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I giovani non fanno figli: perché?

Da Michele Dallapiccola 28 Febbraio 2023

Sono forse diventati tutti egoisti? Quante volte lo abbiamo sentito dire.

Invece è più sbagliato che riduttivo attribuire le cause della natalità a un solo fattore, figuriamoci solo ai giovani. Entro il 2050 nel nostro paese ci saranno cinque milioni di persone in meno. E purtroppo, proporzionalmente sarà così anche in Trentino.

Anche da noi, la popolazione sempre più vecchia determinerà costi crescenti. Pensioni, sanità, servizi assistenziali non riusciranno a essere finanziati con le tasse pagate dai sempre meno nuovi lavoratori. Parallelamente assistiamo ad un preoccupante fenomeno.

Coi nuovi talenti che scappano all’estero, le nuove generazioni potrebbero contare su sempre meno persone in grado di portare avanti la nostra società. Del resto, molti giovani che si trovano in condizioni economiche difficili e a far figli sono obbligati a pensarci bene.

Ad affliggere è innanzitutto il precariato. Secondo Eures in Italia la disoccupazione media degli under 35 è al 22,1%, mentre quella nell’Unione Europea è del 15,1. Non manca la tristezza di vedersi riconosciuto uno stipendio troppo basso. Il 43% dei giovani under 35 guadagna meno di €1000 al mese. Nello stesso intervallo di tempo, le spese di un figlio possono raggiungere gli 800 euro.

A collocarsi in un livello sempre più basso rispetto alle generazioni precedenti, c’è un potere d’acquisto sempre più risicato.

Se poi vogliamo aggiungere la mancanza di servizi adeguati o a prezzo adeguato come quello degli asili nido. Infine il gap salariale tra uomini e donne: si aggiunge al fatto che il peso della genitorialità ricade ancora troppo eccessivamente sulle donne.

Una sintesi, anche riduttiva di tanti altri aspetti secondari ma non per questo minori delineano un quadro complicatissimo. Una cosa però si chiarisce. Riguardo alla denatalità, per le cose raccontate sopra sono i meno responsabili.

28 Febbraio 2023 0 Commenti
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Stipendi fermi da vent’anni e una vita sempre più cara. Che razza di futuro ci aspetta?

Da Michele Dallapiccola 25 Febbraio 2023

Per cercare di capirlo ci vengono in aiuto delle recenti pubblicazioni OCSE.

Come noto ai più, si tratta dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, un organismo internazionale che attualmente conta ben 36 paesi membri e che ha il compito di cercare di confrontare problemi comuni per valutare identificazione di cause ed eventuali possibili soluzioni. Ha sede a Parigi. 

Il suo report dunque è estremamente autorevole. Certifica che ogni anno, un lavoratore italiano guadagna in media quindici mila euro in meno di un lavoratore tedesco e quasi diecimila euro in meno di uno francese. Rispetto agli americani poi siamo addirittura alla metà.

E così questi pochi soldi che ci arrivano in tasca sembrano proprio non bastare più.

Innanzitutto va considerato che il più recente dei problemi, quello relativo all’inflazione, non arriva da solo. In generale l’economia italiana è ferma al palo da vent’anni. Poca innovazione e poca propensione all’export. In questo senso il problema sul Trentino risulta soltanto mitigato dal forte traino del sistema sociale e del comparto del turismo. 

Anche da noi le cose non vanno affatto bene, complice un costo della vita generalmente più alto rispetto ad altre latitudini italiane.

Nel report OCSE della tabella qui sotto, il fatto più interessante da osservare è l’andamento della curva italiana che traccia l’andamento del PIL pro capite. In costante aumento dal ’70 al 2000 stagnante o addirittura in discesa dal 2000 ad oggi.

Andrea Garnero economista in OCSE sostiene che il rallentamento della crescita italiana è legato alla scarsa meritocrazia e all’inefficienza del settore pubblico. C’è poi un grave problema relativo alla valorizzazione dell’istruzione. I giovani under 30 hanno una retribuzione più bassa dei lavoratori over 50. 

Di questo treno in frenata che è l’economia italiana, il Trentino non è che un vagone. Agganciato a tutti gli altri vagoni delle regioni italiane procede alla stessa inevitabile velocità. Alla faccia dell’Autonomia, lo dicono i dati.

Nonostante questa destra locale e nazionale cerchino in continuazione di trovare un capro espiatorio. Va oggi di gran moda attribuire la responsabilità del basso salario al cosiddetto cuneo fiscale e cioè alla differenza tra quanto l’azienda spende per il dipendente e quanto questo riceva davvero in termini di stipendio. Un’analisi accurata ci racconta però che ci sono esempi come quello tedesco dove la retribuzione è molto più alta di quella italiana nonostante sia più alto anche il relativo cuneo fiscale. 

La vera differenza la potrebbero determinare politiche fiscali e del lavoro particolarmente stressanti le peculiarità dell’Autonomia trentina. Senza contare che nel campo della ricerca e dello sviluppo siamo finiti fanalini di coda tra le regioni europee. Dove grazie ai nostri istituti di ricerca locali avremmo potuto eccellere. Invece, uno di loro – tanto per dire – l’altro giorno dava luce agli esiti di un importante percorso di ricerca. Andava subito al nocciolo dell’essenza stessa della vita: la Felicità. Ha svelato che per averla basta mangiare crauti. QUI LA TROVATA.

25 Febbraio 2023 0 Commenti
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Chiusura Caseifici del Trentino: è ancora allerta?

Da Michele Dallapiccola 23 Febbraio 2023

Dopo la sfuriata mediatica della scorsa estate la politica si è nuovamente dimenticata del settore lattiero caseario.

Questo accade quando chi si occupa delle questioni lo fa in maniera estemporanea seguendo gli allarmi del momento ma senza davvero essere legato agli operatori di settore. E così mentre a luglio, in Aula alcuni consiglieri di maggioranza si battevano a suon di emendamenti milionari da dedicare al settore, nel frattempo fuori chiudevano una decina di stalle.

Adesso son passati alcuni mesi e di soldi promessi ne sono arrivati davvero pochi. Dei costi alle stelle in zootecnia, questa maggioranza di governo provinciale non ne parla più. Neppure gli aggravi economici sono stati contrastati in maniera adeguata dai risicati ristori provinciali. E infatti i bilanci dei consorzi cooperativi e di conseguenza delle relative aziende bovinicole, tornano a destare preoccupazione. Complice anche la riduzione dei cd “contributi settoriali” da parte della Provincia e l’aumento spropositato dei costi. Insomma, nei prossimi mesi rischiamo di assistere a ulteriori incresciose chiusure di stalle e caseifici. Strutture quest’ultime che non navigano di certo in buone acque. Pare siano quattro ma forse anche cinque i Caseifici Sociali che nei prossimi mesi potrebbero definitivamente abbassare la serranda. In comune hanno il fatto di trovarsi tutti in Val di Non e di aderire al consorzio di secondo livello Concast.

Gli interessati ne parlano poco e pure malvolentieri. C’è da capirli. D’altro canto una voce forte da parte degli allevatori, se c’è stata, non è certo passata dalle piazze. Anzi. In Piazza Dante molto probabilmente sono arrivati più che altro sussurri di corridoio. È il prezzo che pagano gli allevatori ad avere dei loro rappresentanti coordinatori particolarmente allineati (come da tradizione) con la politica governativa. In passato poteva non essere un problema. Finché le cose andavano bene poteva altrettanto andar bene questo metodo. Oggi però trovo quanto mai necessario che qualcuno alzi la mano e confermi ai trentini che in effetti l’inarrestabile crisi della loro zootecnia sta per affrontare un ulteriore drammatico passaggio.

Ricette magiche non ce ne sono.

Di sicuro la Provincia dovrebbe incentivare, con forme di sostegno ad hoc, il passaggio alla sostenibilità energetica degli stabilimenti lattiero caseario. Almeno quelli più grandi. Lo aveva promesso, non ha fatto nulla e sarebbe la prima cosa da sbloccare. Alla fine della legislatura dopo aver tanto parlato chissà che finalmente non si riesca ad uscire dall’ordinario e alla zootecnia si riservino quegli investimenti straordinari dei quali ha particolarmente bisogno.

Nemmeno il sistema di funzionamento del Consorzio di secondo livello può chiamarsi fuori dal bisogno di evoluzione. Potrebbe cominciare dal suo approccio alla gestione della stagionatura e della commercializzazione del prodotto caseario più quotato: per intenderci il Trentingrana. Dal basso, dai soci, arrivano richieste di incentivare la qualità del prodotto. Andrebbero distinte le classi qualitative post battitura per avere la possibilità di una corresponsione economica, funzione anche del merito qualitativo di ogni singolo caseificio.

Infine lo ripetiamo da cinque anni: cancellare manifestazioni come “latte in festa” e ridurre l’investimento anziché attivare pesanti campagne di marketing riferito al prodotto lattiero caseario locale, altro non sono state che ulteriori batoste che si sono abbattute sul settore. Se sommiamo i mancati aiuti all’aumento dei costi delle materie prime, ben comprendiamo perché la riduzione del numero delle partite IVA che si dedicano alla bovinicoltura in Trentino, non trova soltanto ragioni sociologiche ma piuttosto, mi sento di dire, gravi responsabilità politiche.

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E se ad un certo punto non piovesse più?

Da Michele Dallapiccola 19 Febbraio 2023

Sto scherzando! Ovviamente, ma in questi giorni, in queste ore, l’assenza di precipitazioni fa davvero impressione. Non so a voi ma a me mette paura.

Dal suo blog sui social, Giacomo Poletti, appassionato esperto meteorologo ci mette spesso in guardia con dati impressionanti. Il brano qui sotto viene da un suo post di qualche giorno fa:

Secco a oltranza! I modelli non danno speranze: nessuna pioggia di sicuro fino a lunedì 20, ma crescono le possibilità che l’intero febbraio chiuda a zero millimetri. È mite in quota: Paganella (2125 m) a +2.8° alle dieci di sera. Rivedremo delle nuvole alte da giovedì in poi con zero termico a 2700 m. 

Siamo dentro un’alta pressione fortissima: stamattina in Trentino abbiamo toccato i 1041 hPa (valore ridotto al livello del mare) che in quel momento era il valore più alto…al mondo! 

La crisi idrica è ormai biennale: a Trento (Laste) dal 14 febbraio 2021 ad oggi sono caduti 1547.6 mm rispetto ai 1873.2 mm della media attesa: l’82.6%. Nell’ultimo anno (14 febbraio 2022-oggi) ancora peggio, caduti 751.2 mm invece dei 936.6 medi attesi: l’80,2%. Sul sud/est Trentino però il deficit è più pesante e vede solo il 65% dell’acqua caduta!

Al tempo non si comanda ma a quello che in terra manda il cielo però si. 

Grazie alle nuove tecnologie possiamo davvero curare al meglio il bene più prezioso che abbiamo. L’essenza della vita stessa: l’acqua. 

Ampliare la rete dei bacini di accumulo sarà nei prossimi anni un atto sempre più necessario. E più che ad uso industriale come per l’innevamento programmato faccio riferimento a valorizzazioni sostanziali come quella agricola e potabile. Sulle quali, sarà fondamentale innestare una rete, fatta di interconnessioni tra zone e bacini per potersi soccorrere vicendevolmente. 

Il rischio è altrimenti di spingere sempre sugli stessi luoghi generando disparità di consumi, di trattamento e di assetto ecosistemico. Vedi l’annosa vicenda laghi di Serraia – Piazze – Val di Cembra. (nella foto di copertina le condizioni nelle quali versa il lago delle Piazze in queste giornate)

Per questo un serio programma di governo non potrà prescindere dal contemplare nel suo articolato, un piano di investimenti in queste infrastrutture. E un altrettanto progetto di valorizzazione e di reciproco rispetto tra le varie zone. 

Non si tratta di fare un semplice compitino al fine di poter dichiarare d’aver ottemperato alla norma europea sul rispetto del DeflussoMinimoVitale. È qualcosa di più profondo, responsabile e pregno di competenza. E di investimenti. 

PNRR: il Trentino doveva proporre di più

Siamo stati assai critici sulle occasioni mancate dalla Provincia per quanto riguarda i tavoli romani dove si è discusso dei finanziamenti del PNRR in campo irriguo. E così, alla nostra Provincia è arrivato davvero poco. Ed ora si fa fatica ad intravedere una precisa volontà di questo governo di stressare il proprio bilancio provinciale per queste opere. E se ne comprendono (ma non approvano) le ragioni. Sono opere che costano molta fatica ed ingenti investimenti ma di consenso spiccio ne danno assai poco. 

Organizzare le azioni amministrative è un duro lavoro che offre poco lustro sui social e anche se rimane parcheggiato per un’intera legislatura non succede proprio niente. O no?

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Verso le Provinciali 2023. Nella conversione a destra del PATT, il senso pieno della coerenza di CASA AUTONOMIA.eu

Da Michele Dallapiccola 17 Febbraio 2023

Il sogno di Fugatti sta per diventare realtà. Perché in fondo, che lui sperasse di avere gli autonomisti dalla sua, l’ha sempre dichiarato. Così quando l’ala destra del Patt si è presentata al suo cospetto a chiedere poltrone in cambio di sostegno, il suo sì è stato molto facile da dire. 

Meno facile invece è stato per la corrente oscura del PATT, convincere l’intera base autonomista a cambiare collocazione d’arco costituzionale dopo 25 anni di militanza e protagonismo nel centrosinistra autonomista. Per questo le “pillole indorate” della dirigenza di partito sono servite a poco. A smascherare fiumi di comunicati stampa pieni di fumo e ipocrisia, non ci sono soltanto l’evidenza e gli annunci dei “fratellisti”. Rumors romani, danno in queste ore, sempre più per certo l’accordo di Lega e Fdi anche a livello Trentino. Inglobando quel che resta del povero Patt. Perché a credere ancora alle rassicurazioni della dirigenza di partito, sono rimasti davvero in pochi. E il tatticismo temporale per tentare di sdoganare l’inaccettabile col metodo dei piccoli passi affiora sempre più. 

Entro breve, gli autonomisti storici si troveranno alleati dei discendenti politici di Almirante. Con la benedizione del vecchio caro Durnwalder. Il quale, chiamato dalla stampa locale in evidente aiuto al Patt, è arrivato a sdoganare persino Fratelli d’Italia. Alla faccia del compianto collega Silvius Magnago.

Ci avrà provato contando sul fatto che tra le file di un partito di raccolta c’è di tutto. Ci sono dunque destroidi impenitenti, ex leghisti, conservatori e persino imprenditori che hanno tutto l’interesse a coltivare amicizie governative. Ma c’è anche l’ala sociale, quella sensibile agli argomenti legati alla solidarietà, quella lontana dallo statalismo e dal nazionalismo. Quella che non si piega all’offerta di poltrone, quella che non abbocca al racconto di  un inverosimile progetto politico dove la lega lascerà FDI alla finestra vincendo col solo aiuto delle civiche e del PATT. 

Questo trasformismo non fa per noi. In CasaAutonomia.eu ci sentiamo affezionati a quell’alveo ideologico che occupiamo da 25 anni. E abbiamo tutta l’intenzione di rimanerci evitando di farci trascinare dal pifferaio magico che è la destra nazionale. 

Ecco perchè i fatti di queste ore, cioè quello che stanno combinando gli autonomisti storico identitari, spiegano molto bene il perché del nostro Movimento. Rendono palese il senso della creazione di una nuova lista civica autonomista. Avrà il pregio di essere l’unico schieramento popolare e progressita a rappresentare gli autonomisti in seno all’Alleanza democratica per l’Autonomia. 

Non siamo in pochi e non siamo nemmeno i più contrariati. In queste ore ci sono dei tesserati che hanno deciso di bruciare la tessera di partito e postare l’orribile gesto sui social. Oppure hanno scelto la strada della dignità esprimendosi in un assordante silenzio

I “ve l’avevamo detto” ormai contano poco. Purtroppo la strada è tracciata e la romanizzazione del PATT è pressoché completa. Lega, Fratelli D’Italia, tutto il peggio che l’Autonomismo più genuino ha sempre combattuto ora fa parte indegna di quel che resta dell’orgoglio di uno splendido fiore alpino.

Di Michele Dallapiccola

17 Febbraio 2023 0 Commenti
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BUONANOTTE AL SECCHIO!

Da Michele Dallapiccola 16 Febbraio 2023

Si dice delle imprese perse in partenza.

Il Congresso delle Stelle Alpine era terminato solo da poche settimane che già si avvertiva forte l’influenza destroide del duo da Campodenno.

Negava la segreteria: “mai con la lega!”, negavano i movimenti giovanile e femminile: “non è stato deciso nulla”, “sono tutte illazioni!”. Ma solo chi aveva il prosciutto sugli occhi non poteva non accorgersi che le proposte al Consiglio di partito erano poste in maniera retorica. Il tentativo di voler spacciare la convenienza di un posto al sole come impegno per l’autonomia era palese e sconquassato.

Per mesi cerchiamo di smascherare menzogne, tattica e strategie, tutte inventate per camuffare il viraggio a destra del partito: fatto, per molti di noi, inaccettabile. Decidiamo così di opporci alle manovre del maldestro tessitore da Quetta. Articoli sui giornali, discussioni dentro e fuori il partito: nessuna risposta.

L’impronta del fantasma è fortissima: è quello della vecchia UATT, che dal buio degli inferi dove era rimasta celata per anni sta tentando di fagocitare e lisare definitivamente qualsiasi frammento di DNA politico di PPTT ancora riconoscibile dentro al PATT.

Le proviamo tutte, col sostegno di tanti tesserati e simpatizzanti. Ad inizio autunno però accade l’inverosimile. Una sera, tardi tardi, dopocena, in un consiglio senza ordine del giorno, la dirigenza si fa autorizzare il matrimonio politico col partito di Grisenti: un manipolo di presuli della vecchia DC, sopravvissuti ai giorni nostri tra le fila della destra.

Per alcuni di noi è troppo. In ottobre molliamo la presa. Per me e per la collega Paola Demagri anzi, è quasi un dovere. Io poi, avevo annunciato ad ogni riunione precongressuale che se ci fosse stata un’alleanza con la lega io non ci sarei potuto stare. E così faccio. Ma non da solo, appunto. Insieme ad altri chiediamo la conta con una mozione in Consiglio di Partito: sinistra o destra? Si vota, 18 a 39: chiarissimo.

Come al ristorante, chiediamo il conto, paghiamo e rimaniamo dove siamo sempre stati. A finire tra le spire della destra e di Fugatti si lascerà andare e ci scivolerà quel che resta del nostro partito. E buonanotte al secchio.

A pesare è stata inoltre l’assenza di una segreteria che ha finito per accondiscendere la parte destra del partito, in tutto e per tutto.

Tutti quelli che non se la son sentita di abbracciare gli statalisti, i nazionalisti, tantissimi tra quelli che da sempre sono legati all’autonomia, sono coloro che hanno deciso di rimanere con noi. Siamo “quelli” di Casa Autonomia.eu, il Movimento che ha preso il posto del PATT nella coalizione dove questo era stato per venticinque lunghi anni. Dove gli autonomisti hanno avuto i migliori risultati di sempre.

E adesso, un bel piatto di lenticchie.

Sarà quello che d’ora in poi rimarrà ai seguaci del duo di Campodenno. Difficile immaginare qualcosa di diverso quando ad aggiungersi alla coalizione ci saranno anche i Fratelli d’Italia. E a quel punto l’obbrobrio partitico sarà completo.

Fortunatamente c’è una cosa non ancora definita: come andrà a finire la competizione elettorale tra le due coalizioni. E’ invece piuttosto facile da immaginare come andrà a finire per gli autonomisti storici. Difficile pensarli diversi da semplice stampella del duopolio lega – fratelli d’italia. Tra l’altro per ironia della sorte, proprio quello che un poco credibile segretario giurava e spergiurava non sarebbe stato mai.

E così, i due partitoni nazionali si circonderanno di una nuova serie di piccoli cespugli in mezzo ai quali i discendenti di Tretter saranno soltanto un di cui. Sono tante le persone che in queste ore avvertono il forte rammarico di aver visto dilapidare un patrimonio storico di ideologia e di impegno civico.

Il premio in cambio pare sia il rinnovo di un posto al MART.

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2035: è stop alle vendite di auto a motore termico. Salto nel futuro o salto nel vuoto?

Da Michele Dallapiccola 15 Febbraio 2023

La notizia è di quelle che spaventano un po’ ma era nell’aria da tempo. Il processo di voto a livello europeo era solo una formalità.

E così sembra che questa imposizione sia in arrivo. QUI IL LINK DELLA NEWS. E’ un fatto che turba perchè sembra un po’ limitare la libertà personale di scelta. Il senso è quello di limitare l’emissione di anidride carbonica in atmosfera. Condizione alla quale le vetture a motore termico contribuiscono non poco. Da qualche parte però bisognerà pur cominciare no?

Sono due anni che non piove, il clima cambia in maniera drammatica e l’effetto serra è ormai tanto culturalmente riconosciuto quanto poco accettato e di conseguenza combattuto nelle azioni singole quotidiane di ciascuno di noi.

Da dove cominciare allora?

Partendo proprio dall’input normativo delle grandi Istituzioni quelle che provano, quelle che dovrebbero essere in grado di operare sopra gli interessi privati. Non è facile fidarsi, di questi tempi poi, ma a mio modesto avviso, presa di per sé, senza retropensieri, l’azione è di quelle forti, assai coraggiose, di grande spinta verso il progresso, verso un futuro migliore col contributo di tutti. 

Non a caso i primi ad esprimersi in senso contrario sono stati proprio i populisti. Mossi da un breve pensiero improntato al perseguimento del proprio consenso alla ricerca della preferenza del proprio piccolo voto.

Anch’io sono convinto che sarà una condizione difficile da raggiungere, complicata da accettare. Sappiamo anche però che la transizione durerà a lungo perché si parla di limite alla vendita e non alla circolazione. 

Nel frattempo le istituzioni locali, la politica locale, l’amministrazione locale vanno spinte ad attrezzarsi ad ampliare la rete e l’economicità della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. A buon mercato, facile, e per tutti. 

Sarà un processo irrinunciabile che ogni programma di governo dovrà mettere in piedi assumendosi le proprie responsabilità. Anche in Trentino. Casa Autonomia è pronta. Le istituzioni devono essere pronte. Nell’interesse dei cittadini, nell’interesse (anche) dei trentini. 

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Il Trentino merita altro

Da Michele Dallapiccola 14 Febbraio 2023

Anche in Casa Autonomia.eu abbiamo seguito i lavori di presentazione al pubblico del progetto del nuovo ospedale di Cavalese.

Lo abbiamo fatto con attenzione anche se purtroppo da lontano. I nostri impegni di lavoro ieri sera ci hanno trattenuto in Val di Sole. 

Chi ha partecipato – ed erano presenti alcuni nostri associati – ha riferito di aver assistito ad una farsa. QUI UNO DEI NUMEROSI ARTICOLI, TUTTI AD UNIVOCA OPINIONE.

Più da politici che da tecnici – della Provincia – gli intervenuti hanno elencato una serie di difetti legati alla ristrutturazione della vecchia sede e una serie di pregi a favore della realizzazione della nuova sede. FINE DELLA RELAZIONE. 

Peccato che gli interventi più applauditi fossero quelli che contestavano la proposta, il metodo e la corrente di pensiero più sentita a livello locale. FINE DEL CONFRONTO

L’applausometro parlava da solo. La lega per bocca del suo Presidente della provincia faceva spallucce. Gli autonomisti storico identitari, muti assenti, mescolati al codazzo.

Nemmeno a Cavalese può finire così, non deve finire così. Non me ne capacito. Il Trentino merita altro.

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Elezioni Regionali: nessuno all’orizzonte nemmeno per il Trentino? 

Da Michele Dallapiccola 13 Febbraio 2023

In queste ore la politica italiana si presenta ai suoi elettori con una tristissima sconfitta. Mai nella storia della Repubblica si sono registrati dati di affluenza alle urne così bassi.

Ben sette persone su dieci in Lazio e sei su dieci in Lombardia, han preferito rimanere a casa piuttosto che andare a votare una qualsiasi delle proposte sulla scheda elettorale.

Che poi per conto di quei pochi che siano andati a votare abbia stravinto il partito della Meloni è un dato quasi scontato. La sua esposizione mediatica e la maggior capacità di incidenza sociale grazie ai provvedimenti di governo ha sicuramente influito a suo favore. Ma si tratta di un dato positivo figlio di un marketing elettorale più che scontato.

E ora che accadrà? Nelle malcapitate Regioni un beato nulla. Fin quando una reazione collettiva complessiva individuerà una classe politica degna di fiducia e dunque di preferenza nelle urne. Chissà quando.

E in autunno il Trentino potrebbe succedere la stessa cosa?

Assolutamente si. A meno che l’alternativa alla lega e ai fratelli d’Italia, non si presenti unita, diversamente da come ha fatto nel 2018. 

In caso di alleanza coesa, senza terzi poli e divisioni, la presenza di un candidato presidente autorevole e preparato farà sicuramente bene al morale di tutti. E nelle urne, anche alla compagine politica che si presenterà così. Stiamo parlando dell’Alleanza democratica per l’Autonomia che tra poche settimane scioglierà le sue ultime riserve. 

A giovare a favore di questa compagine i numerosi deficit di competenza dell’attuale esecutivo. Ma non solo: quanto sarà disposto ad accettare l’elettorato trentino di una tale invadente presenza nel governo provinciale di un partito statalista nazionalista come quello della Meloni? Quanto sostegno offrirà il pubblico impiego ad un governo immeritevole della sua fiducia? Sanitari, insegnanti, dipendenti pubblici in genere. Tantissimi bistrattati con pochissime eccezioni. 

La partita delle Provinciali è tutt’altro che scontata.

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Rumo, Mocheni, Civezzano: nella lettura dei dati anagrafici, l’indirizzo delle cose che contano.

Da Michele Dallapiccola 12 Febbraio 2023

Tre Comunità, tre andamenti demografici diversi. Specchio di un Trentino che cambia che si modifica, trascinato lentamente dalla situazione nazionale.

E intanto l’Italia invecchia e si spopola, non è un mistero. Più morti che nati e il Trentino segna il passo al pari della nazione alla quale appartiene. Con un problema in più: la sua orografia. 

Essere territorio di montagna comporta maggiori responsabilità e difficoltà tutte legate alla qualità di vita. 

A ben vedere dunque ciò che più influisce sull’appetibilità di un luogo come sede stabile della propria vita per una giovane coppia è senz’ombra di dubbio la possibilità di avere un lavoro vicino e la facilità con la quale si accede ai servizi. 

In questo i paesi in prossimità ai centri di valle e al capoluogo ne risentono più che positivamente. 

Ricette magiche non ce ne sono. 

Certo trasporti pubblici efficienti cadenzati ogni ora come avevamo avviato noi nella precedente legislatura potrebbero aiutare. E poi politiche che favoriscano una diffusa integrazione degli immigrati. Una loro gestione strettamente collegata al mondo del lavoro potrebbe compensare quella sempre più grave “fame” di personale in qualsivoglia settore dando vita però anche alle nostre comunità. Sono poi fondamentali i servizi pubblici, che derivano soprattutto da investimenti nelle istituzioni comunali, vero presidio dei territori di montagna con le attività essenziali efficaci. Scuola e sanità in primis. E poi il costo e la disponibilità della casa. Politiche abitative particolarmente attente ai giovani. Ma non solo. Il problema non è grave soltanto nelle zone urbane ma anche in quelle afflitte dal fenomeno dell’overturism. Il macchina dell’accoglienza si “mangia” i siti abitativi e determina una speculazione sui prezzi delle abitazioni rendendone i prezzi proibitivi per i più. Provare per credere a trovar posto per una giovane coppia ad esempio in Busa o in Fassa.

Siamo consci che questo messaggio è di un’ampiezza esorbitante ma vuole ricordare alla Giunta provinciale e alla comunità trentina che i veri investimenti da fare sono in questi settori. Disseminati in tanti rivoli. Perchè delle promesse milionarie di opere stradali che drenano cifre stratosferiche nella quotidianità ce ne facciamo poco. L’attesa di un appalto non compensa quella di una visita medica. E la chiusura delle scuole in una comunità senza bambini ne decreta la progressiva recessione sociale. 

Ripeto, comprendiamo tutti la complessità degli argomenti trattati e la difficoltà ad esporre proposte. 

Una presa di coscienza collettiva del dramma della natalità però, ci può far bene per arrivare a capire che alla politica non si devono chiedere soltanto tangenziali e nuove varianti di paese.

12 Febbraio 2023 0 Commenti
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Dopo un po' nella vita, ti accorgi che intorno
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