ottimi perchè la lavorazione centralizzata permette di ridurre l’impatto del GUSTO FORTE rendendo adatto il prodotto a chi vuole incominciare ad apprezzare il gusto deciso di questo prodotto. Per altro, rispetto al latte di vacca è pure IPOALLERGENICO!

Sarà un modo per aiutare anche chi si prenderà la cura di allevare le capre (in)felici, di questa vicenda. In mani altrui continueranno a produrre latte. Noi potremo consumarlo.

Sperando, perché no, nell’aiuto della politica. Il riferimento in particolare va al mantenimento, ora in discussione da parte della Giunta Provinciale, dei Contributi Settoriali per il comparto lattiero-caseario. Sono sempre andati a vantaggio anche del settore caprino. 

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“VACCINO” sarà la parola più discussa del 2021?

Da Michele Dallapiccola 1 Gennaio 2021

Più che da politico, il breve pensiero che racconto qui, è dettato dalla mia esperienza di medico veterinario. Ebbene, non avrei salvato tanti animali se nella mia professione non avessi avuto a disposizione molti presìdi vaccinali.

Ho visto cani da gregge morire di gastroenterite emorragica accanto a cani loro gregari, vaccinati, salvarsi senza colpo ferire perchè vaccianti. Vere e proprie stragi di cuccioli, morti di cimurro per la soltezza dei proprietari di risparmiare sul vaccino. Dieci anni fa, la Rabbia, la pericolosissima Rabbia “silvestre“, si allontanò dall’Italia grazie ad una meticolosa azione coordinata di veterinari e forestali che vaccinarono a tappeto volpi e cani. E ho salvato bovini IBR, BVD ed onnipresenti polmoniti enzootiche. E tantissimi vitelli da Corona (sì sì, proprio un virus parente) e Rota virosi

Ecco, caro NOVAX:

ti scrivo per raccontarti che io ci sono. Sono uno dei quaranta, auspicabili, milioni di italiani che penseranno anche a te. A te che non hai fiducia nei vaccini. A te che hai paura che il vaccino faccia male. E’ un tuo diritto e fai bene ad avere paura. La paura è naturale, la paura tiene lontani dai pericoli. Ne ho anch’io sai? Perchè lo so che qualsiasi sostanza estranea introdotta nel mio corpo può avere degli effetti collaterali. E’ uno dei motivi per i quali non fumo, non bevo e cerco di mangiare il meglio possibile.

Sai come la supero? Penso alle reazioni indesiderate, quelle che fanno paura a te, nel loro insieme, nel loro numero ed entità di manifestazione. Provo almeno a prefigurarmi che cosa comporterà alla collettività gestire quelle rare persone che manifesteranno reazioni impreviste. Di certo con la malattia in regressione grazie alla diffusione del vaccino, troveranno più posto negli ospedali per esser curate, non trovi?

Il confronto che faccio è con la realtà attuale. La società si sta prendendo cura, dove e come può, di reazione certe. Sono quelle nocive che la Sars-CovII provoca ai nostri polmoni o, per chi è ancor più sfortunato, anche ad altri organi.

Iniettare un frammento che imita una parte del virus non può avere gli stessi, diretti e terrificanti che avrebbe certamente il virus per intero. Quello che ti prendi per via naturale. 

I nostri anticorpi si formeranno su un pezzo di parete esterna del virus, artificialmente ricreato dentro di noi. Cosi, allorquando arrivasse il virus per intero, ci saranno già interi squadroni di linfociti pronti a scatenare contro questo un’imponente guerra anticorpale.

Ebbene, io quei frammenti me li farò iniettare. Gli anticorpi che il mio sistema immunitario formerà, lavoreranno anche per te. Gli anticorpi di tutti quelli che la pensano come me, ti proteggeranno perché un po’ alla volta, noi vaccinati, impediremo al virus di replicarsi e prosperare florido come sta tentando di fare ora.

Io ti chiedo una cosa. Una sola cosa:

conserva pure la tue paure, coltiva determinato la tua sfiducia, ma ti prego non investire tempo a diffondere le tue incertezze. Il tuo proselitismo su questioni di tale portata può uccidere. Colpisce innanzitutto i familiari di chi è già morto per questa e per tante altre malattie infettive che attendono il vaccino. Peggio ancora, potrebbe far cambiare idea a qualche indeciso.

E tu, caro novax, sono certo non hai in cuor tuo tanta crudeltà, da sopportare che magari quel non vaccinato – da te convinto a non farsi iniettare il farmaco – finisca per contrarre il virus e patirne le terribili conseguenze.

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Cosa resterà di questo 2020?

Da Michele Dallapiccola 30 Dicembre 2020

Un’anno fa, proprio in questo giorno, mi sentivo curioso. Sono una persona pragmatica legata più alla quotidianità che all’ultraterreno ma questa serie di 2 e di zeri, messi in quel modo, mi affascinava. Era come se percepissi che contenevano qualcosa di speciale! Sigh!!

Così è stato. Nessuno avrebbe mai pensato però a qualcosa di così tragico e terribile. Assurdo, incomprensibile, inimmaginabile e quanti altri aggettivi si possano impiegare per descrivere la pandemia. 

Ora, siamo in trepidante attesa del vaccino, poi dei suoi effetti, poi del ritorno alla normalità.

Non sarà certo una passeggiata. Forse ci vorrà un’anno almeno e anche più. Ci metteremo ancora tanto forse troppo. i nostri nervi e purtroppo i nostri portafogli, rimarranno ancora a lungo alla prova.

Ma secondo te, cosa ci portiamo via da quest’oscurità? Il Sars CovII che cosa ci ha insegnato?

Io non so cosa ha alimentato in te, mio paziente lettore o lettrice che tu sia. Oltre alla paura, alla rabbia, alla preoccupazione per il futuro dei tuoi cari, del tuo o della tua terra.

Anch’io, sai ho provato queste cose. Ma ne ho ricordate anche altre e non utilizzo distrattamente questo termine perché era come se le sapessi già. Le avevo solo un pò dimenticate. Sono grandi valori che la sofferenza ha fatto riemergere.

Ne parlavo con mio padre in questi giorni, quelli appena prima del Natale di 18 anni fa. Stava per andarsene e lo sapeva (un cancro allo stomaco lo avrebbe spento per sempre il 23 dicembre 2002). Raccontava di quanto è bella la vita e quanto gli sarebbe dispiaciuto non vedere più il sorriso dei suoi nipoti, della sua famiglia. “Basta popi, basta voi, basta pecore. Basta tutto. Brutto è per chi va, non per chi resta perché potrà goderne ancora” Da mio padre, in quel momento imparai ad apprezzare la vita come mai, fino a quel punto, ero riuscito a fare. E di lì in poi, quell’insegnamento, l’ho sempre portato con me. Mai avrei pensato, mi sarebbe tornato tanto utile come ora. 

Chi se n’è andato a causa del virus oggi, magari anche tardi o come si dice con patologie concomitanti, lo ha fatto prima del suo tempo. Chi è rimasto ha la responsabilità di vivere anche per loro.

Il primo giorno del nuovo anno, uscendo di casa, sapremo apprezzare un pò di più l’aria del mattino? Saremo capaci di osservare con soddisfazione il gorgogliare della moka al suo primo caffè dell’anno? Lo schermo del telefonino illuminarsi per la prima notifica, quanta gioia ci darà?

Io voglio pensare che lo scorrere dell’anno sarà una piacevole sorpresa.

Anche solo poter lavorare, sarà una gioia. Col pensiero (per noi politici anche l’impegno) rivolto a chi il lavoro lo deve ritrovare.

Sarà meraviglioso passeggiare, incontrare di nuovo gli amici, vivere la nostra terra, ritornare a godere del contatto fisico e di una stretta di mano. 

Ecco qui arriva la mia riflessione. Alla fine io penso che le cose che attendo di più sono la possibilità di darsi un abbraccio o una stretta di mano. In fin dei conti, sono o non sono il suggello della nostra socialità, l’atto che più ci contraddistingue dagli animali? Che pure possono essere sociali, anche molto più di noi.

Aspetto quell’annuncio: potete di nuovo darvi un abbraccio! Stringetevi la mano. In tutta sincerità anche perchè, se si potrà fare anche quello, sarà perchè nel frattempo avremo risolto molti – ma davvero molti – altri problemi.

Io questo mi aspetto dal 2021 o almeno che mi ci porti vicino. 

E al 2020, molto sottovoce, dico grazie per avermi drammaticamente ricordato il grande valore della vita. E di tutte le piccole cose che messe insieme la rendono meravigliosa.

30 Dicembre 2020 0 Commenti
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Michele dallapiccola

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