Michele Dallapiccola
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FEM e rappresentanza agricola. Che pasticcio!

Da Michele Dallapiccola 22 Dicembre 2020

Per ovviare alle criticità che ha già manifestato la nuova composizione del Consiglio di Amministrazione, la giunta produrrà delle cicatrici nel mondo agricolo che difficilmente si riassorbiranno col tempo.

Non è nemmeno la prima volta che l’esecutivo provinciale inciampa in qualche provvedimento in campo agricolo afflitto da approccio ideologico anziché pratico-amministrativo.

Alcuni elementi di criticità, tanto attesi quanto sottovalutati

Ad esempio, nonostante le numerose richieste di utenti e nostri relativi atti politici, assistiamo ad un sostanziale nulla di fatto per nuovi bandi PSR. I più attesi, quelli delle Misure 411-Investimenti e 611-Premio giovani. Mancano all’appello anche gli interventi per sostenere il sistema irriguo provinciale. Per non parlare delle bonifiche. Un solo ettaro di bosco non è stato recuperato dopo il disastro di Vaia con il sostegno della PAT che anzi, in pompa magna, annuncia importanti – per quanto lodevoli – ampissimi interventi di riforestazione.

La cifra che contraddistingue gli interventi della giunta provinciale sul mondo agricolo appare sempre più spesso quella di interventi a gamba tesa.

Più volte da noi interrogata, ha evidenziato la necessità di introdurre elementi di novità rispetto al passato. L’evoluzione, atto sempre interessante, è tuttavia auspicabile quando non è preclusiva allo sviluppo. Ed è proprio il caso delle misure sopracitate. Bloccate perchè, pare in procinto di subire modifiche nella loro modalità di attuazione. 

Soluzioni semplicistiche per equilibri delicati

A destar preoccupazione non ha fatto eccezione nemmeno la Riforma imposta a di colpi di maggioranza della quale la lega dovrà assumersi l’intera, triste responsabilità. Parliamo della modifica di composizione del Consiglio di amministrazione di FEM.

Per descrivere questo pateracchio amministrativo dobbiamo ricorrere alla metafora di una casa costruita partendo dal tetto tralasciando le fondamenta. Nella metafora, la base è il mondo agricolo. Con tutta evidenza, non si è sentito sufficientemente coinvolto o non ha potuto acquisire la completa consapevolezza di quale fosse il disegno finale dei proponenti.

Si è pensato a un consiglio di amministrazione formato da figure manageriali, incardinato su squisite professionalità. Peccato non di prima linea, strettamente a contatto con la Terra e i Contadini.

Le figure fin qui nominate si occupano di formazione, trasformazione o altri preziosissimi settori che potevano venire presidiati anche in altra maniera.

Per questo abbiamo voluto interrogare la giunta provinciale

Vogliamo sapere come intenda individuare le più ampie forme di coinvolgimento del mondo agricolo attraverso le loro rappresentanze sindacali e di settore.

Ma preoccupati, ci aspettiamo una risposta dello stesso tenore del provvedimento: semplicistica e per nulla soddisfacente

Firmato: Michele Dallapiccola, Paola Demagri,  Ugo Rossi

22 Dicembre 2020 0 Commenti
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CON E PER L’ALLEVAMENTO

Da Michele Dallapiccola 19 Dicembre 2020

Si è conclusa da poche ora la discussione del Bilancio Provinciale di Previsione 2021. Anche questa volta senza parlare di agricoltura, men che meno zootecnia, non fosse stato per gli ordini del giorno che abbiamo voluto portare con il Partito Autonomista.

Per il lato melicoltura e viticoltura la cosa, pur non giustificata, è malapena comprensibile. Più il secondo, del primo tra i due comparti, hanno manifestato performance di mercato quantomeno accettabili. 

Il mercato del latte invece ha segnato il passo. La ridotta presenza di turisti e i loro il consumo di latticini, produrranno effetti che si renderanno particolarmente evidenti soprattutto nei prossimi mesi. 

Anche per questi motivi, abbiamo segnalato l’assurdità di tenere bloccati 233 milioni€ nell’AVANZO DI AMMINSTRAZIONE. Mobilitarne anche solo una piccolissima parte, per i comparti sopra citati avrebbe generato quell’interessante effetto moltiplicatore che solo il settore primario sa dare.

La risposta deprimente della giunta e stata quella di trincerarsi dietro al pensiero di aver fatto abbastanza attraverso l’integrazione del premio di indennità compensativa.

E’ gravissimo dover constatare che sono stati tralasciati investimenti, aiuti per i giovani, bonifiche e irrigazione. Orgogliosa di sé, la giunta ha parlato dei tavoli fin qui attivati guardandosi bene dal raccontare che di quanto emerso non se ne è ancora fatto un beato nulla. 

Tra le convinzioni – fuori bersaglio – che a mio avviso albergano nel cuore di un esecutivo inadeguato ad interpretare le esigenze politiche della zootecnia mi hanno tristemente colpito due concetti più volte ripetuti:

  • c’è bisogno di maggiore formazione: come se ad allevare vacche, e mi si perdoni la considerazione semplicistica, ora debba arrivare la politica a dire come si fa. 
  • il modello di allevamento fin qui attuato non va bene. Si sono sbagliate impostazioni ed indirizzi. C’è bisogno di qualità e non di quantità. 

Da sempre ci “sgoliamo” a ripetere che TUTTE le circa 800 stalle che operano sul territorio provinciale sono preziose. Non si toccano. Ed è ingenuo pensare che non ci sia qualità nel latte che producono solo perchè conferito in grande quantità. Anzi, proprio nelle aziende più strutturate si riescono a meglio interpretare gli standard qualitativi oggi richiesti dal mercato.

Se c’è tutto questo bisogno di distinguersi per proporre modelli nuovi, si comincino a finanziare bonifiche e recupero di nuovi terreni. La storiella della Banca della Terra, non convince nessuno.

Ed è ridicolo, ripeto ridicolo, che dal dicastero dell’agricoltura e foreste si parli con orgoglio e relativi comunicati stampa di RIFORESTAZIONE. In Trentino, mancano boschi? Che occasione persa, il post Vaia! Che peccato ci sia sfuggita quest’opportunità.

Ci auguriamo davvero che questa nuova PAC possa venir interpretata nel migliore dei modi ma se il buongiorno si vede dal mattino abbiamo davvero poco di cui essere ottimisti.

19 Dicembre 2020 0 Commenti
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Bilancio ’21-’23. Finito il tempo degli annunci: la Giunta è “nuda”.

Da Michele Dallapiccola 15 Dicembre 2020

In discussione in queste ore, la proposta di Bilancio Provinciale ‘21-’23. L’ultimo bilancio triennale per intero all’interno della XVI° legislatura. L’ultima occasione per la lega al governo del Trentino di trasformare il proprio pensiero in azione. Tra innumerevoli difficoltà.

Per l’Opposizione è l’occasione di chiedere comprensione per chi sta amministrando Stato e Provincia ma soprattutto di riservare un sentito, greve pensiero a chi sta soffrendo.

Lo richiede la gravità della situazione generata dal Covid perché ciò che sta accanto oggi non è solo un dramma economico ma si configura come un dramma soprattutto umano. E anche la politica DEVE e VUOLE vivere il peso della tragedia delle vite interrotte del perso di malattie e degenze.

Come si sta muovendo la politica? Mano tesa dall’esperienza del passato.

Pur secondaria rispetto alla dimensione umana rimane cogente la questione meramente amministrativa. Pesa come un macigno che ora, chi siede all’opposizione, tanto può aiutare a trasportare. Attraverso la propria esperienza innanzitutto. Quella maturata all’interno delle giunte passate, specie quando hanno affrontato problemi altrettanto gravi, pur dal solo punto di vista economico finanziario. 

Non abbiamo dimenticato Spending review, e Rispetto del Patto di Stabilità. In pochi anni hanno preteso dal Trentino cifre ben superiori al miliardo di €. Sono stati continui i prelievi da parte di tutti i governi che si sono susseguiti in passato, indipendentemente dal colore politico di appartenenza. L’esperienza maturata sul terreno delle trattative con Roma, del fare meglio con meno, sviluppata in quegli anni drammatici dal punto di vista finanziario, potrebbe tornare assai comoda.

Ma ciascuno interpreta il proprio ruolo, secondo un proprio stile.

Come anche l’attuale governo provinciale cerca di fare: a confronto con il proprio tempo, con i propri problemi. A fatica, segna il passo a causa della propria risicata esperienza. Molti suoi componenti sono al primo incarico amministrativo. Anche nell’esecutivo. Lo stesso Fugatti soffre. Lo si avverte osservando la sua mimica o ascoltando il suo piccato tenore nelle risposte al precedente presidente, specie se messo alle corde di fronte alle proprie responsabilità. Non aiuta nemmeno l’atteggiamento vorrei definire “tribale” della sua maggioranza. Applausi in aula consiliare, dopo l’intervento di un presidente da parte della sua maggioranza, non si erano mai sentiti prima. In quest’ottica, ora un po’ sopiti nella frequenza, fanno ancor più sorridere gli epiteti di alcuni. E che dire delle rivendicazioni – urlate – che richiamano quasi ad un “memento mori”. Le elezioni le ha vinte la lega. “Ora comandiamo noi!” hanno spesso gridato. Ma cosa significa vincere? Non certo comandare, men che meno sui trentini. Chi riceve il mandato amministrativo, tutt’al più, ha il dovere di obbedire, a tutti i trentini.

Gradini sui quali è inciampato l’Esecutivo

L’ansia da comunicazione social, innanzitutto. Si annuncia in continuazione, di tutto, prima ancora di verificare tempistica e praticabilità della promessa. Adottando provvedimenti che spessissimo vengono impugnati perché anticostituzionali.

Argomenti? Orso, aperture domenicali, provvedimenti sul personale sono solo alcune tra le “perle” che ci hanno regalato. Le stesse dirette social sull’emergenza Covid, sono state usate, almeno in un primo tempo, per raccogliere like anche con mezzi poco chiari. E che dire del (mancato) impegno finanziario? Non si risolve certo con semplici promesse girando nelle valli. Manca tutta la costruzione di rapporti con solidi mediatori politici e istituzionali, specialmente con il vicino Alto Adige. Si cercano piuttosto a sud attraverso il nesso partitico leghista.

Ma siamo sicuri che al Trentino, dell’organigramma e del valore dei propri esponenti della gerarchia del partito di Salvini, importi qualcosa? 

Qualche esempio di argomenti ai quali prestare ora, massima attenzione.

Ai trentini interessa la trattativa per ottenere la concessione dell’A22. Interessa arrivare ad ottenere una Politica Agricola Comunitaria simile a quella del vicino Alto Adige. Un maggior peso nelle trattative delle politiche regionali con Roma. Tutti  terreni sui quali si dovrebbe ricostruire il rapporto con Bolzano anziché puntare sul Veneto che ha interessi diversi dai nostri. Il “re è nudo”. 

Insomma…

Con il giro di boa del mandato amministrativo ormai alle porte la Giunta sarà costretta a dichiarare quali scelte intenda intraprendere.

Rimandare al prossimo assestamento, al prossimo bilancio, come è successo fino ad ora, potrebbe configurarsi una strategia che ai Trentini, al Trentino, non basta più.

15 Dicembre 2020 0 Commenti
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DIVERSIFICARE PER RESISTERE.

Da Michele Dallapiccola 7 Dicembre 2020

Puntuale, ad ogni stagione, torna impetuoso il mantra che demonizza lo sci alpino. Quest’anno si mescola alla colpa che viene attribuita a questa pratica nella diffusione della pandemia. Ed in effetti come negarlo? Il governo, assai maldestramente, cerca di limitare la diffusione dei contagi e non si fida della correttezza e del buon senso dei suoi cittadini. Sembra si rifiuti di accettare protocolli di gestione dei flussi di persone all’apparenza ragionevoli.

A ben pensare, però, come dargli torto? Guardate cosa è accaduto venerdì scorso in Svizzera o qualche settimana fa sulle piste di Breuil Cervinia. Anche gli Stati più possibilisti hanno dovuto fare marcia indietro. Austria compresa. Chi può prendersi la responsabilità di causare un possibile focolaio della gravità di quello di Ischgl a marzo?

Così, in questa confusione, a dir la sua sulla cronaca, trova facile spazio il sedicente esperto, l’opinionista, il certamente sapido di montagna. Arriva nei momenti di crisi, quando le difficoltà accendono l’attenzione pubblica. Come quello che è successo a me qualche anno fa. Un aneddoto, da vera antologia.

“Uno scaltro quanto veloce imprenditore del settore outdoor, si lanciò in una proposta economica tanto affascinante dal punto di vista del marketing quanto fumosa dal punto di vista operativo ed ancor peggio economico. Solo le parti in causa avevano intuito che tutta l’operazione, certamente geniale dal punto di vista promozionale, era di fatto un “troll” costruito per bloccare lo sviluppo di una località sciistica concorrente rispetto alla valle dove i componenti della stessa società proponente, operavano. Il resto dell’opinione pubblica – inconsapevole – li aveva seguiti, come i topi di Hamelin, il pifferaio. Magico.” 

Sapete che vi dico? A me ‘sta cosa non sorprende affatto. Anche i trentini sono cosi, tutti un pò italiani, un pò commissari tecnici della nazionale di calcio, specie per le ricette. Come per una qualsiasi pietanza, tutti ne hanno pronta una, per qualsivoglia problema. Che si tratti di una pandemia che di un grave caso economico. 

Adesso ad esempio, c’è chi sostiene che se l’economia turistica invernale non fosse dipesa così tanto dallo sci alpino avremmo potuto superare la crisi economica da Covid, con molto più agio. Ma come? Funzionerebbe come durante la scorsa estate? Non è che stiamo dimenticando che sono state le condizioni climatiche ad aiutare? Che il patogeno, con l’inverno, potrebbe acquistare dimensioni tragiche al cenno di un qualsiasi nuovo minimo affollamento? Abbiamo dimenticato cos’è successo negli stabilimenti di lavorazione della carne la scorsa estate? Naturali o artificiali che siano, il freddo e l’umido, rappresentano le migliori condizioni possibili per la trasmissibilità dei virus respiratori. 

L’idea sulla carta non è detto funzioni nella realtà: domanda e offerta vanno di pari passo

Non c’è sviluppo se non c’è necessità che questo avvenga. E in economia, sono convinto tutto funzioni come nella filogenesi per gli organi di una specie. Sono l’offerta e la domanda a plasmare le scelte degli imprenditori. Tecnici e politici (e in Trentino, l’Autonomia) possono solo accompagnare questi processi. Legittimo oltre che auspicabile quando accade, patologico o peggio deviante, quando imposto, specie se a scopo elettorale. 

Che cosa risolverebbero oggi ettari di boschi pieni di tracce per ciaspole o sterminate coste montuose dedicate allo sci alpinismo? Percorsi per sci da fondo infiniti, ancor più ampi di quelli che già ci sono? Benché tutto sia fermo a causa delle restrizione sanitarie, anche fossimo attrezzati con una robustissima offerta in tal senso, anche se convertissimo per incanto le grandi masse dello sci, alle ciaspole o all’alpinismo invernale, il tutto, sarebbe ingestibile. 

Addentrarsi in un bosco che praticamente nessun turista conosce, disorienta, specie d’inverno. Ci si può perdere facilmente e le condizioni meteo cambiano repentinamente: d’inverno l’assideramento, è questione di ore o minuti. Per non parlare dello sci alpinismo. Preparazione atletica, costo dell’attrezzatura frenerebbero parecchio (per fortuna) ma ai pericoli dell’apparentemente innocua ciaspolada si aggiungerebbero gli altri tipici della montagna di sempre!

Dunque?

Quali possono essere proposte realistiche di intrattengono invernale alternativo allo sci?

Premetto che in tal senso c’è già molto. Lo testimoniano le mille offerte presenti sui cataloghi di APT e strutture private. Ma che fare più di cosi?

Implementare ulteriormente per intrattenere chi non scia in montagna è tutt’altro che facile. E può essere anche molto, molto costoso.

Pensiamo solo all’annoso problema della mobilità alternativa e sostenibile. Chi arriva vorrebbe farlo velocemente per poi lasciare la macchina in garage. Via, allora, a progetti milionari di strade e varianti in ogni valle e in ogni dove (sostenibili?). Autobus (a idrogeno?), metrò di superfice e chi più ne ha più ne metta. Messe così le cose, ben si comprende che questo tipo di sviluppo va sognato e pensato ma non è una soluzione. Almeno per questa nostra generazione.

Invece, vi sono sogni, sempre molto grandi, ma un più alla portata del nostro tempo. Più volte in passato, abbiamo provato a stimolare il sistema turismo ad implementare l’intrattenimento attraverso il mondo dell’acqua e del wellness. Specie nel periodo invernale, nei luoghi vocati allo sci, come opzione di intrattenimento per chi non scia. Timidamente, forse fin troppo, come hanno fatto finora, Andalo, Canazei e Pozza di Fassa. Eppure ci sarebbero ottime opportunità che Trentino Sviluppo potrebbe accompagnare. Soprattutto se consideriamo i costi di attuazione e mantenimento di queste attività.

Potrebbe rappresentare l’occasione anche per riconvertire strutture desuete recuperando patrimonio esistente. 

Prendiamo una località come Madonna di Campiglio, ad esempio. Ha una struttura per la congressistica che è sottoutilizzata e potrebbe venir destinata all’uopo. Alla località, non mancherebbero certo i potenziali clienti.

Ancora, possiamo partire dalla specializzazione delle strutture recettive esistenti e dalla località per diversificare l’offerta!

Risolta questa pandemia, non dobbiamo ignorare che in futuro si presenteranno nuove avversità. Il cambiamento climatico, ad esempio. Certo, arriverà meno impetuoso e repentino, rispetto al Covid ma non meno drammatico.

Il Trentino rimarrà attrattivo quanto più saprà reinventarsi nel segno della sostenibilità e reversibilità. Mano a mano che le condizioni cambieranno, saranno gli stessi imprenditori a reagire per primi e a virare su altri fronti. Ne sono certo perchè che già ora, molte strutture offrono modelli di turismo dedicati a chi vuole vivere la montagna in maniera genuina. Mettono a disposizione assistenza, formazione estemporanea ed attrezzatura idonea a poterla vivere con sicurezza e soddisfazione interiore. Accompagnano gli ospiti alla scoperta vera della località, ad un turismo sempre più “tailor made”, sempre più esperienziale.

La nostra proposta di costruire una RETE PROVINCIALE PER L’ACCOGLIENZA AGROALIMENTARE va proprio in questa direzione.

E la Provincia cosa può fare?

Probabilmente intanto, vanno coltivate e tenute aperte tutte le strade.

Non fosse per le attualmente gravi ristrettezze economiche, ad esempio, in quest’ottica non considererei una bestemmia nemmeno l’impianto di Bolbeno. Il microclima, la collocazione geografica ne fanno un’ottima palestra. Per lo sci. Che differenza fa spendere per tenere aperta questa, rispetto alla piscina di via Fogazzaro a Trento, ad esempio? In termini di rapporto costo/beneficio? Stride se invece come sembra, la progettualità turistica per rilanciare la zona si fermi li. Se oltre a quello e all’incorporamento dentro ad una grande APT, non ci sia altro. 

Ripensare agli investimento in campo funiviario invece è un male necessario.

Ripensare agli investimenti in campo zootecnico, agricolo e ambientale, ancor più integrato col sistema turistico, un bene assoluto.

L’attuale governo provinciale

Lo abbiamo tanto criticato (è il nostro compito), abbiamo fatto tante proposte (è nostro dovere). Le trovate qui, e sulle pagine WEB del Consiglio Provinciale. Ora come in passato.

Dai banchi della lega e relativi cespugli siamo stati invitati a farci da parte. “Ne avete fatti abbastanza di danni al turismo – hanno gridato – ora è il nostro turno!” Peccato che nessuno di loro sia ancora riuscito a manifestare visione propria (magari con un occhio di riguardo all’ambiente) se non quella di assecondare acriticamente le varie richieste provenienti dai territori. Si limitano a esibire esperienza di campo (a quanto pare sviluppata ad osservare chi lavora nel mondo degli impianti e in albergo).

In questo contesto l’approccio da praticoni, è inutile, mi sembra abbastanza evidente. Mentre le imprese, nel loro insieme hanno già incominciato a guardare  lontano, la politica dovrà reagire. Sarà tanto più utile al sistema quanto saprà accompagnare anziché stringere alleanze tribali con l’una o l’altra cordate; quanto saprà ragionare insieme alla società anziché propugnare ideologia, spesso troppo estrema, troppo pro o troppo contro.

La Provincia, “vezzeggiativamente” chiamata dai Trentini – non a caso – MAMMA PROVINCIA, saprà assumere il ruolo di genitore saggio?

Attualmente – ci avrete sicuramente fatto caso – non sta dicendo no a nessuno, pur col portafoglio vuoto. Siamo dentro al paradosso ideologico-politico di una destra che dopo aver inveito anni contro l’eccessivo numero di dipendenti pubblici, oggi (a chiacchere per ora) assume chiunque. Autisti, infermieri, personale docente, adesso anche tutti i collaboratori del Muse, basta chiedere. E sì, lo so che questo non c’entra col turismo ma c’entra con la metafora pedagogica con la quale abbiamo concluso questo pensiero.

Insomma, sappiamo tutti cosa succede a quei figli, ai quali i genitori non hanno mai saputo dire no, magari indebitandosi per farlo, vero?

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IL VALORE DELLA ZOOTECNIA TRENTINA: CHE LA POLITICA NE PRENDA ATTO!

Da Michele Dallapiccola 30 Novembre 2020

Perchè l’allevamento ha bisogno di proposte dirompenti? La grave contrazione del comparto vede sempre meno aziende impegnate.

Prezzo del latte, modelli sociali di vita per l’allevatore difficili da “sposare”, un politica agricola comunitaria non perfettamente adatta al modello alpino, adombrano il loro futuro.

Sono rimaste ormai meno di 800 le aziende agricole zootecniche “full-time” presenti sul territorio trentino. Rappresentano il solo 15% del miliardo di € che vale l’intera PLV agricola provinciale.

Coltivano a prato pascolo un’estensione di circa 110 mila ettari. Dove la superficie coltivata complessiva in Trentino, da tutta la frutticoltura e viticoltura messe assieme, vale circa 28mila ettari appena!

Oltre ad ottimo latte e relativi prodotti caseari, di ancor più valore, coltivano il territorio in quota. E’ una fantastica immagine per il turismo.

Col pieno convinto sostegno che di Paola Demagri ed Ugo Rossi, a nome del PATT presenteremo una serie di proposte affinché, in questo inizio di programmazione agricola settennale, da Bruxelles e dalla Provincia arrivino precisi negli aiuti e netta presa di coscienza sullo stato delle cose. Fatto che ad oggi, specie nel governo provinciale sembra mancare.

Va individuata una precisa, specifica strada trentina per allevare. La pratica dell’allevamento deve rimanere diffusa nel contesto socio-ambientale, più compenetrata, più sostenibile. Con e per gli allevatori.

  • Solo così continuerà la biodiversità. Del bestiame allevato, del nostro ambiente montano e del paesaggio nelle valli.
  • Solo così potremmo ancora passeggiare in un Trentino di montagna coltivato e caratterizzato dal verde chiaro dei prati che si alterna in maniera netta al verde scuro dei boschi.
  • Solo così potremo beneficiare di una sana gita in Malga con la presenza del dolce bestiame che allieta la nostra visione e riempie (ottimo marketing) le nostre immagini sui social.

Ecco cosa ce ne potremmo fare dell’Osservatorio permanente per la Zootecnia del quale parliamo da tempo. Composto anche da figure legate al turismo, partecipe al processo di cura del territorio. Un luogo istituzionale dove gli Allevatori tornino ad avere un ruolo chiave nella politica. Specie quella a loro dedicata.

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FERVONO LE TRATTATIVE PER LA NUOVA PAC: la politica agricola comunitaria per il settennio ‘21-’27

Da Michele Dallapiccola 29 Novembre 2020

E a Bruxelles si scontrano due grandi scuole di pensiero. Una mette al centro la sostenibilità con progetti pesanti quali quali Green Deal e il Farm to Fork, l’altra bada alla sostanza di Titoli e forti sostegni finanziari sulle superfici coltivate. Come andrà a finire?

Io sono dell’avviso che lo scontro con la dura realtà, sarà quello governato dai grandi latifondisti delle pianure dell’Europa Centro-settentrionale! Un mondo apparentemente lontano che invece ci influenza molto più di quanto si possa pensare. E’ un mondo che vive e purtroppo talora specula sul sistema premiale dei cd. Titoli. Come è notorio, si tratta di premi pagati all’allevatore direttamente da Bruxelles. Anche in Provincia Autonoma di Trento.

Da noi, l’interesse della collettività su questo argomento è stato spesso risvegliato dalla questione affitti delle malghe.

Arrivano ad affittare malghe anche allevatori di volatili. Polli, tacchini che mai muoveranno dai capannoni del fondovalle. Speculano su area di superfice coltivata e titoli ricevuti.

Molti, sono imprenditori agricoli non trentini, da sempre afflitti da grande voracità, anche per le nostre malghe. Questo perché, il livello nazionale è stato per lungo tempo avvantaggiato da “pacchetti titoli” più remunerativi di quelli trentini. Ciò è avvenuto in funzione di passate condizioni di riparto dei fondi europei su scala regionale.

Nell’attuale PSR, un meccanismo di convergenza (livellamento) del valore dei titoli, ha parzialmente colmato questo “gap”. In un Trentino dove tradizionalmente il valore medio era sotto soglia rispetto al resto della nazione, nella vigente PAC, c’è stato un forte miglioramento del valore complessivo dei cd. Pagamenti Diretti

Anche nella nuova PAC, pare si proseguirà con meccanismi di pagamento senz’ombra di dubbio più equi. 

Ma di quanto filtri da Bruxelles, la politica locale parla poco. Ci informa Dorfmann, il nostro Parlamentare. Per sapere quali prospettive abbiano gli attuali possessori di titoli, riguardo alla nuova PAC, al Consiglio non resta che apprenderlo attraverso interrogazioni. Siamo davvero preoccupati.

Verrà mantenuta l’attuale consistenza finanziaria dei contributi europei dentro all’ammontare complessivo della Domanda Unica di ciascun allevatore?

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QUALE, LA VISIONE DELLA POLITICA, PER LA ZOOTECNIA DEL 2030? (parte II)

Da Michele Dallapiccola 28 Novembre 2020

Da qualche anno, politica, accademia, ed appassionati ed esperti a vario titolo, si stanno interrogando se per la zootecnia trentina siano possibili radicali cambi di rotta. O quantomeno strade alternative parallele.

Probabilmente è tardi. Operare in maniera radicale non è più possibile. Insistere, almeno come a parole sta facendo l’attuale governo provinciale, porta alla certezza di risultati frustranti. Di sicuro per la politica.

Durante il precedente mandato, consapevoli di questo stato di cose, nelle regole della PAC (che è ancora in corso), avevamo cercato di cambiare poco. Avevamo intuito la necessita di salvaguardare l’esistente, lasciando il più invariato possibile il sostegno alle aziende, indipendentemente dalla loro dimensione.

Come elemento di novità, avevamo aumentato gli incentivi alle aziende medio-piccole. Ovviamente in proporzione al numero dei capi.

Perché questa doppia attenzione? Perché ogni singola azienda zootecnica, grande o piccola che sia è custode in quota parte dei nostri prati e dunque dell’aspetto del nostro Trentino.

L’allevamento bovino in montagna. Qualcosa che va oltre la semplice produzione del latte.

E’ legato a questo, il paesaggio trentino. Quello che offriamo a 6 milioni di turisti all’anno (Covid permettendo). E’ in mano a pochissime famiglie pure in diminuzione.

Le aziende zootecniche full time gestite da professionisti, ormai sono rimaste alcune centinaia. E su queste circa 800 aziende l’età media, obiettivamente, è molto elevata.

Quante ne rimarranno tra 10 anni?

A chi lavora con le vacche, che prospettive diamo? A sud del Trentino i modelli sono a dir poco terrificanti. Pensate ad esempio, che in Lombardia si sta pensando a un impianto di polverizzazione del latte come elemento strategico per salvaguardare il latte di pianura. Del resto si tratta di un prodotto ormai relegato a “commodities” (facilmente sostituibile con un’altor simile) in competizione con un’Europa sempre più ampia e sempre più competitiva.(sigh!)

Alcune idee per la zootecnia di domani

Proviamo a pensare alle stalle trentine tra 10 o 20 anni, a logiche di mercato più ampie. Ad esempio, per la zootecnia, sarà ancora un traino importante come è ad esempio il Trentingrana? (per quanto blasonato e con numero di forme producibili contingentato) La domanda è retorica. Piuttosto:

  • Andrebbero implementati i sostegni all’aumento di tecnologia e l’innovazione, specie per i caseifici sociali. Serve ricerca di prodotti nuovi e valorizzazione attraverso opportune azioni di marketing di quelli più maturi: i prodotti della tradizione.. 
  • Andrebbero sostenute maggiormente le attività di diversificazione come non siamo riusciti a fare in maniera completa durante questa programmazione. Vendita diretta o Agriturismo. Nei numeri, negli ultimi dieci anni in Trentino, è raddoppiato. Bene. Ha raggiunto ottimi risultati superando quota 500. Bene. In Alto Adige ormai sono prossimi alla  quota 4000! Tanto per dire.
  • Coraggio, direi, prendendo atto che allo stato dell’arte della zootecnia trentina e alle aziende che già esistono, grandi o piccole quali esse siano, non va torto un capello! Stanno tenendo in piedi il Trentino aggrappate con le unghie al proprio futuro. Piuttosto, si deve lavorare di qui in poi, organizzando nuove modalità di finanziamento dell’insediamento di aziende innovative che procedano in parallelo seguendo anche modelli diversi.
  • Perseguire la tecnologia, l’innovazione anche nella bovinicoltura. Effettivamente, profili metabolici, tori genomici, seme sessato, stabulazione libera, unifeed, analisi dei foraggi e podologica, robot di mungitura fanno miracoli. Pannelli fotovoltaici e biogas per diversificare e rendere le aziende più sostenibili, possono essere un gran passo. Ma non basta. 
  • Assistenza economico finanziaria, consulenza giuridica, sostegno anche commerciale. I patronati, i Sindacati agricoli, gli uffici periferici della PAT fanno un ottimo lavoro ma ci sono ancora stalle che fanno fatica ad andare avanti o peggio falliscono. Non è ammissibile!
  • Permettere anche ad un’azienda di piccole dimensioni di avere del personale dipendente a disposizione sarebbe il vero salto in avanti. Insostenibile dal punto di vista finanziario proprio della stalla, andrebbe invece sostenuto con una specifica autorizzazione. Nel regolamento di attuazione della nuova PAC andrebbe inserito che almeno nelle zone di montagna si possano prevedere aiuti concreti per finanziare chi assume personale. Un collaboratore aziendale a costi pressoché azzerati permetterebbe ai nostri giovani allevatori di costruire modelli di vita nuovi. In questo modo, anche le piccole aziende potrebbero essere messe in grado di auto sostentarsi. Potrebbero avvicinarsi a modelli sociali e di vita più consoni all’attualità, formandosi una famiglia con del tempo a disposizione. Anche solo per potersi ammalare. E guarire come si deve.

Difficile provare anche solo a immaginare cosa significhi vivere con le vacche. Affascinante. Certo, ma diverso: una vita speciale che va capita e valorizzata. Anche con aiuti e regole fatti da chi ne abbia idea e contezza. Purtroppo, in politica, questo non avviene praticamente mai.

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UN OSSERVATORIO ZOOTECNICO PROVINCIALE. A COSA MAI PUÒ SERVIRE? (PRIMA PARTE)

Da Michele Dallapiccola 27 Novembre 2020

L’attualità della zootecnia trentina. 

Prezzo del latte, direttive sullo spandimento liquami e relative autorizzazioni allo scarico di azoto in ambiente, una sempre più severa, quanto giustissima, tutela del benessere animale, atavica carenza di prato e di pascoli. Sono queste le principali “Spade di Damocle” del Sistema Zootecnico trentino.

Eppure, specie dal secondo dopoguerra, sono state attuate pesanti politiche di sostegno del comparto. Nonostante tutto, sono le aziende più strutturate ad essere sopravvissute, specie rispetto a quelle piccole. 

Perchè questo risultato? Perchè alla fine, le dinamiche ha dimostrato di saperle governare più il mercato che i tentativi della politica. E ancor meno di “Via delle Bettine”. Che tanto più frustrata ne uscirà, quanto meno vorrà prendere atto che vi sono dei fenomeni che difficilmente si possono governare con regole e imposizioni. Intanto, la dimensione media dell’azienda in Trentino rimane – ahinoi – ancora saldamente governata dal prezzo del latte e da un altro più determinante fattore: il modello sociale di vita che attende l’imprenditore che decide di avventurarsi in bovinicoltura.

Anche ai giorni nostri, come un tempo, allevare bestiame richiede una dedizione in termini di impegno che nessun altro lavoro in assoluto richiede. 365 giorni all’anno 7 su 7, 24h su 24h. Questa è la realtà di chi ha vacche in stalla. 

Guardare il futuro partendo dal presente.

Partiamo dalla foto di ciò che siamo comparandola a ciò che vorremmo diventare. Non fa piacere allontanarsi da questa rappresentazione immaginaria e osservare la zootecnia trentina un po’ più da lontano. Si finirebbe per accorgersi che molti allevatori trentini si sono dovuti omologare al modello di stalla di pianura. Comprensibilmente. Io li capisco, e confermo che sono più che giustificati dalle condizioni di contesto. Se poi ci confrontiamo col vicino Alto Adige il rapporto è ancor più impietoso. Con centomila animali, lassù. Un patrimonio bovino praticamente doppio rispetto al nostro. Ma a spaventare è la differenza tra il numero delle Partite Iva che lo gestiscono: 10 volte maggiore rispetto al nostro.

Ma perché, allora, in Trentino le stalle negli anni son diventare sempre meno e sempre  più grandi?

Lo hanno dovuto fare per non soccombere, per poter competere col mercato. E ha contribuito anche qualche casualità. La più felice? Senz’altro la geniale intuizione ante-litteram che nel dopoguerra portò qualcuno ad emanciparsi dal sottosviluppo del proprio passato. Di lì, la Val di Non ed a macchia d’olio l’intero Trentino, sarebbero state convertite alla produzione di un formaggio di pianura per antonomasia. Ciò che oggi è il Trentingrana. Da allora è un vero e proprio bene rifugio dei bilanci dei nostri caseifici. E’ una Sotto-Dop del Grana Padano, prodotto con cura maniacale e regole più stringenti rispetto al presidio agroalimentare al quale appartiene. Per quanto tempo ancora il suo immenso valore, proteggerà caseifici, stalle e relativi bilanci?

Per fortuna Caseifici sociali, privati e singole aziende macinano diversificazione, qualità e quantità. Dal latte alimentare ai prodotti tipici e tradizionali. E’ qui che urge sostegno pubblico. Saranno fondamentali le azioni di marketing e aiuti aggiuntivi, specie dei contributi settoriali.

27 Novembre 2020 0 Commenti
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STADIO OLIMPICO DEL GHIACCIO: NESSUN DUBBIO CHE SIA UN’OPERA STRATEGICA.

Da Michele Dallapiccola 26 Novembre 2020

L’aspirazione di veder realizzata sul proprio territorio, una struttura così importante, è pienamente condivisibile.

E’ legittimo riconoscerla proprio all’Altipiano di Pinè perchè tradizionalmente, qui si mescolano al ghiaccio, sport, volontariato, passione, impegno. 

E interessi personali. 

Non è certo un mistero che ci siano persone che da quell’ambito ricavino importanti incarichi istituzionali correlati da lauti stipendi. Del resto, sono i più convinti sponsor dell’interessantissima opera. E non sono soli. Sul sì all’impianto, sulla sua strenua difesa, interi movimenti politici hanno collettato sostegno anche da parte di persone incolpevoli perché disinteressate.

NB: è utile precisare che le ipotesi progettuali sono due, una sotto i 20 milioni€ (senza copertura) ed una di quasi 50 milioni€ (con copertura). Di quale stiamo parlando? Con quali costi di gestione? Fino ad ora, non è stata diffusa nessuna cifra, nessuna comparazione tra le due opzioni.

Insomma, siamo ridotti a tifare per il sì o il no allo stadio senza mai entrare nel come e nel perché. Partendo a mio avviso, almeno da QUATTRO filoni di pensiero e di approccio.

1: pensiero per la Comunità locale. 

Pinè porta i segni pesanti di una politica turistica del passato che si è rivelata sbagliata. Seconde case, poche imprese, interventi di riqualificazione partiti solo negli ultimi anni, dei cui effetti appena si intravedono gli albori. Anche grazie agli investimenti ambientali fatti negli ultimi anni si è ricominciato dar nuova fiducia al settore. E ora è giustissimo che aneli ad avere un’ancora di salvezza, un totem al quale rivolgersi.

Ma intanto Pinè ha il diritto ed il dovere di chiedere ANCHE altro, MOLTO altro.

2: approccio tribale. 

Il totem appunto. Fazioni politiche basate su persone ad ideologia politica a dir poco inamovibile, hanno afflitto i pensieri di molti cittadini pinetani. Con questa logica si strumentalizzano parole e si perseguono i gruppi di potere. Quelli che hanno in mano il portafoglio insomma.

3: approccio con strumentalizzazione politica. 

Come è capitato ad una parte di UPT a riferimento locale. Partito tradizionalmente alleato con la sinistra, pur di provare a salvare il proprio agonico consenso, non ha disdegnato di cambiare sponda gettandosi nelle braccia dei seguaci di salvini. Tradendo i propri ex alleati come è stato in Provincia o barcamenandosi tra parole e negazioni come qualche suo rappresentante locale. Un Consigliere Provinciale ha persino travisato la risposta. Per provare a rinforzare una sua semplicissima opinione ha utilizzato i dati di fruizione dello Stadio e non del Grande Anello del quale stiamo parlando

Per quanto mi riguarda, non ho letto una risposta sui media, dico una, che dimostri che chi ha criticato il PATT, si sia preso la briga di leggere cosa abbiamo scritto. Tutti, hanno risposto con un’interpretazione di quanto dedotto da ciò che comprendevano dal titolo. Poco importa ormai. A noi interessa il quarto filone di pensiero.

4: pensiero economico ragionato.

Prospetti di gestione, pregi e difetti delle strutture con e senza copertura, business plan, interessi privati eventualmente suscettibili! Di questo vogliamo sentir parlare.

Noi del PATT siamo qui, in questo quarto ambito. Chiediamo che non siano motivi reconditi a governare le scelte. Che la ricerca di voti di oggi, non crei ecomostri domani; che l’approccio tecnico-economico sia serio. 

Chiediamo semplicemente chiarezza di dati e di conti.

Questo è scritto nel nostro ordine del giorno approvato dall’intero consiglio provinciale. E l’interrogazione dell’altro giorno chiede semplicemente che fine ha fatto (lo specifico per chi non l’ha letta).

Innanzitutto per le società sportive che vi operano. Per i ragazzi che vi crescono e per le imprese locali. Ma soprattutto per l’intera Comunità, affinché non si faccia trascinare nelle scelte dal tifo tribale. A lasciarsi gli spazi anche per altre forme di sviluppo economico. Con o senza stadio.

Intanto: che la Provincia garantisca alla comunità tutto quello che sta aspettando e del quale ha bisogno! Poi se si deciderà tutti insieme, che Pinè è miglior luogo dove fare lo Stadio, sarà giusto farlo lì. Con spese attuali e future a carico dell’intera Provincia o meglio ancora, a carico dello Stato. Se di Opera olimpionica si tratta, a uso nazionale, non dovrebbe corrispondere finanziamento nazionale? Parliamo di una comunità che ha sì il diritto di avere lo stadio, ma anche di aspirare a sviluppi futuri alternativi.

Sarebbe un peccato che ogni speranza finisse congelata nel “freezer”. Grande. Ovale.

26 Novembre 2020 0 Commenti
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SCI & TAMPONI: STRANO BINOMIO

Da Michele Dallapiccola 23 Novembre 2020

Ogni scelta politico-amministrativa, fin dal suo insinuarsi nella mente della persona che ha la responsabilità di produrla, attinge al suo bagaglio di conoscenze e di relazioni. 

Occupa il dibattito pubblico di queste ore l’argomento relativo all’eventuale apertura degli impianti sciistici. 

Per non sottrarmi al dovere al quale sono chiamato, sento il bisogno di formulare un pensiero in merito anch’io. Sono partito pensando alle persone che lavorano nel settore e ho proseguito ricordandomi di chi vive dell’indotto. Mi sono messo nei panni dei commercianti, anche delle città. Mi sono concentrato sopra tutto e sopra tutti su chi lavora in sanità e peggio ancora chi ha perso degli affetti. 

Infine, con grande tristezza, ho assistito ad una conferenza stampa.

Diceva più o meno così: “Ghe l’avem fata”, “avem tirà ‘na riga”. Dietro alla schiena teneva appeso persino un crocefisso!

Gongolava, nel video dell’altra sera ripetendo il numero “quattromilaerotti” alcune volte. Era quello dei tamponi, mentre 12 persone – ripeto io – dodici persone stavano contattando il parroco del proprio paese per organizzare il funerale di un proprio caro!

Chi lavora, chi soffre, chi vive bene, chi meno bene: tutti abbiamo bisogno di poter affrontare la quotidianità con realismo e con serietà.

Non sotterfugi. Nessuno ha chiesto di gestire i dati della sanità per poi gioire su Facebook di aver imbrogliato il governo. Piuttosto, abbiamo guardato con ammirazione chi si è preso la responsabilità di effettuare un’azione innovativa.

L’Alto Adige ha testato tutta la popolazione! Non fermerà il virus, certo. Ma quanto a trasparenza serietà e completezza di azioni messe in campo ha dato prova di un’autorevolezza ineguagliabile.

Nel solco della conoscenza. 

Quello stesso solco dove è errato da parte di chiunque esortare ad aprire o a chiudere gli impianti. Specie se non si possiedono i dati, come nel mio caso e di molti altri, non è possibile ricondurre questo indirizzo ad un’opinione. E’ pure peggio, come è occorso a questo esecutivo, lanciare intenti in anticipazione a mezzo stampa. A scopo propagandistico-elettorale?

Non sconfiggeremo certo il Covid chiudendo gli impianti. Ma pure aprire, dal punto di vista sanitario, è pericoloso. Non ci piove. Avremmo nuove occasioni di contagio che diversamente non ci sarebbero. E compensare il danno economico con una parziale apertura è fin troppo semplicistico da affermare. Ma è quasi inevitabile per far sì che l’economia scorra ed aiuti se stessa. Pensare che il settore basi la sua salvezza economica integralmente su ristori pubblici è impraticabile. Avrebbe una portata economica insostenibile di nostri bilanci provinciali. 

Che fare dunque?

Qualunque sia la decisione è fondamentale che il Trentino non si isoli. Ci rendiamo conto quanto male abbia fatto il distacco politico dall’Alto Adige anche di questi mesi? Quanta forza avrebbero avuto i due esecutivi uniti nel dialogare con l’intero arco alpino? E con questo poi con Roma. E alla fine così è stato, ma ci siamo stati trascinanti e non protagonisti.

Finalmente la Conferenza Stato-Regioni sta affrontando il problema in ottica sovra territoriale. Sarà un lungo braccio di ferro con le strutture tecniche del Governo, come è giusto che sia. Senza vane promesse, spot od opinioni non richieste.

23 Novembre 2020 0 Commenti
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