Michele Dallapiccola
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Michele Dallapiccola

Michele Dallapiccola

La stalla moderna, un microcosmo a parte da tutelare dentro alla società moderna.

Da Michele Dallapiccola 6 Novembre 2022

Ogni azienda ha la sua storia, ogni famiglia ha un suo personale destino. Ma quando la gestione può contare su forza giovane con un futuro aperto, le sue prospettive possono apparire completamente diverse. 

Da un lato – si badi bene – per ogni figlia o figlio che sia, non deve diventare obbligatorio seguire le orme dei genitori. Ognuno nasce col diritto a portare avanti l’azienda di famiglia solo la sente sua per passione. D’altronde, ogni persona ha diritto a pensare alla propria attività in proprio, in maniera completamente sganciata dal fatto di organizzarsi in una famiglia tradizionale fatta di moglie e figli e tutto quello che le sta intorno. 

Al netto però di questi sacrosanti diritti individuali, quando in particolar modo nelle aziende zootecniche girano aiutanti come quelli ritratti nella foto di copertina, allora vuol dire che la politica ha vinto. Perché anche a chi fa un lavoro maledetto avrà offerto la possibilità di realizzarsi come chi fa un lavoro comune.

Eh si, perchè l’allevatore è davvero un lavoro speciale. Non ce ne sono altri così. 365 all’anno 7su7. E questo vincola. Scelte di vita, opportunità per sé e per la potenziale famiglia, insieme a molto altro.

Ecco perché la politica della zootecnia trentina 2030-2050 potrà dichiararsi vincente solo se riuscirà ad interpretare questa situazione. Quella dell’allevatore, almeno in Trentino, è una specie in via di estinzione soprattutto per questo motivo. Certo anche la marginalità che offre un lavoro rispetto ad un altro ma chi si avvicina a questo tipo di impegno, fa del guadagno l’ultimo dei pensieri. Allevare è soprattutto passione..

E con una PAC sempre più risicata con fondi provinciali sempre più dedicati a rammendare ogni buco che si forma a causa della crisi saremo vincenti solo se sapremo mettere in atto cose nuove. Attività a servizio della zootecnia, ad esempio, utili a far sì che questo dannato mestiere possa diventare qualcosa di accettabile anche per una famiglia normale. 

Aiuti per agevolare l’assunzione di manodopera in stalla, servizi alle aziende agricole, facilitazioni di natura finanziaria ma soprattutto promozione del valore sociale del Contadino!

Sono tutti aspetti fondamentali che andranno adottati come parte integrante di un programma di governo Provinciale serio e che si rispetti a partire dal 2023. La politica lo deve in maniera ineludibile al popolo che alleva e che produce latte ma soprattutto che coltiva rende bello (e commerciale per il turismo) il nostro territorio.

6 Novembre 2022 0 Commenti
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Ministro Lollobrigida a Bolzano: “Lupi e orsi specie sovrabbondanti” 

Da Michele Dallapiccola 5 Novembre 2022

Che l’argomento “Grandi carnivori” spacchi in due l’opinione pubblica è un dato di fatto. Saranno in molti a sobbalzare sulla sedia nel leggere il solo titolo di questo breve pensiero o mentre si dedicheranno alla lettura di questo (LINK) articolo de Il Dolomiti. Raccoglie le prime dichiarazioni del Ministro Lollobrigida sull’argomento. Gli animalisti ambientalisti saranno preoccupati, tristi o in qualche caso proprio arrabbiati. Gli allevatori invece potrebbero cominciare a sperare. Chi avrà più soddisfazione?

Finora, le reazioni, le avevamo avute da due tipi di Ministro diversi. In un caso si trattava di Dicasteri che non si volevano sbilanciare (pur senza fare assolutamente nulla né in un verso né nell’altro). Abbiamo avuto però anche casi di Ministri assolutamente schierati dalla parte di lupo e orso. 

Ora ne compare sulla scena un tipo nuovo, di una terza fattispecie. Uno che sull’argomento grandi Carnivori sembra un po ‘più spinto di altri. Si tratterà di vedere le applicazioni pratiche di questo suo dire. Di quanto si spingerà nel chiedere a Bruxelles come già hanno fatto Spagna, Francia e altre nazioni europee affinché ci venga concessa l’autorizzazione ad applicare la normativa comunitaria in senso meno restrittivo. O magari permettere al Trentino Alto Adige di applicare le sue (due) leggi in materia. Concedendo anche la rimozione di alcuni altri inghippi che, ad onor del vero, riguardano più la competenza dell’ambiente che quella dell’agricoltura. 

Comunque sia il (dinamico) duo Pichetto Fratin e Lollobrigida nel loro prossimo (auguriamoci) produttivo futuro avranno di che sbizzarrirsi. 

Per gradire un antipasto, potranno partire dal provare a lenire il problema Xylella, per gli ulivi del sud. Proseguiranno sicuramente sulla cimice asiatica. Senza diventare matti con la drosophila, potranno invece dedicarsi direttamente a cose semplici come la reimmissione di specie alloctone in natura. Potranno così provare a risolvere loro il problema innescato in Provincia di Trento relativo al ripopolamento dei torrenti e dei fiumi con la trota fario? Di certo sapranno gestire il problema dei cormorani, specialmente dove questi arrecano particolari danni. Poi, nei ritagli di tempo, visto che anche a Roma il problema lo hanno letteralmente davanti alla porta dell’ufficio, si occuperanno di ridurre il sovrappopolamento dei cinghiali. 

Infine, sistemate queste alcune cose potranno finalmente autorizzare un piano lupo nazionale come Dio comanda. E se nel frattempo la lega in Trentino fosse riuscita a fare qualche azione in più rispetto al resto d’Italia sul fronte della protezione/convivenza? Allora non ci sarebbero più scuse. Dimostrata la bravura nelle opere di prevenzione-protezione allora potrebbero davvero permettere ai trentini di essere i primi ad attuare anche un progetto pilota di controllo. Ma fin che continueremo a fare uguale o meno di una regione a statuto ordinario, perché dovrebbero permetterci qualcosa di diverso nelle azioni di controllo? Essere autonomi significa essere più responsabili, più proattivi, più propositivi. Mica più furbi o più belli degli altri. 

Ma temo tanto che autonomia o no anche questi ministri si lasceranno andare a tanti annunci e (spero di sbagliarmi) a pochi risultati. Così, le soluzioni proveranno ancora una volta a lasciarle in eredità. Da fare, al prossimo Ministro.

5 Novembre 2022 0 Commenti
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Bilancio provinciale: mancano 500 milioni. E adesso quali sono le priorità?

Da Michele Dallapiccola 4 Novembre 2022

Il bilancio provinciale non è un documento che si prepara a sorpresa. I suoi contenuti non si rivelano all’amministratore come il contenuto dell’uovo di Pasqua. Quello che aprì alla fine del pranzo e sai solo dopo il pugno al cioccolato cosa ci trovi dentro. 

E dunque che dopo il 2023, la situazione finanziaria della PAT, sarebbe mutata al ribasso era cosa più che nota.

Oggi siamo di fronte ad uno scenario finanziario straordinario ma non certo imprevisto. Gli accordi Stato-Provincia tanto criticati proprio dalle stesse opposizioni che oggi sono al governo trentino, stanno per entrare nel vivo dei loro effetti peggiori. Ve lo ricordate il Patto di Milano del 2009 firmato dall’allora ministro Tremonti con Dellai? E il Patto di Garanzia del 2014 tra Renzi, Kompatscher e Rossi? Poi c’è stato qualche spazio conquistato dalla lega per ritardare l’entrata in vigore del nuovo assetto finanziario conquistato a causa del Covid.  

Pacta servanda sunt

Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. E i dati di bilancio modificati dai trasferimenti allo Stato, dalla situazione previsionale di PIL e relative entrate determinate sul bilancio provinciale, sono comunque piuttosto prevedibili. Quantomeno dagli addetti ai lavori e in ogni caso con largo anticipo rispetto al momento attuale. Chi tra l’opposizione aveva già avuto ruoli di governo, conosceva questa situazione e ha da sempre trovato le promesse della lega estremamente disassate rispetto alla effettiva fattibilità delle cose. 

Moltissimi impegni per opere pubbliche nei vari territori sono da subito sembrati impossibili da far collimare con l’effettiva realizzabilità operativa.

Adesso, come dicevamo sopra, dopo una legislatura passata a promettere sta per arrivare l’ultimo anno, l’ultima occasione di provare a realizzare qualcosa. Con qualche beneficio di giustificazione. Infatti, per onestà intellettuale nei confronti di chi governa va riconosciuto che la burocrazia che affligge oggi la pubblica amministrazione è letteralmente asfissiante. Non di meno, la speculazione internazionale, oltre alle oggettive problematiche legate al conflitto russo-ucraino ha determinato una situazione congiunturale mai vista prima soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi di energia e materie prime.

Però non si può ignorare che la lega questa situazione l’ha ignorata e bistrattata. Come nulla fosse ha girato per anni all’impazzata nelle varie valli del Trentino a dispensare promesse di impegni milionari mostruosi.

Le promesse infrante.

Solo a Cavalese per il nuovo ospedale ne servirebbero 280. Per altro in luogo dei 40 sufficienti per la ristrutturazione di quello attuale. Per non parlare dei 70 milioni che dovrebbero servire a sistemare lo stadio del ghiaccio in Pinè. 

A certificare l’attenzione politica della lega come fortemente influenzata dagli assessori giudicariensi, (e al resto del Trentino ci penserà qualcun altro) ci sono l’attesissima variante di Pinzolo, il rifacimento della galleria di Ponte Pià, la Variante di Ponte Arche e quella di Molina di Ledro. Insieme alle opere citate sopra si va ben oltre il mezzo miliardo di euro. Casualmente corrisponde a quello annunciato da Fugatti quale ammanco al bilancio provinciale.

Naturalmente non c’è nesso tra le due cifre. La provincia inoltre durante il governo Rossi aveva migliorato la propria capacità di indebitamento. Che oggi potrà tornare utile ad esempio per lo stadio del ghiaccio di Piné. Con tutte le sue implicazioni positive ora, di grande preoccupazione per la sostenibilità nel futuro. Per non parlare di tutte gli impianti a fune sparsi per il Trentino promossi, promessi e mai davvero ragionati.

Sul resto c’è poco da discutere. Specialmente per quanto riguarda le varianti stradali, sono attese da anni; promesse e ripromesse con pesante intensità anche in tempi recenti. La cosa da capire è il grado di priorità che può avere un nastro d’asfalto più largo rispetto alla crisi economica delle famiglie.

Perché di fronte di una sanità in frantumi, ad un’economia sociale alla canna del gas, sarà davvero il caso di interrogarsi quanto queste opere manifestino carattere di urgenza rispetto all’attivazione di sostegni economici generati dai problemi nominati nelle righe qui sopra.

4 Novembre 2022 0 Commenti
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Alcune attività sono più pericolose di altre. Per questo l’esercizio della sicurezza non è mai troppo.

Da Michele Dallapiccola 3 Novembre 2022

La straziante fine di alcune persone nel fiore della loro vita e nell’esercizio delle loro attività, devono insegnarci qualcosa.

Ci sono fatti e persone che sui social sarebbe meglio non mettere mai. Nel web non vigono norme particolarmente severe e quelle poche riconosciute sono pure poco rispettate. Ma una sorta di etica e di bon ton nei rapporti tra se stessi e la rete, è un fatto che si è cercato di codificare in più di un’occasione. Perché li, nel web, al netto di crimini che si riversino poi nella realtà, ognuno risponde soltanto alla propria di sensibilità considerando ammissibile alcune cose e abominevoli altre. 

Ad esempio, avevo dei colleghi di partito abituati ad utilizzare l’immagine della propria figlia minore per acchiappare like. Oppure altri che mostrano la propria partecipazione ai funerali o al cimitero. Difficile capire il senso inusuale di questo tipo di rappresentazioni che io rifuggo accuratamente.  Forse uno psicologo potrebbe spiegarle col tentativo di mostrare il proprio lato più intimo nell’estrema rincorsa al consenso e ai like attraverso l’esibizione dei propri sentimenti, della propria (poco credibile) spontaneità?. Un po’ leghista come stile di sicuro, lo è. Non per niente il loro Capitano, nei social per eccellenza, in moltissime occasioni si è fatto postare in immagini che lo riproducevano con Vangelo e rosario in mano.

Per questo è raro che io celebri affetti o addirittura i morti sui social. Lo ho fatto solo in qualche occasione, quando ne ho davvero avvertito una stretta vicinanza di tipo affettivo o sentimentale. 

Ed è per questo che oggi lo farò. 

Parlerò della straziante notizia di una collega morta schiacciata da una vacca in una stalla di Verona. È scattato in me un fortissimo senso di immedesimazione. QUI IL LINK DELLA TRAGEDIA

Avevo anch’io 24 anni quando iniziai a lavorare. Sono state tante le occasioni di finire schiacciato o calciato da qualche grosso animale, finite, fortunatamente, senza mai riportare infortuni particolarmente gravi. 

Inutile disquisire sul perchè o il per come è andata la tragedia. L’unica cosa da  esprimere, qui secondo me, è un grandissimo senso di cordoglio e di vicinanza per lo strazio che ha colpito la dottoressa e i suoi cari. 

L’età mi riporta però anche ad altri pensieri. All’operaio della Val di Ledro, morto in un cantiere ieri. È il terzo incidente che in questi giorni occorre a persone così giovani. È infatti di poche ore fa, anche la notizia della duplice tragedia della Val di Pejo. In quel caso il giovane è coinvolto durante l’esercizio di una sua grande passione. 

A questo punto sarebbe umano sbottare. La tendenza sarebbe quella di chiedere di mettere in atto nuove norme che proteggano ancora di più, da tutto e da tutti. Blindando i cantieri. O abolendo la caccia, ad esempio. In alternativa far girare tutti i cacciatori con un giubbotto arancione fluorescente. Oppure, far catturare qualsiasi vacca dentro a un travaglio prima di permettere al professionista che la deve visitare di avvicinarsi. Ma poi, chi protegge il contadino mentre cattura la vacca per proteggere il veterinario? Tutto troppo bizantino? Impossibile da attuare direi, perché c’è poco da fare; alcune attività umane sono più pericolose di altre.

Allora usiamo momenti come questo per spiegare il perchè delle arzigogolate norme antinfortunistiche che tanto ci fanno imprecare quando le vediamo applicate nei momenti di serenità. 

Oggi invece è il momento del lutto e non certo quello delle recriminazioni. E di fronte a questa enorme tragedia, il sacrificio di questi ragazzi serve proprio a spiegare che qualche fastidio burocratico-normativo in più, vale ben qualche vita perduta in meno.

3 Novembre 2022 0 Commenti
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Pugno duro verso chi non rispetta le direttive sulle fitopatie. 

Da Michele Dallapiccola 3 Novembre 2022

Annuncio alla Meloni o provvedimento davvero utile?

Sì è tenuto in questi giorni un momento di incontro istituzionale col mondo agricolo provinciale. Lo scopo pare sia stato quello di riflettere e fare il punto sull’andamento delle fitopatie in Provincia di Trento. Necessario, direi, anche se a ben vedere non si tratta di nulla di straordinario. Anzi, probabilmente lo è il fatto che non sia permanente e che non si tenga con maggiore frequenza e regolarità. A QUESTO LINK UN TAVOLO ANALOGO DI QUALCHE ANNO FA DOVE SI FACEVA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Fatto sta che i titoli stampa di stamane sembrano così incoraggianti che un qualsiasi povero contadino disgraziato dalla drosofila o dagli scopazzi, potrebbe venir colto dalla felicità di aver finalmente posto fine alla propria angoscia. 

Via i contributi a chi non estirpa! E’ noto infatti per legge, che laddove viene segnala una delle fitopatie previste dalla normativa il proprietario delle piante è obbligato ad intervenire.

Facile no? Ma quanti sono realmente i proprietari segnalati, incorsi in sanzione e comunque non adempienti? Nel 2016 ad esempio ricordo un dato parallelo. Dei 114 sanzionati i non adempimenti ad un certo punto erano sei. Per questo ci dotammo di una delibera per estirpare in maniera coatta nel sito di chi non rispondeva o era irreperibile. 

È una delibera che deve essere smarrita o forse scaduta? Abbiamo appreso infatti dalla stampa che la giunta vuole farne una nuova. Uguale, penso, a sto punto.

Ironia a parte va detta la verità.

E cioè che la lotta agli agenti biologici nocivi è un fronte sempre aperto fatto di deboli votazioni e profonde sconfitte. E un bene che si faccia il punto, magari in zona campagna elettorale lo si vede ancora di più. Quello che non ci sta sono gli annunci alla “Pugno duro anti rave party!” I rimedi sono ben altri. Ad esempio, la cosa andava presidiata con maggiore incisività da subito. Pensate alla differenza di comportamento della lega tra la drosophila (berries) e la cimice asiatica (mele). O i ritardi sulla flavescenza.

Invece, tra pandemia e impegni diversi da parte della giunta i risultati sono stati quelli che abbiamo oggi.

3 Novembre 2022 0 Commenti
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La Provincia annuncia: rimboschimento! Bene curare le ferite di Vaia e bostrico, ma abbiamo davvero bisogno più di boschi che di prati?

Da Michele Dallapiccola 1 Novembre 2022

Cosa volete che vi dica! Sarà perché sono nato in una famiglia che del pascolo (vagante) ha fatto ragione di vita, sarà perchè poi, da veterinario ho lavorato per chi trasforma l’erba in latte. Fatto sta che dentro a un mio personalissimo senso estetico, nel paesaggio trentino vedo molto meglio il verde chiaro dei prati che quello scuro dei boschi.

Così da dentro al Consiglio provinciale abbiamo in ben più di un’occasione stimolato l’esecutivo provinciale a trasformare il dramma di Vaia da necessità in virtù. Eppure, no! La giunta caparbia, anche in un momento economico meno critico di quello attuale uno sforzo anche minimo non lo ha mai voluto fare. Nemmeno all’inizio del proprio mandato.

Eppure la zootecnia avrebbe avuto bisogno di nuove superfici a prato e pascolo. Pensate che proprio la stessa corrente politica di quella locale, promuove a livello statale la sovranità alimentare. Per portare a casa sapete che cosa? La revisione in sede comunitaria dei piani di autorizzazione ai seminativi. In aumento. 

Per il Trentino, basterebbe agire in Autonomia, se solo si fosse voluto. Avere più superficie prativa avrebbe significato più pascolo, più erba e di relato, anche più foraggio. E questa è una materia prima che importiamo, in qualche caso anche in maniera importante. La acquistiamo dalla pianura. 

Inoltre, avere più superficie prativa avrebbe aumentato gli ettari da ammettere a premio, ai sensi della PAC. 

E ancora, di certo avremmo recuperato un po’ più di aspetto aperto del paesaggio da valorizzare ai fini dell’accoglienza turistica.

Un bell’esempio di recupero ambientale. Dalla precedente legislatura.

Sappiamo che è tutto così difficile da gestire, ci mancherebbe. Coi servizi forestali e le imprese boschive che hanno fatto i salti mortali per fronteggiare il disastro del 2018, implementato ora in una seconda ondata provocata dal bostrico. E ci mancherebbe il non agire dove la funzione del bosco è di protezione dal rischio idrogeologico. Ma quanti ex-campigli rimboschiti ci sono? E quanto si potrebbe ancora lavorare per riportarli “in vita”?

Così mentre la Provincia annuncia il suo giusto impegno per il rimboschimento, gli allevatori se ne faranno una ragione. Di sostegni alle bonifiche non se ne sente nemmeno lontanamente parlare. Per trovare qualche prato in più da inserire nel proprio fascicolo aziendale, alcuni si accontentano di recuperare i prati non più utilizzati dalle stalle che chiudono. Una prospettiva tanto limitata quanto lugubre. Davvero un peccato.

1 Novembre 2022 0 Commenti
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Viva la sovranità alimentare. Basta che non riguardi noi?

Da Michele Dallapiccola 31 Ottobre 2022

Con il governo Meloni il ministero delle Politiche agricole cambia nome e diventa ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Forestale. A guidarlo è un esponente di Fratelli d’Italia molto vicino al premier, Francesco Lollobrigida. L’impronta alla narrazione di come verrà impostato il suo dicastero sembra già chiara. Parimenti, è curioso che fin da subito il Ministero spinga per presentare la ripresa del concetto di difesa del made in Italy. Respingendo le critiche di strizzare l’occhiolino all’autarchia. 

Cosa significa sovranità alimentare?

E’ un indirizzo politico-economico che declina il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo, basandosi sulla piccola e media produzione. Secondo i suoi principi le nazioni devono poter definire una propria politica agricola e alimentare in base alle proprie necessità, rapportandosi alle organizzazioni degli agricoltori e dei consumatori

Ed in effetti il concetto di sovranità alimentare nasce più di 30 anni fa in un contesto di piccoli agricoltori in cerca del riconoscimento del valore e dell’identità delle loro produzioni minacciate dall’avvento delle multinazionali. Nel 1996, introducendo il concetto di sovranità alimentare nel corso del World Food Summit, l’associazione Via Campesina individua sette principi basilari: 1) il cibo come diritto umano fondamentale; 2) la riforma agraria; 3) la protezione delle risorse naturali; 4) la riorganizzazione del commercio alimentare; 5) la fine della globalizzazione della fame; 6) la pace sociale; 7) il controllo democratico. Insomma un movimento che realizza campagne per difendere il diritto dei contadini alle sementi, per fermare la violenza contro le donne, per la riforma agraria e in generale per il riconoscimento dei diritti dei contadini.

Ecco, il neo-Ministro del governo Meloni, riprende giusto questi due “concettucoli” li riadatta alla situazione della “povera” Italia e ad un’intervista televisiva di un paio di giorni fa li traduce letteralmente così

“L’Italia ha bisogno di difendere la propria cultura, i propri prodotti e in questo contesto la sovranità alimentare è contraria all’autarchia. C’è bisogno che la nostra nazione esporti all’estero e per farlo bisogna difendere la qualità”

Ma l’Italia è all’anno zero sulle denominazioni controllate?

Tutt’altro. Siamo invece tra i Paesi che già oggi ne proteggono di più. Sono infatti 315 i prodotti con marchi Dop (denominazione di origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta), Stg (specialità tradizionale garantita). Tra loro, a vario titolo, spiccano eccellenze come il Parmigiano Reggiano, il Trentingrana, il prosciutto San Daniele, l’aceto tradizionale balsamico di Modena o la nostra Melinda. 

Con buona pace dei detrattori dell’Europa, sono proprio quei marchi invece a proteggere i nostri prodotti dalla contraffazione, oltre a garantire la provenienza geografica e a tutelarne il rispetto delle fasi di produzione. 

In particolare, i marchi Dop e Igp sono esenti da alcune normative comunitarie che riguardano sanità, igiene, produzione e conservazione dei prodotti: in pratica possono continuare ad essere lavorati come da tradizione.

Insomma questo momento di rilancio dell’agroalimentare italiano può starci tutto solo se lo si vuol considerare quale è: una grande operazione di marketing. Ecco porterà forse ad una maggiore indulgenza da parte dell’Europa che ci governa attraverso la Politica Agricola Comunitaria. Per cercare di raffreddare questi pruriti nazionalisti la PAC potrebbe aprire all’Italia qualche spiraglio in più. 

E fin qui tutto bene; qualche ettaro in più di seminativo autorizzato alla rimessa in produzione, male non fa. Su un settore dove siamo pesanti importatori, sarà utile ma non ci si aspetti nulla di più. E per fortuna!

La prospettiva vista dal punto di vista del Trentino.

Pensate infatti ai vini, alla spumantistica e alle mele. Quanto bisogno abbiamo di varcare i confini soprattutto del nostro Stato con questi prodotti? Ma se gli Stati importatori del nostro prodotto, del made in Italy e del nostro made in Trentino applicassero gli stessi principi ai loro prodotti in concorrenza ai nostri?

Ahi ahi, che disastro il governo delle produzioni fai da te senza la regia della tanto critica ma quanto mai utile, vecchia, cara Europa! Teniamocela cara, ora ne abbiamo un motivo in più: il controllo sulla sovranità alimentare. All’italiana.

31 Ottobre 2022 0 Commenti
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Montagna sfruttata o montagna valorizzata? Il simbolo nella teleferica fantasma della Val Nambrone.

Da Michele Dallapiccola 30 Ottobre 2022

Quante gliene abbiamo combinate al nostro territorio montano? Una volta non ci facevo caso. Un po’ per poca esperienza un po’ per cultura, quello che vedevo intorno a me, costruito dall’uomo, mi passava addosso. Anzi, spesso lo osservavo con ammirazione. Pensavo alla fatica di chi l’aveva costruito.

Ma il tempo che passa addosso lascia esperienza e saggezza (sempre troppo poca).

Ha influito il lavoro in politica, il contatto con tante opinioni ma soprattutto con le tante forme diverse di cultura. 

E’ così, l’esperienza di questi anni mi ha profondamente cambiato. Ma nessun timore, mi raccomando, le posizioni da integralista non fanno per me. Tuttavia, le premesse di sopra formano quella giusta dose di coscienza critica che permette di ascoltare e meditare riguardo a quello che accade. Così quando sento qualche amministratore provinciale parlare di sostenibilità mi vien sempre più spesso da chiedermi se davvero crede alle cose che sta dicendo. Prendete le “battaglie” della Giunta Provinciale di questo periodo. 

Che ragionamento può starci dietro ad una Valdastico tutta viadotti e gallerie nelle Valli del Leno? E a Pinè, come si contestualizza la presenza di uno stadio del Ghiaccio da “50eppassa” milioni di euro con territorio e la sua ricettività in obiettiva pesante difficoltà? Ma non sta nemmeno in piedi che si siano sacrificati 30 ettari del miglior terreno agricolo a Trento. Avevamo bisogno di un’arena di canto? E’ quel turismo lì che andiamo cercando? Non vorrei però, soffermarmi troppo su queste critiche puntuali. Le ho portate solo come esempio. 

Ogni amministratore, specialmente provinciale che si occupa di sviluppo economico, dovrebbe cominciare ad associare ad ogni propria proposta di progettazione e di sviluppo, un pensiero rivolto alla sostenibilità. Ponendosi una semplice domanda: “ciò che io promuovo potrà davvero trasformarsi in qualcosa per sempre e per tutti?” 

Sono riflessioni che mi hanno sfiorato in una passeggiata di ieri. Mi sono recato nella zona del Cornisello. Il territorio è curato, segnalato e ben gestito dall’ente Parco e dall’amore degli abitanti per la loro valle. La zona però pur selvaggia e scoscesa porta parecchie cicatrici di attività economiche del passato. Fu sicuramente benessere. E dovrà esserlo ancora. Ma se allora non ci fu una mentalità accorta ed attenta al ripristino di quanti modificarono, oggi questo tipo di atteggiamento progettuale e sociale è imprescindibile. 

A QUESTO LINK troverete informazioni relative alla teleferica fantasma della Val Nambrone accennata nel titolo. Con la sua simbolica esistenza, è lì a ricordarci di ricordare! Ormai si tratta di archeologia industriale, comunque in piedi in uno dei luoghi più belli del Trentino. L’immagine del Lago Nero, da Assessore al Turismo, me la sono portata in giro per tutto il mondo!

Da che mi è parso di capire dalle informazioni in mio possesso, la storia parte all’inizio degli anni sessanta, in pieno boom economico. Tutta questa zona di laghi e laghetti doveva subire profondi cambiamenti con la costruzione di una centrale idroelettrica. Sarebbe stata alimentata da una grande diga alta 110 metri e lunga più di 300 in corrispondenza del lago inferiore. Ancora oggi si può vedere sulla roccia una linea che identificava l’ andamento di questo sbarramento. Vennero fatti numerosi interventi di sondaggio e controllo di cui si vedono ancora le tracce.

Il progetto venne bloccato per la grande opposizione della popolazione e degli ambientalisti nel 1968. Numerose sono le memorie di questo progetto, in particolare le stazioni della teleferica che avrebbe dovuto portare il cemento fino a dove oggi c’è il rifugio Cornisello attualmente in ristrutturazione.

Lo racconto ai nostri figli, lo raccomando a me stesso e quelli che dovranno prima progettare e poi vivere in una terra profondamente modificata dalla nostra invadente presenza. 

30 Ottobre 2022 0 Commenti
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Valdastico sì o no? Sempre al centro dell’eterno dilemma, tra dubbi e corto circuiti politici.

Da Michele Dallapiccola 29 Ottobre 2022

Premetto che, al concetto di Valdastico, sono favorevole. Sento anche il dovere di aggiungere il perchè uso la parola “concetto” al posto di arteria stradale. Perché di infrastruttura stradale si tratterebbe; funzionale alla riduzione di traffico in Valsugana. Questo, dovrebbe interessare ai trentini, autonomi, null’altro. Quindi, se non una nuova infrastruttura, qualcosa per mitigare il traffico andrà pensato, pena il collasso da saturazione (di traffico e sopportazione delle persone) della SS47, specialmente tra Pergine e Trento. Che sia l’istituzione di una forma di pedaggio che sia il potenziamento della ferrovia, qualcosa va fatto.

Da abitante di Civezzano lo posso davvero certificare. Sotto il nostro paese passa un traffico, inghiottito e vomitato ogni santo giorno dalle due gallerie dei Crozi che è qualcosa di mostruoso. Per darvi un’idea, assomiglia al passaggio che c’è in Autostrada. Si avvicina ai 50.000 veicoli al giorno di passaggi registrati. 

Non a caso nella precedente amministrazione, provinciale avevamo pensato e proposto una soluzione alternativa rispetto a tutte quelle presentate in passato. Tecnicamente praticabile ma soprattutto meno impattante dal punto di vista economico ed ambientale. Nell’accordo Rossi-Delrio, non si trattava più di un’autostrada (come la mai nata PIRUBI), piuttosto di una semplice superstrada gratuita che avrebbe collegato Piovene Rocchette con il casello autostradale di Trento Sud. 

Poi il vento è cambiato, in Provincia è arrivata la Lega di Salvini e con questa un’altra idea. 

Di fatto, di nuovo piena di difetti. Il più grave è quello simile alla prima proposta di Valdastico. Quella che avrebbe comunque devastato la Vallagarina, a Besenello anziché come pensato oggi, a sud di Rovereto. 

L’opposizione a questa idea è arrivata da più parti e gli autonomisti, forti di una storia di molte battaglie ambientali come questa, non si sono di certo sottratti al metterci la faccia. 

Da oppositori del governo Fugatti hanno voluto manifestare fisicamente davanti all’entrata della sorgente di Spino e al Municipio di Rovereto. Un anno fa, in questi giorni. Due dei luoghi simbolo del rischio che corrono queste vallate a causa della loro devastazione. 

Ora Fugatti chiama a sé tutti quegli autonomisti che vogliano sposare la sua idea di futuro del Trentino visto da destra. Ma nemmeno tra chi si dichiara possibilista ad accettare tale collaborazione, mi pare di capire, ci sia chi considera quest’opera cosa buona e giusta. 

Ora, al netto di  un loro cambio di opinione a 180 gradi, sarà curioso osservare l’epilogo di questo antipatico corto circuito politico. Si gioca sulla pelle delle persone, sul futuro di alcune vallate.

Un passato del quale andar fieri.
29 Ottobre 2022 0 Commenti
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Perché è importante il sistema delle malghe e delle stalle di montagna

Da Michele Dallapiccola 28 Ottobre 2022

Che la zootecnia non navighi in buone acque è un fatto risaputo. Non certo meno di tante altre aziende, imprese, persone della società civile in questo periodo di burrasca di rincari dell’energia. Per questo si potrebbe pensare che la situazione non meriti un’attenzione diversa dal resto dei soggetti citati sopra. Lo possiamo capire. 

C’è un però. Dei 20 miliardi del nostro PIL, il 15% proviene dal settore turismo. E perché mai un ospite che raggiunge il nostro territorio dovrebbe preferirlo rispetto ad altri?

Più promozione, più servizi, più ordine e più cura per il territorio. È proprio questo il punto. Non è solo grazie ad un sistema Provincia – Enti locali – Progettone che mantengono pulite strade e spazi pubblici che si esauriscono i compiti. 

C’è una porzione di territorio senza la cui cura l’aspetto dello stesso risulterebbe a dir poco orribile. Il verde chiaro che si staglia ed alterna in maniera definita al verde scuro dei boschi è la cifra che contraddistingue il senso estetico del nostro territorio. Chi si occupa di questo aspetto si chiama Allevatore. E che lo faccia con una barra falciante, una rotante o lasciando brucare alle proprie vacche o alle proprie pecore l’erba dei prati, è comunque colui che cura i circa 100.000 ettari di superficie a prato e pascolo della Provincia autonoma di Trento.

Dalla tutela di questa professione deriva dunque la possibilità di promuovere un bel territorio Trentino anche a scopo turistico. A cascata la valorizzazione del lavoro di queste persone collabora ogni giorno con la popolazione dei nostri operatori del settore turismo. Sono loro che possono salutare con soddisfazione i propri ospiti quando al mattino lasciano le loro strutture per le loro passeggiate. Sanno che li vedranno calpestare un territorio curato e ordinato salendo magari in una malga o in un agritur a degustare prodotti tipici ormai non più soltanto nella stagione estiva.

In questi anni ho provato a stimolare la giunta in più di un’occasione. Avremmo voluto vedere attivate campagne promozionali specifiche per il settore lattiero caseario ma nemmeno nel pieno della crisi si è riusciti a trovare qualcosa di più che un piccolo obolo totalmente riassorbito dal caro bollette.

Non ci siamo arresi ed anche in questa scorsa settimana abbiamo portato in consiglio provinciale una mozione che parlava di questi argomenti. La giunta ha risposto quasi stizzita: “non mi sembra che le cose vadano male, per il marketing del lattiero caseario stiamo facendo già molto. Non serve fare di più”.

E a questa affermazione della Giunta, credo non serva aggiungere altro.

28 Ottobre 2022 0 Commenti
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