Michele Dallapiccola
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AMAZON TRENTINA. SONO SOLDI SPESI BENE?

Da Michele Dallapiccola 1 Febbraio 2021

La notizia dei giorni scorsi, è che col suo ramo d’azienda FRESH, Amazon è sbarcata anche in Italia. A Milano per la precisione. Piaccia o meno, siamo portati a pensare che la sua capacità di invasione del mercato abbraccerà presto tutta la nazione.

Già da due anni, quella di Bezos, è l’azienda più capitalizzata al mondo. Rappresenta anche marchio con il maggior valore a livello globale. Stando al dato dell’agenzia Kantar che monitora il mercato, il colosso dell’e commerce ha visto crescere il valore del proprio brand verso i 320 miliardi di dollari. A farne le spese è Google, scesa dal gradino più alto del podio fino al terzo posto, con Apple capace di conquistare la seconda piazza di pochissimo. Entrambi i colossi si aggirano infatti intorno ai 310 miliardi.

Paragonando queste cifre agli investimenti che la Provincia di Trento che ne mette a disposizione uno, per stimolare la partenza di una piattaforma “nostrana”, vien proprio da sorridere. 

Vogliamo ricreare l’Amazon Trentina

Avrebbe più volte dichiarato la Giunta provinciale. Sì sì, mettendo in palio un milione di €. Che poi sarebbe la 320 millesima parte di quello che Amazon ha a disposizione ogni anno.

Ma non sarebbe stato meglio investire sulla promozione delle nostre tipicità? Non sarebbe stato meglio, seguire i consigli nostri e di tutte le parti sociali, spingendo un’adeguata campagna informativa e promozionale?

I contributi settoriali ai consorzi produttori, sono stati istituiti apposta, il “de minimis” comunitario è stato momentaneamente ampliato. E allora, quel ridicolo milione di euro stanziato, non avrebbe forse prodotto di più per il nostro sistema qualora utilizzato su questo canale? Abbiamo depositato mozioni, interrogazioni, un Disegno di legge sul cosiddetto co-marketing.

Lo abbiamo ripetuto più e più volte, sempre e comunque inascoltati. 

Qualcosa mi fa pensare che i piccoli frutti in promozione in alcune pagine che ho aperto a caso, non provengono propriamente da Sant’Orsola.

1 Febbraio 2021 0 Commenti
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A COSA SERVE L’OPPOSIZIONE?

Da Michele Dallapiccola 31 Gennaio 2021

A cosa serva l’azione di CONTROLLO di chi, dalle posizioni di minoranza, svolga il proprio compito lo abbiamo detto già molte volte. Cercando di rimanere permeabili alle critiche, riguardo alla nostra azione politica.

Per questo principale motivo, trovo giusto spiegare ancora una volta perchè si sia chiesta maggiore serietà specie nella comunicazione dei dati sui contagi, da parte di chi ci governa. Un gruppo, che si è sempre distinto per essere poco propenso all’ascolto e molto suscettibile alle critiche ricevute. E’ a questo governo che richiama la scaramanzia e le metafore per difendersi, a questi amministratori, che abbiamo voluto parlare.

Al governo provinciale che ha visto il proprio leader nazionale, quello il cui nome viene portato alto nel simbolo che governa la provincia, quello che festeggiò la propria estate al Papeete, quello che insieme ad alcuni esponenti locali tifava per Trump.

A quel governo provinciale dai curriculum imbarazzanti specie di alcuni propri collaboratori, al punto da doverne far dimettere almeno due. 

Non sapremo mai se grazie ad un conteggio trasparente dei decessi, saremmo potuti rimanere zona gialla o meno. Di certo non importa ai familiari di quelle quasi 400 persone (di età media inferiore) che in Trentino, rispetto al vicino Alto Adige, non ci sono più.

Chi giustifichi tutto dicendo che beh, almeno noi abbiamo lavorato, sembra affermare concetti poco rispettosi verso di loro e le loro famiglie. Ed è poco rispettoso anche con il personale sanitario di ogni ordine e grado. Chi ha amici o parenti tra loro, chi ha un minimo di sensibilità, chi ci è passato. Tutti raccontano dell’inferno del Covid e nessuno, dico nessuno di loro, pensa ai colori. Nessuno.

E forse a ben vedere, tra le mille formule che avrebbero potuto aiutare i nostri esercizi commerciali, siamo proprio sicuri che questa sia stata la strada migliore? Siamo sicuri che le spese non siano state superiori ai guadagni? Sono state abbattute davvero tutte le tasse che si potevano ritoccare?

Non è che impegnandosi di più, magari ricavando il tempo da qualche conferenza stampa in meno, si sarebbero potute individuare soluzioni maggiormente trasversali e forse ancor più funzionali all’economia?
Non lo sapremo mai.

PS: Io alle coincidenze e alla scaramanzia non credo. Se però vogliamo ricordare cosa è successo mentre governa la lega in Trentino soprattutto a chi è scaramantico, ecco un ELENCO DEI PRINCIPALI EVENTI SFAVOREVOLI accaduti in questo biennio. Solo su alcuni, non esiste nesso alcuno tra l’azione di governo e l’evento occorso.

  • VAIA
  • COVID-19
  • M49: duplice fuga
  • Politica “espansiva” della fauna selvatica. Mai avuto così tanti cormorani, cinghiali, orsi, lupi e ora sono arrivati anche cane procione e coppia di sciacalli dorati pronta per proliferare. 
  • Alla drosophila (ancora da risolvere) si è aggiunta cimice asiatica.
  • Alluvione del Sarca
  • Frana a Tempesta.
  • Inverno tra i più nevosi del secolo.
  • Mai così elevato rapporto conflittuale col governo nazionale. Le impugnative dei provvedimenti provinciali, sono all’ordine del giorno (es. 10 anni di residenza, contratto dipendenti provinciali, centrali idroelettriche, gestione orsi)
31 Gennaio 2021 0 Commenti
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Titoli Pac, la compravendita in vista della nuova politica comunitaria

Da Michele Dallapiccola 29 Gennaio 2021

Non è tutto oro quello che luccica. Così si potrebbe dire dei Premi EU per la gestione dei prati e dei pascoli, specie delle nostre malghe. Sembra semplice guadagnare con la gestione di una malga. Consiglio, a chi vuol provare di farsi ospitare anche solo una settimana, prima di decidere

A chi preme solo il lato politico o populista della questione, invito ad informarsi bene. Sarebbe bello semplificare con un “diamole prima ai Trentini”! Ma chi paga, cioè l’Europa, non lo permette. Tuttavia, gli strumenti per competere, li abbiamo costruiti già nella scorsa legislatura. Bisogna cercarli, farli propri ed utilizzarli.

Agli addetti ai lavori, ai quali fosse sfuggito questo articolo, consiglio di darci un’occhiata. Scritto da un esperto, racconta informazioni confermate anche dal nostro Eurodeputato H. Dorfmann.

di ANGELO FRASCARELLI.

Fino al 15 maggio 2021 può convenire l’acquisto dei titoli Pac. Comunque bisogna considerare che i titoli in eccesso vanno venduti.

L’avvio della campagna agraria 2020/2021 genera molte domande sia sul fronte delle scelte colturali, ma anche su quelle della gestione del sostegno della Pac.

I titoli all’aiuto sono sempre un tema di grande interesse per gli agricoltori.

Il 2020 è l’ultimo anno della programmazione della Pac 2014-2020; dal 2021 entra in vigore una nuova fase della Pac.

Una domanda frequente degli agricoltori riguarda la convenienza all’acquisto dei titoli, per gli agricoltori che hanno superfici scoperte, e alla vendita dei titoli, per gli agricoltori che hanno titoli in eccesso.

L’entrata in vigore della nuova Pac

Il negoziato sulla nuova Pac post 2020 è in ritardo, per cui è ormai certo che essa entrerà in vigore con due anni di ritardo, quindi dal 1° gennaio 2023.

Il 2021 e 2022 saranno due anni di transizione.

A questo scopo, la Commissione ha proposto un regolamento transitorio per gli anni 2021 e 2022, che proroga l’applicabilità del quadro giuridico esistente fino alla prossima riforma. Di fatto, avremo una Pac biennale 2021-2022, che prosegue e adatta le regole attuali per i prossimi due anni.

I titoli Pac nel 2021 e 2022

Gli attuali titoli all’aiuto saranno prorogati per il 2021 e 2022; pertanto, gli agricoltori potranno utilizzare gli attuali titoli anche per la domanda Pac 2021 e 2022.

In questi due anni, rimangono in vigore le attuali norme sul trasferimento dei titoli e sull’accesso alla riserva nazionale. Quindi, gli agricoltori potranno acquistare e vendere titoli e potranno ottenere i titoli dalla riserva nazionale, se rientrano nelle fattispecie della riserva nazionale (giovani agricoltori, nuovi agricoltori, possesso di terreni in zona montana o in zona svantaggiata).

I titoli Pac dal 2023

In merito ai titoli, le proposte e il negoziato, in corso al Consiglio europeo e al Parlamento europeo, prevedono tre possibilità di scelta, a discrezione dello Stato membro:

  1. pagamento annuale uniforme per ettaro ammissibile, senza titoli; in tal caso, i titoli attuali scadranno il 31 dicembre 2022 e verranno aboliti;
  2. pagamento annuale per ettaro ammissibile differenziato per territorio, ma uniforme per gli agricoltori dello stesso territorio, senza titoli; in tal caso, i titoli attuali scadranno il 31 dicembre 2022 e verranno aboliti;
  3. pagamento annuale sulla base di titoli all’aiuto: il sostegno di base continuerà ad essere erogato sulla base dei titoli all’aiuto.

Le prime due modalità di pagamento sono “senza titoli”; la terza modalità prevede il mantenimento dei titoli.

La scelta dell’Italia si conoscerà approssimativamente nella primavera 2022, in tempo utile per consentire agli agricoltori la nuova Pac che prenderà avvio il 1° gennaio 2023.

L’acquisto dei titoli è conveniente?

In vista delle nuove fasi della Pac, gli agricoltori chiedono se è ancora conveniente la compravendita dei titoli. Il futuro della Pac di ogni agricoltore dipende anche dalla singola situazione imprenditoriale/personale.

Per una valutazione alla luce della nuova Pac, gli anni da prendere in considerazione sono tre: 2021, 2022 e 2023. L’agricoltore si deve concentrare su questi tre anni per verificare il proprio status e la convenienza o meno alla compravendita dei titoli.

Come detto sopra, il 2021 e il 2022 saranno due anni in cui l’agricoltore riceverà il sostegno con le regole attuali della Pac 2015-2020. In altre parole, dal punto di vista dei pagamenti diretti il 2021 e 2022 sono identici al 2020.

Dal 1° gennaio 2023, l’Italia potrà adottare un regime senza i titoli o con i titoli, come detto nei paragrafi precedenti.

In tale scenario, se l’agricoltore ha terreni scoperti da titoli, è conveniente l’acquisto dei titoli?

L’acquisto dei titoli è conveniente fino al 15 maggio 2021, se il prezzo di acquisto non supera il valore del sostegno di un anno (base + greening).

Anche se l’Italia dovesse optare dal 2023 per un regime senza titoli, l’acquisto dei titoli è comunque conveniente per la Domanda Unica 2021; infatti il costo dell’acquisto dei titoli sarebbe ammortizzato entro il 2021 e l’utilizzo dei titoli nel 2022 genera un vantaggio economico.

Titoli inutilizzati

Alcuni agricoltori si trovano nella condizione che la superficie ammissibile è inferiore a quella dei titoli, a causa di una scadenza di un contratto di affitto o per altre ragioni. Quindi il numero dei titoli eccede il numero di ettari ammissibili.

In tal caso, l’agricoltore ha due possibilità:

  • lasciare alcuni titoli inutilizzati;
  • vendere i titoli in eccesso.

I titoli non utilizzati rimangono nel “portafoglio titoli” per un anno di mancato utilizzo. Dal secondo anno di mancato utilizzo, i titoli vengono persi.

Infatti, il Reg. 1307/2013 (art. 31, par. 1, lett. b) prevede che i titoli non attivati dagli agricoltori, per un periodo di due anni consecutivi, confluiscono nella riserva nazionale.

Non c’è più la possibilità di “salvare” i titoli inutilizzati con la rotazione dei titoli, a differenza di quanto avveniva nella Pac 2005-2014.

Vendere i titoli in eccesso

Facciamo un caso concreto. L’agricoltore Mario Rossi conduce in affitto, fino al 31/12/2020, alcune superfici a seminativo di 15 ettari; inoltre possiede altri 70 ettari di seminativo in proprietà.

L’agricoltore possiede 85 titoli che coprono su tutta la superficie coltivata di 85 ettari.

Il proprietario dei terreni in affitto non ha intenzione di rinnovare il contratto e l’agricoltore Mario Rossi non trova altri terreni da prendere in affitto; quindi, il nostro agricoltore Mario Rossi cosa va incontro alla presentazione della domanda unica 2021?

I 15 titoli inutilizzati nel 2021 rimangono nel “portafoglio titoli” per un anno. Dal secondo anno di mancato utilizzo, quindi nel 2022, i titoli vengono persi e confluiscono nella riserva nazionale. Quindi l’agricoltore Mario Rossi ha convenienza a vendere i 15 titoli in eccesso.

Alla luce di questa normativa, l’agricoltore che detiene titoli in eccesso ha la convenienza a venderli, a meno che abbia la prospettiva di aumentare la superficie ammissibile nel 2022.

29 Gennaio 2021 0 Commenti
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Nuovi progetti per un nuovo futuro. Come immaginiamo il Trentino di domani?

Da Michele Dallapiccola 28 Gennaio 2021

Interrogato su come immagina l’economia locale del futuro, cosa potrebbe rispondere un nostro concittadino trentino? Probabilmente sarebbe portato a pensare che mamma Provincia e tutto il settore pubblico faranno da padroni del mercato del lavoro e dei sogni di molti disoccupati, ancora per un bel pezzo!

Detto tra noi, senza aver tutti i torti. Specialmente considerando che la lega al governo del Trentino ha già iniziato ad assumere in Provincia qualche centinaio di nuovi dipendenti. La scorsa legislatura, per la cronaca, l’organico si era ridotto di circa 400 unità, andate in pensione. Ma se dei dipendenti provinciali, io non posso parlare che bene, ve li ricordate gli slogan dei salviniani quando stavano sotto ai gazebo?

Ma, abbandoniamo la politica e torniamo a quest’intervista immaginaria. Se incalzassimo con le domande e chiedessimo quali sono i settori economici privati considerati trainanti per la nostra terra, probabilmente sentiremmo parlare di turismo, agricoltura, manifatturiero ed artigianato.

Un bell’intreccio di valori insomma. E anche pensando ad un futuro post-pandemia nell’orizzonte temporale del quarto di secolo, è difficile immaginare che uno dei tre settori prevalga marcatamente. 

Dunque l’economia trentina del prossimo futuro, potrebbe non avere segni caratteristici?

Le ricette sul tavolo, si confondono con le opinioni che ciascuno di noi raccoglie, elabora e comunica. Forse, allora, è più facile immaginare che cosa NON potrà essere il Trentino.

Il territorio che noi occupiamo, è infinito?

In una terra di montagna e di boschi come è la nostra, la risposta ovviamente è NO. Nostro malgrado, partiamo dunque con l‘escludere, da straordinaria espansione, turismo e agricoltura che di utilizzo e valorizzazione del territorio, fanno ragione di vita. Eppure anche questi comparti avranno futuro. Il traguardo per loro, sarà migliorare lo stato dell’arte, partendo da obiettive condizioni di attualità.

Eh sì, perché a ben vedere in alcuni tratti anche piuttosto estesi, l’agricoltura ha già acquisito caratteristiche di intensività. A livello turistico poi, Covid permettendo, molte località si trovano già in una cronica condizione di over-tourism. 

La stranezza della terra trentina è che queste condizioni si collocano agli antipodi di altre zone spesso viciniore che manifestano ridotto sviluppo e scarsa antropizzazione. A ben vedere, croce e delizia per il paesaggio non ancora modificato ma nemmeno infrastrutturato. Valli poco attrattive? Sicuramente tanto affascinanti quanto escluse da improvvise sacche di sviluppo per oggettive quanto opportune questioni infrastrutturali e logistiche.

Dunque, cosa potrà attrare, quali attività?

Pensiamo al settore terziario del 2030: smart, digitale, connesso, dentro al quale si può operare da remoto su moltissime attività. Beh, non trovate possa risultare interessante poterci lavorare da un luogo dove l’aria è pulita, il paesaggio è meraviglioso, la criminalità è molto bassa e i servizi sono tutti a portata di mano? E Il Trentino non ha tutte le carte in regola per candidarsi a questo tipo di luogo? E per candidarsi a questa opportunità, non è dunque il caso di  spingere sul miglioramento dei servizi?

Giusto, ma quali? Quelli utili a gestire la burocrazia, innanzitutto. E qui, la digitalizzazione, per le imprese può fare davvero la differenza. A cablare interamente il Trentino e dotarlo di software capaci di sviluppare enorme portanza di carico lavorativo ci si sta lavorando da tempo. Almeno da tre legislature e siamo comunque ancora in ritardo rispetto ad altri luoghi d’Italia per non dire d’Europa.

Nel software non va molto meglio. Ci stanno provando i Comuni con dei begli esempi, ancora spot, ancora a macchia di leopardo.

Eppure manca davvero poco. Metaforicamente solo un po’ più dell’ultimo miglio.

Se questa amministrazione provinciale manterrà fede a quello che va promettendo, proseguirà col lavoro ereditato consegnando entro pochi anni l’effettivo totale completamento della rete della banda larga ad un Trentino all-wired.

La fibra ottica

Sarà il nuovo tessuto nervoso di un organismo sociale le cui membra sono rappresentate dalla dura roccia delle nostre montagne. cuore tecnologico vestito verde acceso, azzurro e bianco come la neve.

Smart, connesso, ricco di servizi digitali. Questo il luogo, dove gli imprenditori del futuro, dovrebbero desiderare di insediare la propria azienda ma soprattutto abitare con le proprie famiglie. Per far crescere dei figli con servizi di istruzione, dal nido all’università, a portata di mano. Per beneficiare di aria pulita, qualità di vita e luoghi di svago fuori dalla porta di casa.

Un luogo dove le regole chiare che solo l’Autonomia può costruire e diritti dei cittadini garantiti dall’autogoverno sono la cifra distintiva della comunità che li ospita.

28 Gennaio 2021 0 Commenti
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AUTONOMISTI FUORI E DENTRO AL PATT.

Da Michele Dallapiccola 24 Gennaio 2021

Corsi e ricorsi storici figli dell’ego anziché della comunità?

Io, la politica, la vedo come un impegno, un servizio a favore della collettività. Nell’interesse del bene comune. E ho provato a divulgare e a promuovere la cultura del noi, anziché dell’io.

Per questo, probabilmente, ho scritto di questi contenuti anche nell’aprile del 2017. Rivestivo la carica di Assessore e mi ricordo di un periodo difficile dove la sfiducia degli italiani stava preparandosi a tuffarsi tra le spire letali di Salvini. E con loro il Trentino tutto. 

A distanza di quattro anni, rileggendo il pezzo che scrissi allora e nonostante siano successe tante cose, alcune davvero inimmaginabili, vi ho ritrovato tratti di incredibile attualità. In corsivo, riporto la parte più riconducibile anche ai giorni nostri.

Ebbene, se c’è una cosa che non sopporto è che nel nostro lavoro, l’individualismo e il narcisismo serpeggiano, spesso mal celati, dietro a nuove e pur lodevoli iniziative di impegno civico.

Intanto i veri attori di forme quali il volontariato o l’associazionismo, tanto per citare un paio di esempi che costituiscono l’orgoglio del nostro Trentino, vivono il loro impegno per la Comunità fuori dal circuito politico tradizionale. Insomma, per una diffidenza generale, la politica continua ad essere poco credibile e risulta, diciamolo pure, per nulla o poco attrattiva.

Il tema è tutt’altro che secondario specie se andiamo a controllare da vicino il cattivo stato di salute dei diversi partiti, anche limitandoci alla piazza locale. Notiamo che accanto a questa politica respingente, prevale il modello dell’uomo solo al comando…si evidenzia una marcata frammentazione governata da singole persone populisticamente impegnate a disprezzare gli avversari anziché costruire proposte di governo…

Anche il PATT ha subito le sue vicissitudini in parte legate al suo lungo percorso. Dal luglio 1948 ad oggi infatti, in quasi settant’anni di storia, le due Stelle Alpine hanno subito parecchi smottamenti che in parte tutti ricordano.

Partiamo dal P.P.T.T. che nel 25 luglio 1948 nacque con Pruner e Chiocchetti quale costola dell’A.S.A.R., antesignano di quello che fu poi il P.A.T.T. con l’unificazione del 1988 di Riva del Garda…Ebbene, nella fase storica precedente al gennaio 1988, quella dell’Autonomismo più radicale, le spinte centrifughe interne al Movimento produssero ciclicamente lacerazioni importanti. …

Quanto di questo patrimonio andatosene in tempi diversi dalla casa madre sia riuscito ad affermare un proprio significativo percorso, duraturo nel tempo, è sotto gli occhi di tutti. Ecco perché SENZA VOLER AFFERMARE LA LOGICA DEL MONOPOLIO AUTONOMISTA DEL PATT, (il copyright per un principio etico quale è l’Autonomia non esiste!) evidenzio come la frammentazione del movimento… non ha storicamente portato ad altro se non a una sorta di compattamento interno. Le emorragie più dolorose proprio in termini di costi elettorali ed ideali, furono degli anni ’90: gli anni dell’ingresso a tutto tondo degli Autonomisti nell’area di governo, gli anni dell’impegno in prima persona nella gestione del governo provinciale…

La scossa elettorale del 1993, con il conseguente primo governo dell’autonomia Carlo Andreotti segnò la linea di demarcazione tra la marginalizzazione che fino al lora agli Autonomisti era stata riservata.

La realtà politica trentina non poteva più prescindere dalla presenza di un Movimento autonomista popolare. Grandi autonomisti come il cav. Sergio Casagranda, popolari esponenti quali Domenico Fedel, e successivamente esponenti della macchina burocratica provinciale quali Dario Pallaoro, parteciparono al tavolo di governo con sigle diverse: F.A.R., Autonomia Integrale, Genziane. Portarono un loro proprio contributo al governo con effetti positivi innegabili ma con un percorso politico a tempo determinato.

Altre esperienze di una famiglia autonomista variegata come quella del PPTT di Sergio Festi o successivamente delle liste di Carlo Andreotti o di altri presuli-autonomisti furono portatrici di dinamiche non certo positive e anche in questo caso senza futuro.

Fu la stagione propedeutica alla stabilizzazione del Patt alla guida del Trentino, attraverso picchi di popolarità ma anche mal di pancia e contrasti accesi che tuttavia lo hanno portato a questi anni, quelli dell’impegno diretto nel governo della nostra Terra.

In questi anni, abbiamo reso speciale il nostro Partito rivisitandolo secondo un più moderno approccio. Sono stati gli anni dove abbiamo potuto maggiormente incidere sul governo provinciale, pur mantenendo una leale coerenza di coalizione. 

Il Partito autonomista del terzo millennio.

Oggi, noi Autonomisti, cerchiamo di continuare ad interpretare quell’originale spirito applicato ai tempi moderni evolvendo ed adattandoci alle nuove pieghe della società. Altre liste autonomiste sorgeranno (oltre a quelle che già esistono). In molti si proclameranno autonomisti. Lo dice di sé stesso addirittura Fugatti (!).

Per il PATT non può che essere considerato un successo politico intellettuale. Che sia davvero arrivato il tempo dove la cultura ed il valore dell’autonomia si stanno diffondendo in maniera trasversale ed unanime verso i Trentini?  

Ma di PATT, di Partito Autonomista, originale, ce n’è uno solo. Sopravvissuto a tante difficoltà, è ancora un movimento attuale nonostante i suoi 72 anni. Pronto ad affrontare le sfida delle prossime Elezioni Provinciali. Sotto la guida dei suoi unici padroni, i suoi sostenitori ed i suoi organi di partito. 

Con buona pace degli autonomisti satellite. Nuovi “privatisti” del Consiglio Provinciale, gruppi “Cover” di chi da sempre interpreta l’autonomia cercando di rimanere leale al proprio movimento politico.

24 Gennaio 2021 0 Commenti
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LA LEGA E I GRANDI CARNIVORI. TRA GIRAVOLTE E LUNGHI SILENZI

Da Michele Dallapiccola 23 Gennaio 2021

Un nuovo “rapporto orso”! Certo, e mica uno qualsiasi. ISPRA e MUSE hanno collaborato alla redazione di un rapporto che la PAT utilizzerà per la formazione delle proprie Linee Guida.

Prologo

A quasi 3 anni di distanza dalla norma che ha impostato una gestione responsabile dei soggetti pericolosi, a SALVAGUARDIA SEVERA della specie ORSO, la Giunta passerà finalmente dalle parole ai fatti?

Una serie di esperimenti di gestione, hanno messo alla berlina la macchina amministrativa provinciale e la credibilità delle istituzioni stressando – purtroppo all’inverosimile – tre animali. Responsabili di comportamenti particolarmente anomali, i due nuovi orsi “tradotti” al Casteller hanno finito per comprimere lo spazio già angusto, al quale si era ormai adattata l’ospite “storica” del ricovero. Scatenando cupe preoccupazioni, specie per le persone particolarmente sensibili alla questione.

Per evitare che mi vengano attribuite ipocrisia o interpretazioni non rispondenti al senso di ciò che sto per presentare, chiarisco subito alcune mie ferme posizioni di pensiero. Ho speso una vita, prima ad allevare, poi a salvare e soprattutto a “far nascere” animali. Per vent’anni, l’ostetricia e la ginecologia bovina sono state la mia principale occupazione. Per questo mi costa tantissimo affermare quello che sto dicendo. Rimango convinto che per un’animale selvatico nato e vissuto libero come il vento, sia meglio terminare la vita nel pieno della sua dignità senza sofferenza piuttosto che finire nelle condizioni in cui lo sta costringendo ora la politica provinciale.

Ad ogni animale, l’uomo però, deve garantire il massimo benessere possibile in ogni forma e con ogni sua forza. E questa, la considero una regola etica universale. Ma se per le persone che si comportano male è prevista la reclusione, almeno per alcuni tipi di animali selvatici questo stato di cose non esiste.

Il rapporto di ISPRA e MUSE

Lo dice anche il rapporto ISPRA-MUSE che trovate in versione completa a questo link: DOCUMENTO-ISPRA-ORSI-PROBLEMATICIDownload

Qui di seguito ne riporto dei brani che considero sostanziali:

“...non possono escludere l’insorgenza…di orsi pericolosi o potenzialmente pericolosi…con un range di 0-15 animali…non si escludono anche nuovi casi di attacchi che potranno risultare nel ferimento o, sebbene con una probabilità minima, nella morte della persona coinvolta…Per i motivi sopra descritti, si ritiene che l’abbattimento potrà, nei casi in cui le azioni di prevenzione e dissuasione risultassero inefficaci, diventare un’opzione necessaria e inevitabile…”

Cosa è successo dalle elezioni del 2018 ad oggi?

Avete letto? Per questo, come dicevamo, il percorso fatto fin qui dalla giunta provinciale rappresenta 3 anni buttati al vento. Durante i quali hanno fatto patire enormi sofferenze alle produzioni zootecniche ed un grave danno di immagine a tutta la nostra Provincia. Non ultime, hanno risvegliato, acutissime, le reazioni da parte di tutto il mondo animalista-ambientalista.

Il minimo comun denominatore delle cause che hanno portato a questo effetto, a ben vedere, trova ragion d’essere nell’approccio tipicamente partitico-ideologico con il quale chi governa ora, ha affrontato la materia. Ve lo ricordate il passato degli attuali amministratori? E’ sufficiente farsi un giro sul web per rivangare come dipingevano ed affrontavano la questione.

Si tratta di episodi molto impressionanti
Si tratta di episodi molto impressionanti ma assolutamente naturali

Poi, è arrivato l’insediamento amministrativo e dai loro social sono sparite le foto di animali sbranati. Per provare a gettare tutto nel più tombale silenzio?

E se sul problema lupo, si sono distinti per un completo nulla di fatto, sull’orso hanno provato a differenziarsi dal passato sperimentando modalità di gestione degli esemplari problematici a dir poco ridicole.

SE NON VENIVANO FERMATI DALLE DENUNCE E DALLA GIUSTIZIA, I LEGHISTI LOCALI STAVANO PER TRASFORMARE IL TRENTINO NELLA PROVINCIA CON IL PIÙ ALTO NUMERO DI ORSI IN GABBIA AL MONDO.

E a che prezzo? Pare si sia speso ben più di un milione di €, in un periodo di crisi dove quella montagna di soldi avrebbe fatto davvero comodo altrove. Se solo si fosse voluto. Le lezioni non sembrano sortire effetto alcuno. L’attualità ci consegna costanti nuovi episodi di inefficienza ed impreparazione. A tal proposito e non a caso, cito le scorribande invernali di un orso non letargico. Nonostante i nostri stimoli politici, ai quali sono seguite rassicuranti risposte, ancora non si percepisce la benché minima reazione da parte dell’esecutivo. Nemmeno quando idee per possibili soluzioni le forniamo noi. Ad esempio come quella dell‘atto politico che si trova APRENDO QUI.

E adesso? Cosa possiamo aspettarci?

Ora almeno, leggiamo con piacere che finalmente si è deciso di implementare le azioni comunicazione e gli interventi per la prevenzione. Non lo stiamo forse domandando da tre anni? E non ci è sempre stato risposto che quello che si fa è più che sufficiente?

Chiedetelo ai pastori e ai malghesi del Lagorai che cosa ne pensano! E ciò che vedete nelle foto sotto è niente rispetto a quello che abbiamo vissuto questa estate passata.

Ed è proprio per loro che si aggiunge un’ulteriore preoccupazione. Nel rapporto si parla solo di orsi, come se i lupi non fossero un problema. E ora come si intende procedere? Attendiamo (ma ci sia concesso di dire, con poca speranza) che la Giunta a trazione leghista ci sorprenda con l‘adozione definitiva di linee guida per la gestione di tutti i Grandi Carnivori. Orsi e lupi insieme, per intenderci. Per cercare di recuperare il tempo perduto.

Già a partire dall’insediamento di legislatura tutto il percorso legislativo era avviato ed organizzato. Era culminato con l’adozione della legge 9 del 2018. Se solo avessero voluto collaborare. Invece? Lo abbiamo già detto, tre anni al vento tra il grande disagio degli gli allevatori e quello della macchina amministrativa pubblica, coinvolta in una gestione quantomeno “amena” del problema.

Con due di questi anni trascorsi da quando la nostra legge è stata giudicata costituzionale. Capite che questo periodo, si sarebbe potuto utilizzare per costruire le linee guida che solo oggi, si cominciano a definire? Nonostante i numerosi disagi intercorsi, saremmo potuti diventare un modello di gestione tecnico-scientifica ammirabile in tutta Europa. Perché stiamo sì, mettendo in campo tecniche e strategie che possano salvaguardare cittadini e allevatori ma stiamo anche salvaguardando il lupo e salvando dall’estinzione la specie orso bruno alpino.

Per far questo, si deve studiare, dedicarsi. Non sono disponibili palchi e riflettori, le occasioni di selfie son poche e le convocazioni davanti alla giustizia, sempre in agguato. Meglio pensarci bene. Pensare. E pensare ancora.

23 Gennaio 2021 0 Commenti
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Prevenzione danni invernali da orso: volere è potere

Da Michele Dallapiccola 23 Gennaio 2021

I N T E R R O G A Z I O N E   N.  2181

Abbiamo interrogato la Giunta durante un “question Time”. Abbiamo chiesto lumi riguardo alle incursioni invernali su apiari attribuibili ad orso non letargico in Val di Sole.

Ancorché solo verbale, la disponibilità a farsi carico del problema è stata comunque molto ampia. Dalle parole dell’Esecutivo, non è tuttavia trapelato il minimo impegno a farsi immediatamente carico di impegni concreti.

Così l’attesa di aiuto degli apicoltori si sta protraendo senza un orizzonte di respiro. I già numerosissimi danni alle proprie strutture potrebbero proseguire ancora per lungo tempo, soprattutto perché la soluzione prospettata, quella di incentivi alle “bienenhaus” potrebbe partire molto in là nel tempo. Potrebbe, perché in fin dei conti attivare un apposito bando, non è un’impresa amministrativa eccessivamente ardua. Al netto degli eventuali tempi di notifica comunitaria, nemmeno troppo lunga. Finanziariamente, parliamo davvero di poche migliaia di euro.

Tutto a portata di mano insomma? Sì, se solo ci fosse la vera volontà politica di risolvere il problema anziché soltanto parlarne. Nel frattempo, vista la limitatezza di estensione della zona dove si concentrano le incursioni ursine extra letargiche, qualora non si sia all’uopo già provveduto, si potrebbero intensificare anche le azioni di dissuasione. Inoltre, ci permettiamo di suggerire molto sommessamente che laddove non siano già state previste le implementazioni del caso, venga intensificata l’attività di siti di alimentazione. 

Tutto ciò premesso il consiglio interroga la giunta provinciale per sapere 

– se non ritenga il caso di far propri i suggerimenti in premessa;

– in caso contrario si chiede di conoscere i dettagli dei motivi del diniego;

Trento, 21 Gennaio 2021. Firmano: Dallapiccola, Demagri e Rossi

23 Gennaio 2021 0 Commenti
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2021: AGRICOLTURA BIOLOGICA OPPURE 4.0?

Da Michele Dallapiccola 20 Gennaio 2021

CAPITOLO PRIMO.

CIBO BIOLOGICO: LA POLITICA ALL’ASSALTO DEL SETTORE?

COSA NE PENSA IL MERCATO?

Se gli interventi normativi statali sono ancora ai blocchi di partenza, a dar man forte al comparto ci pensa il mercato. L’anno appena trascorso ha premiato le produzioni biologiche con un aumento delle vendite di prodotti. Pur rappresentando una fetta di mercato ancora a singola cifra, nella grande distribuzione (+19.6%) con picchi nei discount (+23.7%) e nei piccoli supermercati di quartiere (+26.2%) si sono registrate ottime performance nonostante ci trovassimo in piena diffusione del contagio da Coronavirus (Fonte: ricerca Nielsen Connect e Assobio).

COME SI MUOVE LA POLITICA?

La nuova Legge sul biologico, al livello nazionale è ferma al Senato da oltre due anni. A livello trentino, la politica locale sta provando a raccogliere l’occasione di visibilità. In tempi recenti ha spinto sulla discussione di un disegno di legge in salsa trentina. In pieno stile leghista, si è partiti a suon di annunci ed articoli sui media, prima ancora sia dato sapere di contenuti e di una eventuale ma ben più importante dotazione finanziaria. 

Che il vil denaro sia il miglior metodo per dimostrare il proprio affetto politico ad un settore, lo ha perfettamente intuito invece la ministra Bellanova. Poco prima di lasciare il suo dicastero è riuscita a stanziare 4,2, i milioni€ finalizzati alla ricerca. 

E ci cascò anche l’ex Ministro Martina che in fase finale di mandato lanciò comunque la “sua” campagna “zero pesticidi”. Quando a ridosso delle elezioni i sondaggi buttano male e non si sa più come attrarre voti, si può anche fare promesse insostenibili. Come fu quella. Ogni perito agrario sa perfettamente che senza “pesticidi” l’agricoltura “va a remengo”. E comunque, a proposito di “Martina e i suoi pesticidi” anche lui nel febbraio 2018 firmò un decreto che rendeva obbligatoria la lotta all’insetto vettore della Xylella degli ulivi, il batterio che in Puglia sta facendo seccare milioni di piante: è incurabile (gli antibiotici in agricoltura sono proibiti). L’unico modo per arginarla è uccidere la cosiddetta “Sputacchina”, l’insetto che la porta da un albero all’altro.

Questo certifica che Martina sapeva perfettamente come stavano le cose e in quel caso agì razionalmente di conseguenza, anche se con il suo decreto sollevò una questione non da poco nel mondo bio, storicamente povero di insetticidi.

E IN PROVINCIA DI TRENTO?

Nel Trentino leghista di oggi, c’è da augurarsi che la sortita della giunta provinciale di costruire un disegno di legge sul biologico ad hoc non sia partita con l’approccio di una ricerca di facili consensi. Anche nel tentativo di recuperare una loro credibilità politica che questo periodo di crisi pandemica ha pesantemente inficiato.

La narrazione politica leghista sa benissimo che infilando gli stilemi della prosopopea, si può risultare molto interessanti e catturare l’attenzione parlando di pesticidi. Ovviamente facendo riferimento solo a quelli di sintesi finendo per mettere in forte difficoltà chi li usa con scrupolo e coscienza: la quasi totalità dei contadini trentini. 

CAPITOLO SECONDO

FITOFARMACI O PESTICI

UNO, EUFEMISMO DELL’ALTRO, O SINONIMI DA ACCETTARE? IN OGNI CASO, INFORMARSI E’ MOLTO IMPORTANTE.

Al di là della giusta discussione intorno alle conseguenze di utilizzo dei fitofarmaci o dei pesticidi, va chiarito che i due termini indicano la stessa cosa.

Le domande però non si fermano qui. Fanno bene alla pianta e male a noi? Bene a noi (perché grazie a loro abbiamo cibo del quale sfamarci?) ma male all’ambiente? Realisticamente si potrebbero abolire? Negli anni, l’uso di questi benedetti agrofarmaci è aumentato o diminuito? Che dicono i dati? Sugli “usi sempre più massicci di pesticidi”, oppure sugli “abusi di pesticidi” si sono costruiti veri e propri movimenti politici e si versati scritti fiumi di inchiostro, specie sui media più caustici. 

COME STANNO ANDANDO DAVVERO LE COSE?

In realtà, con buona pace degli allarmisti che stanno terrorizzando da anni la popolazione, fin dal livello nazionale l’uso dei cosiddetti “pesticidi” è in forte contrazione. Lo provocò una fortissima sensibilità verso l’effettivo problema, che si sostanziò soprattutto a partire dall’inizio degli anni ‘90. In Trentino si cominciò a parlare del sistema di lotta integrata addirittura già dagli anni 70. Perfezionando il metodo via via sempre più, si è spinto sullo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, disciplinari di produzione, investimenti in ricerca. biologico, naturale o di sintesi. 

A fronte di questi numeri, anche a un profano dovrebbe suonare un po’ strano che le accuse ai “pesticidi” siano cresciute proprio mentre i loro stessi usi si mostravano in calo.

I dati ISTAT ci raccontano infatti che siamo scesi dalle circa 100mila tonnellate di sostanze fitosanitarie utilizzate nel 1990 a poco più di 55mila oggi. Tradotto in usi pro-capite, emerge che mediamente utilizziamo poco meno di un chilogrammo di sostanze attive, senza le quali, peraltro, sarebbe impossibile proteggere le produzioni agricole.

COME SI COMPORTA LA PROVINCIA DI TRENTO?

Oggi possiamo beneficiare di un sistema provinciale che ha ancora molti passi da fare ma che, per qualità complessiva, è uno dei migliori approcci che siano presenti sulle piazze agronomiche internazionali.

Si cerca di utilizzare il presidio che garantisca il miglior risultato costo/beneficio in termini di efficacia ambientale e residui rilevabili, su ambiente e consumatore. Così, siamo arrivati ad una revisione fin troppo severa di ciò che usavamo negli anni del boom agrochimico, ovvero i ’70 e gli ’80 quando in campagna di agrofarmaci se ne buttavano a iosa.

Oggi con venti grammi di una sulfonilurea si può diserbare un campo che prima necessitava di alcuni litri dei precedenti prodotti. Stessa cosa per insetticidi e fungicidi. E per giunta le nuove molecole sono migliori dal punto di vista tossicologico e ambientale. 

QUALI SONO I RISCHI DIRETTI CHE CORRE CIASCUNO DI NOI?

Non sono riuscito a trovare fonti scientifiche che comprovino quanti sono i grammi di sostanze esogene ingerite pro-capite oggi. Penso si possa parlare in termini di milligrammi: sono sostanze praticamente ubiquitarie.

Ma senza scomodare l’abuso di farmaci, di alcool e il fumo, pensiamo invece alle sostanze che consideriamo come “normali”: agli idrocarburi nelle grigliate estive, negli alimenti affumicati o alle sostanze chimiche ed i solventi dissolti nel microclima domestico e provenienti dalle vernici, dalle colle nel mobilio o dai prodotti per le pulizie che ci siamo portati in casa.

Ne cito anche uno simpatico (?), uno che parrebbe ancora più innocuo. Lo ha scoperto Bruce Ames, uno dei padri della tossicologia moderna. Nel caffè, ha individuato circa un migliaio di sostanze chimiche differenti, ben 17 delle quali, sono poi risultate cancerogene. In una sola tazza di caffè, dunque, ci sono almeno dieci milligrammi di molecole potenzialmente cancerogene, badate bene, “naturali”. Si sommano all’assunzione annua di tutti i possibili residui di “pesticidi” sui cibi. 

PERCHÉ NONOSTANTE TUTTO, STIAMO TUTTI ABBASTANZA BENE E L’ASPETTATIVA DI VITA STA AUMENTANDO?

Perché i livelli di sicurezza oggi sono altissimi . Ciò che resta sui frutti alla raccolta, spesso è decine o centinaia di volte al di sotto dei limiti di Legge, già di per sé cautelativi.

Senza contare poi che quando portiamo a casa l’ortofrutta, la laviamo, asciughiamo, sbucciamo e spesso degradiamo termicamente, la cuociamo, insomma.

Se il chilo di agrofarmaci pro-capite (dato istat, ripeto!)  usato nei campi è tanto o poco, lo si paragoni ai litri di prodotti per l’igiene domestica o per la cura della persona. Vengono riversati dai cittadini nelle acque. Reflui industriali contenenti metalli pesanti e idrocarburi, scarichi inquinanti delle nostre automobili e dei nostri riscaldamenti, farmaci usciti dal nostro corpo. Tutto finisce in quelle acque di cui poi si parla, spesso a sproposito, sempre e solo per inquinamento da pesticidi. E mentre parliamo, le acque, con il loro ciclo naturale, ci piovono letteralmente in testa o nel bicchiere.

STA MIGLIORANDO LA CHIMICA A NOSTRA DISPOSIZIONE?

Oggi, vi sono agrofarmaci meno tossici di gran parte dei prodotti usati in casa per lavare e igienizzare. Che invece maneggiamo con noncuranza.

Questo perché rispetto al 1990, nel volgere di pochi anni, i due terzi delle molecole impiegate è uscito dal mercato, in quanto obsoleto. Non sono più in linea i nuovi criteri autorizzativi, molto più stringenti rispetto ai precedenti.

EFSA è l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Fornisce pareri scientifici e informazioni sui rischi esistenti ed emergenti connessi alla catena alimentare. E’ sempre molto interessante sfogliare tra i report che pubblica on-line. Recentemente certifica che negli ultimi 30 anni sono sono sopravvissute al vaglio normativo solo un quarto delle molecole che usavamo in passato. 

Oggi l’ottantina di molecole in attesa di sostituzione, certifica che questa battaglia, non è appannaggio solo di alcuni gruppi di persone responsabili o maggiormente senzienti. Si tratta piuttosto di un problema del quale se ne sta occupando un’intera classe scientifica e sociale.

Comunità verso la quale al netto di quella politica che la cavalca, io nutro estrema fiducia.

CAPITOLO TERZO

RAME ED ALTRI PERICOLI

Verso i farmaci utilizzati agricoltura biologica, l’opinione pubblica si dimostra molto indulgente. L’aggettivo “bio” sdogana la percezione di nocività dei presidi utilizzati. A ben vedere però anche il formidabile e stimatissimo metodo di coltivazione, conserva alcuni punti d’ombra. Vediamo insieme quali.

RAME, E’ BENE SAPERNE DI PIÙ

Perchè, quando si parla del “bio”, il rame merita una menzione particolare? Perché ne costituisce un pilastro portante. Senza la possibilità di utilizzare questo metallo il “bio” non potrebbe esistere. Le patologie contro le quali oggi questo metodo fa ampio uso, sarebbero incontenibili. Sdoganato da questo utilizzo, il rame viene incredibilmente considerato pulito e innocuo. Invece è fra i “pesticidi” meno amichevoli che vi siano, vuoi per l’ambiente, vuoi per l’uomo. È un metallo pesante, praticamente eterno nell’ambiente, di fatto indegradabile. Per giunta è molto tossico per gli organismi acquatici. E per l’uomo.

Da report dell’Istituto superiore di Sanità pare che finora, l’unico agricoltore morto certificato per intossicazione accidentale durante un trattamento agricolo nella storia, sia stato proprio a causa del solfato di rame.

PRO E CONTRO.

Eppure, il rame sarebbe un microelemento utile all’organismo, vegetale o animale. Se assunto a piccolissime dosi. Fatto che lo porta ad esser erroneamente percepito come innocuo anche quando usato a chili.

Il rame viene persino venduto come fertilizzante! Con tutto il rame che usiamo come antiperonosporico, pensate ce ne sarebbe bisogno? Ma col limite normativo di utilizzo del Rame come agrofarmaco a 4 kg/anno/ettaro, rimane interessante la possibilità di poter comprare concime rameico. In quanto non obbligatoriamente rendicontabile, potrebbe “erroneamente” finire nell’atomizzatore? “Questo io non credo”

Per tutta l’agricoltura il rame rimane tuttavia un prodotto indispensabile e nonostante il suo profilo eco-tossicologico non significa che debba essere guardato come un mostro. Se usato correttamente crea ben pochi problemi.

CONSAPEVOLEZZA. LA VERA RICETTA CONTRO LE TOSSICITÀ.

Continua a sorprendere invece che siano altre le molecole, molto meno critiche del rame, ad essere oggi perseguitate da media, politica e associazionismo eco-bio quando di fatto hanno profili ambientali e tossicologici ben più leggeri. Social e  disinformazione in tal senso sono devastanti.

Invece, le intossicazioni nella quasi totalità dei casi sono provocate da usi scriteriati fatti da quegli agricoltori che operano in barba a quanto prevedono le leggi sulla sicurezza.

Così come un operaio edile deve proteggersi tramite un vestiario concepito per la sua sicurezza, stessa cosa vale per gli agricoltori quando utilizzano prodotti fitosanitari. Fortunatamente, da un lato la consapevolezza di utilizzo di questi prodotti tra gli agricoltori è pressoché totale, dall’altro, controllo sociale e amministrativo in Trentino funzionano molto bene e gli scriteriati, finiscono facilmente a tiro di sanzione.

OBIETTIVO SICUREZZA PER TUTTI.

E’ la sicurezza complessiva di filiera l’obiettivo cui tendere col massimo sforzo. Demonizzare uno strumento, come ad esempio quello degli agrofarmaci, è alquanto sciocco. Specie sfruttando l’atavica preoccupazione che questo argomento diffusamente provoca.

Purtroppo, continuano invece a morire operatori straziati dagli organi in movimento delle macchine agricole, oppure schiacciati da trattori o ancora vittime di incidenti in azienda, per cadute, soffocamenti in cisterna o urti accidentali.

Benché nessun lavoro sia libero da rischi, sul problema del maneggiamento di fitofarmaci si spendono interi trattati ma però a nessuno è mai venuto in mente di aizzare la popolazione contro trattori od organi in movimento magari con un comitato “No giunti cardanici” quando ce ne sarebbe molto più bisogno. Ad esempio, su Google io ho cercato “veterinari incidenti mortali”. 200 e rotti mila risultati! Tanto per dire.

LA PERCEZIONE CHE ALLONTANA DALLA REALTÀ.

La preoccupazione verso gli agrofarmaci è massima quando si parla di prodotti originali, inventati dall’uomo nei laboratori. Sfuma, invece sulle forme di agricoltura biologica, graziate dal fatto che scelgono solo molecole di origine naturale. Fatto per altro vero solo in parte.

Prendiamo ad esempio i feromoni utilizzati nella confusione sessuale degli insetti. Di fatto, sono analoghi di sintesi delle molecole naturali. E la scelta bio non implica affatto che le sostanze “naturali” siano meno pericolose di quelle di sintesi. Ogni molecola ha infatti un suo specifico profilo tossicologico e ambientale, come visto per il rame. Le piretrine naturali, per esempio, sono letali per gli organismi acquatici, per le api e per gli anfibi. Spinosad, estratto da dei batteri del suolo, ha anch’esso un’etichetta tutt’altro che amichevole su diversi organismi. 

NON FERMIAMOCI ALL’INTUITO.

Il medesimo discorso vale per tutti gli agro farmaci usati nel bio. Accadono cose brutte se te li bevi, li usi come shampoo o li versi nell’acquario dei pesci. Se li usi in un frutteto, diluito in acqua uno a “n” volte, seguendo le indicazioni di etichetta, no!

C’è una regola aurea ed universale che è bene non dimenticare: 

“Naturale o di sintesi che sia è sempre la dose che fa il veleno.” 

Quindi, se l’esposizione a una molecola è irrisoria, altrettanto ne sarà la conseguenza di contatto con l’organismo che l’ha incontrata. Per tali ragioni i distinguo fra “sintesi” e “naturale” sono del tutto privi di senso.

Le molecole più tossiche al mondo sono infatti di origine naturale e sono molto ma molto più letali di tante sostanze inventate dall’uomo, anche di quelle peggiori.

La cicuta, il curaro, la cocaina si ricavano dalle piante. Il botulino si forma da batteri che crescono in modo spontaneo su substrati del tutto naturali. L’alcool può derivare in maniera del tutto “spontanea” dalla fermentazione degli zuccheri della frutta. E pure tra chi ha fede integrale nel bio, ci saranno sicuramente quegli alcuni che a pieni polmoni, aspirano il prodotto della fumigazione di foglie di di tabacco essiccate e triturate.

Pensiamoci quando apprendiamo di qualcosa di naturale o ricavato dalle piante. Lo archiviamo con sereno favore al pensiero: “Male, di certo, non fa”

CAPITOLO QUARTO

FITOFARMACO-FOBIA. CI SONO ALTERANTIVE?

Chiariamo subito una cosa: a mio modesto avviso, in questo momento, la sostituzione integrale dell’utilizzo della chimica in agricoltura non è possibile, né nel convenzionale né tantomeno nel bio. Anzi, lì spesso, si deve supplire alla qualità agendo sulla quantità. Come accade nell’utilizzo del rame. Tuttavia, rimarrà dovere fondamentale dell’uomo ridurre la chimica fitosanitaria

L’EQUILIBRIO DELLA NATURA.

Gli organismi viventi, tendono sempre all’equilibrio fra loro perché lottano in un ambito naturale. E la natura, lasciata a se stessa, cerca sempre un proprio equilibrio. La chimica e la mano dell’uomo invece no: eliminano le avversità con percentuali di efficacia altissime. In un ambiente tutt’altro che naturale come un frutteto, per esempio, che è tutto tranne che naturale.

Ecco perché i parassiti si moltiplicano esponenzialmente nei campi coltivati e per controllarli bisogna usare spesso le maniere forti. Oppure vincono loro. Per questo il futuro sarà caratterizzato da impieghi di molecole sempre più selettive, integrate possibilmente da genetiche resistenti. 

UN AIUTO DALLA GENETICA.

La genetica, per esempio, è un fronte in discussione. Penso ci potrà aiutare molto a resistere a patogeni e parassiti. Anche se non dobbiamo illuderci.

Anche le resistenze individuate e già ampiamente diffuse in agricoltura, infatti, prima o poi andranno naturalmente a cadere. Ci sarà sempre un insetto o un fungo patogeno che muterà divenendo insensibile ai meccanismi di resistenza messi a punto dai genetisti. È solo questione di tempo. In tal caso la lotta ricomincerà da capo, in un eterno inseguimento fra ricerca che difende e natura che contrattacca.

Ad esempio, se una pianta di vite diviene resistente alla peronospora e all’oidio e si smette di trattare con gli agrofarmaci specifici, prima o poi finirà per essere afflitta, magari, da escoriosi o marciume nero. Due patologie che in assenza di trattamento potranno fiorire sulle viti ancorché resistente. E perchè? Perché sarà difficilissimo arrivare a costruire piante resistenti a tutto. 

ALTERNATIVE AI DISERBANTI?

Stesso discorso vale per le malerbe. Prendiamo queste ad esempio. I diserbi meccanici non sono la panacea alternativa eco-sostenibile: richiedono fiumi di gasolio e quindi producono alte emissioni di gas serra. Un chilo di gasolio ne produce tre di anidride carbonica e per diserbare un vigneto con le macchine invece che con un erbicida ci può volere anche il triplo del carburante. E non mi pare sia un buon affare immettere chili di gas serra in atmosfera pur di non trovare qualche nanogrammo di pesticidi.

Non so neanche se l‘eccessiva lavorazione del terreno gli faccia poi tanto bene: si forzano i processi ossidativi della sostanza organica presente nel suolo – e via con altra anidride carbonica in aria – come pure si espone maggiormente il terreno stesso ai fenomeni erosivi. Né godono particolarmente gli organismi che in quei primi centimetri ci vivono.

Sapete ad esempio che nel diserbo esistono apparecchiature dotate di fotocellule che riconoscono le malerbe e concentrano lo spruzzo di prodotto solo sulla pianta individuata anziché ovunque. Interessantissimo da noi il mix sapiente  di sensori on-line che indicano il momento ed il modo giusto per trattare e ricavarne il miglior effetto di costo beneficio.

Infine un fatto fondamentale ed insuperabile. Le nostre latitudini non beneficiano infatti di quella favorevolissima condizione delle zone a sud del mondo. L’effetto sterilizzante dei raggi uva del sole è un grandissimo aiuto naturale contro tantissimi fitoparassiti. Che noi non abbiamo.

Ecco perchè, col clima che abbiamo in Trentino corriamo invece il rischio che nuove soluzioni indicate dal bio siamo meno efficaci. 

LOTTA BIOLOGICA, TUTTO FACILE?

Mi lasciano perplesso e abbastanza scettico anche i nuovi orientamenti verso i microrganismi e gli insetti utili usati al posto della chimica.

Infatti, ora, anche le principali multinazionali si stanno tutte orientando verso questa frontiera. Il business economico pare davvero importante e le grandi compagnie seguono sempre il mercato nuovo. Specie se questo promette meglio del vecchio. Ancora di più se ti aiuta a raccogliere consenso mediatico politico magari finalizzato ad evitare la guerra da parte dei movimenti ecologisti. Peccato che poi, gli antagonisti naturali dei parassiti e dei patogeni abbiano dei limiti anche in termini di efficacia, dato che non eliminano a fondo le avversità bensì le ostacolano e basta.

Magari anche benino, ma basti pensare a degli esempi. Il Cinipide del castagno. Per contrastarlo in Italia si sono lanciati milioni di vespette predatrici delle sue larve. Va bene così anche se i risultati sono stati tutt’altro che risolutivi: il Cinipide è ancora lì e di danni continua a farne tanti.

E scusate l’anatema, ma temo che per le medesime ragioni anche la famosa vespa samurai lanciata contro la Cimice asiatica produrrà solo risultati parziali. 

GLI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI.

L’utilizzo di OGM, altro non è che un ulteriore passo verso questa frontiera. Lasciatemi aprire una piccola parentesi sulla paura verso questi organismi. Ci avete fatto caso quante contraddizioni?

Per avere una pianta resistente, uno dei principali presidi del metodo biologico, se ne deve modificare forzatamente il codice genetico. Se n’è accorto qualcuno? Tant’è.

UNA STRADA PER USCIRNE.

Insistere vale la pena, indipendentemente dal metodo per arrivare a creare un clima di fiducia verso l’agricoltura. Spiegare che esiste un valore intrinseco nell’agroalimentare locale, un controllo di filiera più breve, più diretto dunque più salubre.

Ogni chilo di raccolto in più qui in Italia diventa un chilo in meno importato dall’estero. Ogni frutto, verdura o litro di latte prodotto in Trentino lo sarà grazie alla nostra severa capacità istituzionale ed etica di controllo produttivo e sociale. E produrrà ricadute dirette locali.

UN COMPITO PER CIASCUNO DI NOI.

A noi tutti rimane il compito di cercare di capire, di discendere e di informarsi. Oltre ai prodotti bio, andrebbero dunque preferiti quelli della cui salubrità garantiscono le nuove tecnologie degne dell’Agricoltura 4.0.

La scienza in generale, la ricerca, l’elettronica e la meccanica possono giocare un ruolo importante nel ridurre o eliminare i “pesticidi” a parità di efficacia. 

Si persegua dunque, in maniera ancora certo perfettibile, quello che a mio avviso rimane ancora il miglior sistema disponibile: quello lotta integrata, applicato in maniera spinta!

In pratica di ogni metodo disponibile, si utilizza lo strumento chimico, fisico o biologico che dia i migliori risultati con il minor utilizzo di presidio antiparassitario.

Addio prodotti nostrani se ci fissiamo su un metodo. Se elaboriamo invece un mix di chimica, fisica, e metodi nuovi, il tutto condito con la nostra serietà di utilizzo potremo vincere questa battaglia. 

Nessuna di queste armi basta da sola. Solo la loro oculata integrazione può garantire il successo contro l’esercito di malerbe, parassiti e patogeni che assediano minacciosi anche i sani prodotti nostrani preferiti dai Trentini. Che con l’approccio ideologico, campi, non ne hanno mai coltivati.

20 Gennaio 2021 0 Commenti
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FITOFARMACO-FOBIA. CI SONO ALTERNATIVE?

Da Michele Dallapiccola 20 Gennaio 2021

Chiariamo subito una cosa: a mio modesto avviso, in questo momento, la sostituzione integrale dell’utilizzo della chimica in agricoltura non è possibile, né nel convenzionale né tantomeno nel bio. Anzi, lì spesso, si deve supplire alla qualità agendo sulla quantità. Come accade nell’utilizzo del rame. Tuttavia, rimarrà dovere fondamentale dell’uomo ridurre la chimica fitosanitaria. 

L’EQUILIBRIO DELLA NATURA.

Gli organismi viventi, tendono sempre all’equilibrio fra loro perché lottano in un ambito naturale. E la natura, lasciata a se stessa, cerca sempre un proprio equilibrio. La chimica e la mano dell’uomo invece no: eliminano le avversità con percentuali di efficacia altissime. In un ambiente tutt’altro che naturale come un frutteto, per esempio, che è tutto tranne che naturale.

Ecco perché i parassiti si moltiplicano esponenzialmente nei campi coltivati e per controllarli bisogna usare spesso le maniere forti. Oppure vincono loro. Per questo il futuro sarà caratterizzato da impieghi di molecole sempre più selettive, integrate possibilmente da genetiche resistenti. 

UN AIUTO DALLA GENETICA.

La genetica, per esempio, è un fronte in discussione. Penso ci potrà aiutare molto a resistere a patogeni e parassiti. Anche se non dobbiamo illuderci.

Anche le resistenze individuate e già ampiamente diffuse in agricoltura, infatti, prima o poi andranno naturalmente a cadere. Ci sarà sempre un insetto o un fungo patogeno che muterà divenendo insensibile ai meccanismi di resistenza messi a punto dai genetisti. È solo questione di tempo. In tal caso la lotta ricomincerà da capo, in un eterno inseguimento fra ricerca che difende e natura che contrattacca.

Ad esempio, se una pianta di vite diviene resistente alla peronospora e all’oidio e si smette di trattare con gli agrofarmaci specifici, prima o poi finirà per essere afflitta, magari, da escoriosi o marciume nero. Due patologie che in assenza di trattamento potranno fiorire sulle viti ancorché resistente. E perchè? Perché sarà difficilissimo arrivare a costruire piante resistenti a tutto. 

ALTERNATIVE AI DISERBANTI?

Stesso discorso vale per le malerbe. Prendiamo queste ad esempio. I diserbi meccanici non sono la panacea alternativa eco-sostenibile: richiedono fiumi di gasolio e quindi producono alte emissioni di gas serra. Un chilo di gasolio ne produce tre di anidride carbonica e per diserbare un vigneto con le macchine invece che con un erbicida ci può volere anche il triplo del carburante. E non mi pare sia un buon affare immettere chili di gas serra in atmosfera pur di non trovare qualche nanogrammo di pesticidi.

Non so neanche se l‘eccessiva lavorazione del terreno gli faccia poi tanto bene: si forzano i processi ossidativi della sostanza organica presente nel suolo – e via con altra anidride carbonica in aria – come pure si espone maggiormente il terreno stesso ai fenomeni erosivi. Né godono particolarmente gli organismi che in quei primi centimetri ci vivono.

Sapete ad esempio che nel diserbo esistono apparecchiature dotate di fotocellule che riconoscono le malerbe e concentrano lo spruzzo di prodotto solo sulla pianta individuata anziché ovunque. Interessantissimo da noi il mix sapiente  di sensori on-line che indicano il momento ed il modo giusto per trattare e ricavarne il miglior effetto di costo beneficio.

Infine un fatto fondamentale ed insuperabile. Le nostre latitudini non beneficiano infatti di quella favorevolissima condizione delle zone a sud del mondo. L’effetto sterilizzante dei raggi uva del sole è un grandissimo aiuto naturale contro tantissimi fitoparassiti. Che noi non abbiamo.

Ecco perchè, col clima che abbiamo in Trentino corriamo invece il rischio che nuove soluzioni indicate dal bio siamo meno efficaci. 

LOTTA BIOLOGICA, TUTTO FACILE?

Mi lasciano perplesso e abbastanza scettico anche i nuovi orientamenti verso i microrganismi e gli insetti utili usati al posto della chimica.

Infatti, ora, anche le principali multinazionali si stanno tutte orientando verso questa frontiera. Il business economico pare davvero importante e le grandi compagnie seguono sempre il mercato nuovo. Specie se questo promette meglio del vecchio. Ancora di più se ti aiuta a raccogliere consenso mediatico politico magari finalizzato ad evitare la guerra da parte dei movimenti ecologisti. Peccato che poi, gli antagonisti naturali dei parassiti e dei patogeni abbiano dei limiti anche in termini di efficacia, dato che non eliminano a fondo le avversità bensì le ostacolano e basta.

Magari anche benino, ma basti pensare a degli esempi. Il Cinipide del castagno. Per contrastarlo in Italia si sono lanciati milioni di vespette predatrici delle sue larve. Va bene così anche se i risultati sono stati tutt’altro che risolutivi: il Cinipide è ancora lì e di danni continua a farne tanti.

E scusate l’anatema, ma temo che per le medesime ragioni anche la famosa vespa samurai lanciata contro la Cimice asiatica produrrà solo risultati parziali. 

GLI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI.

L’utilizzo di OGM, altro non è che un ulteriore passo verso questa frontiera. Lasciatemi aprire una piccola parentesi sulla paura verso questi organismi. Ci avete fatto caso quante contraddizioni?

Per avere una pianta resistente, uno dei principali presidi del metodo biologico, se ne deve modificare forzatamente il codice genetico. Se n’è accorto qualcuno? Tant’è.

UNA STRADA PER USCIRNE.

Insistere vale la pena, indipendentemente dal metodo per arrivare a creare un clima di fiducia verso l’agricoltura. Spiegare che esiste un valore intrinseco nell’agroalimentare locale, un controllo di filiera più breve, più diretto dunque più salubre.

Ogni chilo di raccolto in più qui in Italia diventa un chilo in meno importato dall’estero. Ogni frutto, verdura o litro di latte prodotto in Trentino lo sarà grazie alla nostra severa capacità istituzionale ed etica di controllo produttivo e sociale. E produrrà ricadute dirette locali.

UN COMPITO PER CIASCUNO DI NOI.

A noi tutti rimane il compito di cercare di capire, di discendere e di informarsi. Oltre ai prodotti bio, andrebbero dunque preferiti quelli della cui salubrità garantiscono le nuove tecnologie degne dell’Agricoltura 4.0.

La scienza in generale, la ricerca, l’elettronica e la meccanica possono giocare un ruolo importante nel ridurre o eliminare i “pesticidi” a parità di efficacia. 

Si persegua dunque, in maniera ancora certo perfettibile, quello che a mio avviso rimane ancora il miglior sistema disponibile: quello lotta integrata, applicato in maniera spinta!

In pratica di ogni metodo disponibile, si utilizza lo strumento chimico, fisico o biologico che dia i migliori risultati con il minor utilizzo di presidio antiparassitario.

Addio prodotti nostrani se ci fissiamo su un metodo. Se elaboriamo invece un mix di chimica, fisica, e metodi nuovi, il tutto condito con la nostra serietà di utilizzo potremo vincere questa battaglia. 

Nessuna di queste armi basta da sola. Solo la loro oculata integrazione può garantire il successo contro l’esercito di malerbe, parassiti e patogeni che assediano minacciosi anche i sani prodotti nostrani preferiti dai Trentini. Che con l’approccio ideologico, campi, non ne hanno mai coltivati.

20 Gennaio 2021 0 Commenti
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RAME ED ALTRI PERICOLI

Da Michele Dallapiccola 19 Gennaio 2021

Verso i farmaci utilizzati agricoltura biologica, l’opinione pubblica si dimostra molto indulgente. L’aggettivo “bio” sdogana la percezione di nocività dei presidi utilizzati. A ben vedere però anche il formidabile e stimatissimo metodo di coltivazione, conserva alcuni punti d’ombra. Vediamo insieme quali.

RAME, E’ BENE SAPERNE DI PIÙ.

Perchè, quando si parla del “bio”, il rame merita una menzione particolare? Perché ne costituisce un pilastro portante. Senza la possibilità di utilizzare questo metallo il “bio” non potrebbe esistere. Le patologie contro le quali oggi questo metodo fa ampio uso, sarebbero incontenibili. Sdoganato da questo utilizzo, il rame viene incredibilmente considerato pulito e innocuo. Invece è fra i “pesticidi” meno amichevoli che vi siano, vuoi per l’ambiente, vuoi per l’uomo. È un metallo pesante, praticamente eterno nell’ambiente, di fatto indegradabile. Per giunta è molto tossico per gli organismi acquatici. E per l’uomo.

Da report dell’Istituto superiore di Sanità pare che finora, l’unico agricoltore morto certificato per intossicazione accidentale durante un trattamento agricolo nella storia, sia stato proprio a causa del solfato di rame.

PRO E CONTRO.

Eppure, il rame sarebbe un microelemento utile all’organismo, vegetale o animale. Se assunto a piccolissime dosi. Fatto che lo porta ad esser erroneamente percepito come innocuo anche quando usato a chili.

Il rame viene persino venduto come fertilizzante! Con tutto il rame che usiamo come antiperonosporico, pensate ce ne sarebbe bisogno? Ma col limite normativo di utilizzo del Rame come agrofarmaco a 4 kg/anno/ettaro, rimane interessante la possibilità di poter comprare concime rameico. In quanto non obbligatoriamente rendicontabile, potrebbe “erroneamente” finire nell’atomizzatore? “Questo io non credo”

Per tutta l’agricoltura il rame rimane tuttavia un prodotto indispensabile e nonostante il suo profilo eco-tossicologico non significa che debba essere guardato come un mostro. Se usato correttamente crea ben pochi problemi.

CONSAPEVOLEZZA. LA VERA RICETTA CONTRO LE TOSSICITÀ.

Continua a sorprendere invece che siano altre le molecole, molto meno critiche del rame, ad essere oggi perseguitate da media, politica e associazionismo eco-bio quando di fatto hanno profili ambientali e tossicologici ben più leggeri. Social e  disinformazione in tal senso sono devastanti.

Invece, le intossicazioni nella quasi totalità dei casi sono provocate da usi scriteriati fatti da quegli agricoltori che operano in barba a quanto prevedono le leggi sulla sicurezza.

Così come un operaio edile deve proteggersi tramite un vestiario concepito per la sua sicurezza, stessa cosa vale per gli agricoltori quando utilizzano prodotti fitosanitari. Fortunatamente, da un lato la consapevolezza di utilizzo di questi prodotti tra gli agricoltori è pressoché totale, dall’altro, controllo sociale e amministrativo in Trentino funzionano molto bene e gli scriteriati, finiscono facilmente a tiro di sanzione.

OBIETTIVO SICUREZZA PER TUTTI.

E’ la sicurezza complessiva di filiera l’obiettivo cui tendere col massimo sforzo. Demonizzare uno strumento, come ad esempio quello degli agrofarmaci, è alquanto sciocco. Specie sfruttando l’atavica preoccupazione che questo argomento diffusamente provoca.

Purtroppo, continuano invece a morire operatori straziati dagli organi in movimento delle macchine agricole, oppure schiacciati da trattori o ancora vittime di incidenti in azienda, per cadute, soffocamenti in cisterna o urti accidentali.

Benché nessun lavoro sia libero da rischi, sul problema del maneggiamento di fitofarmaci si spendono interi trattati ma però a nessuno è mai venuto in mente di aizzare la popolazione contro trattori od organi in movimento magari con un comitato “No giunti cardanici” quando ce ne sarebbe molto più bisogno. Ad esempio, su Google io ho cercato “veterinari incidenti mortali”. 200 e rotti mila risultati! Tanto per dire.

LA PERCEZIONE CHE ALLONTANA DALLA REALTÀ.

La preoccupazione verso gli agrofarmaci è massima quando si parla di prodotti originali, inventati dall’uomo nei laboratori. Sfuma, invece sulle forme di agricoltura biologica, graziate dal fatto che scelgono solo molecole di origine naturale. Fatto per altro vero solo in parte.

Prendiamo ad esempio i feromoni utilizzati nella confusione sessuale degli insetti. Di fatto, sono analoghi di sintesi delle molecole naturali. E la scelta bio non implica affatto che le sostanze “naturali” siano meno pericolose di quelle di sintesi. Ogni molecola ha infatti un suo specifico profilo tossicologico e ambientale, come visto per il rame. Le piretrine naturali, per esempio, sono letali per gli organismi acquatici, per le api e per gli anfibi. Spinosad, estratto da dei batteri del suolo, ha anch’esso un’etichetta tutt’altro che amichevole su diversi organismi. 

NON FERMIAMOCI ALL’INTUITO.

Il medesimo discorso vale per tutti gli agro farmaci usati nel bio. Accadono cose brutte se te li bevi, li usi come shampoo o li versi nell’acquario dei pesci. Se li usi in un frutteto, diluito in acqua uno a “n” volte, seguendo le indicazioni di etichetta, no!

C’è una regola aurea ed universale che è bene non dimenticare: 

“Naturale o di sintesi che sia è sempre la dose che fa il veleno.” 

Quindi, se l’esposizione a una molecola è irrisoria, altrettanto ne sarà la conseguenza di contatto con l’organismo che l’ha incontrata. Per tali ragioni i distinguo fra “sintesi” e “naturale” sono del tutto privi di senso.

Le molecole più tossiche al mondo sono infatti di origine naturale e sono molto ma molto più letali di tante sostanze inventate dall’uomo, anche di quelle peggiori.

La cicuta, il curaro, la cocaina si ricavano dalle piante. Il botulino si forma da batteri che crescono in modo spontaneo su substrati del tutto naturali. L’alcool può derivare in maniera del tutto “spontanea” dalla fermentazione degli zuccheri della frutta. E pure tra chi ha fede integrale nel bio, ci saranno sicuramente quegli alcuni che a pieni polmoni, aspirano il prodotto della fumigazione di foglie di di tabacco essiccate e triturate.

Pensiamoci quando apprendiamo di qualcosa di naturale o ricavato dalle piante. Lo archiviamo con sereno favore al pensiero: “Male, di certo, non fa”

19 Gennaio 2021 0 Commenti
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