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Casa Autonomia.eu. Un movimento (anche) digitale.

Da Michele Dallapiccola 16 Novembre 2022

Quanto sia comodo girare il mondo usando semplicemente i pollici sullo smartphone, lo sappiamo bene tutti. E la politica non può ignorarlo. Certo non c’è nulla che superi, la cordialità di uno sguardo e il calore di una stretta di mano ma qualche passare da pc o telefonino per risolvere le questioni fa proprio comodo. Informazioni, indirizzi, contatti e conversazioni, tutto viaggia con estrema comodità e velocità. 

E così anche il Movimento CasaAtuonomia.eu, nei giorni del suo debutto, non poteva mancare di presentarsi con tutti i portali digitali del caso già aperti. 

Sito del movimento (e dei Consiglieri Provinciali), email dedicata, per info e richiesta di iscrizioni e attività social. Casaautonomia.eu è su Facebook, in una Communty dedicata e ha un suo profilo Instagram. Partiamo con tanto entusiasmo, quello delle idee e della coerenza di una precisa direzione politica. La costruzione di un’alternativa all’attuale governo provinciale.

CasaAutonomia.eu: un’associazione civica.

Il Movimento è volutamente nato in forma di associazione. L’adesione è protetta dal rispetto dei dati sulla privacy e non è impegnativa in alcun modo. Rinforza il gruppo e permette di raggiungere informazioni di prima mano. Permette inoltre di far giungere la propria voce direttamente in Consiglio Provinciale o nelle amministrazioni dei Comuni trentini.

Iscriversi al Movimento è facile, i contatti ci sono tutti, a piè pagina dei siti www.micheledallapiccola.it e www.paolademagri.it o contattandoci semplicemente alla email movimento@casaautonomia.eu.

Oltre che nell’attività on-line dei due Consiglieri Provinciali, troverete le novità del movimento sul sito Casaautonomia.eu o sulla Community Facebook o su questa pagina Instagram.

Vi aspettiamo.

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Bonifiche del bosco post Vaia. Non può esser successo tutto invano.

Da Michele Dallapiccola 15 Novembre 2022

Uno dei tanti esempi per raccontare il senso di un argomento sul quale abbiamo insistito molto in questi anni è rappresentato dalle foto qui sotto. 

La Malga Cambrocoi vista da Palù ne è la più plastica rappresentazione. 

L’estensione del campiglio pre nubifragio è rappresentata dall’area dal contorno verde. 

Nella seconda foto, la linea in rosso mostra la zona interessata dalla distruzione. Dove, va riconosciuto, è stata fatta una bella pulizia.

Come vedete la differenza tra le due aree è enorme. E l’area rossa qualora adibita a prato potrebbe ospitare il triplo degli animali (e dei contributi europei).

Perché insistere sul recupero.

La Malga è tradizione è cultura ma soprattutto economia. Come possiamo dunque, pensare di salvare la zootecnia non partendo dai prati. 

Ecco, rivedere l’estensione di un campiglio, già ampliato dalla devastazione è un’occasione che non si può mancare. Accompagnata dalla cura dell’uomo, una sua diversa valorizzazione potrebbe rappresentare un passo straordinario. Specialmente adesso che la politica agricola comunitaria integrerà i premi a superficie in misura inferiore rispetto al passato.

Abbiamo scritto fiumi di comunicati e atti politici in questa direzione. Sempre ignorati da questo governo provinciale.

Sono stati pochissimi i casi di bonifica effettuati con gli aiuti o direttamente dall’Ente pubblico. E ora il timore che rimangano tali è tristemente sempre più confermato dall’avvicinarsi della fine della legislatura.

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L’identità di una terra compresa dal linguaggio che parlano i suoi edifici storici.

Da Michele Dallapiccola 14 Novembre 2022

Che la Val dei Mocheni sia un luogo di notevole spessore storico culturale è un dato di fatto. Per secoli sottovalutato o quanto meno poco compreso. Quell’isola (anche) linguistica è stata e continua ad essere un valore perché ha innanzitutto preservato ciò che era. Così in una gita domenicale mi son perso ad osservare dei particolari quasi ordinari per il camminatore distratto quale son io normalmente. E scattando qualche foto, ho avvertito il bisogno di elaborare la considerazione qui a seguire, mi si perdoni, in maniera forse fin troppo semplicistica.

Sono partito dall’osservazione dei declivi abbandonati che risalgono al Sette Selle. Scorci per lungo tempo intonsi scossi soltanto dal recente flagello di Vaia. Eppure han visto scorrere così dei secoli. Infischiandosene per lungo tempo di contaminazioni e incroci di culture. Fatti che viaggiano su molteplici canali compreso ad esempio quello dell’architettura e dell’arte delle costruzioni. E più si sale di quota meno queste contaminazioni hanno preso piede proprio  perché le zone più impervie sono state abbandonate per prime lasciando spesso certo ruderi o edifici abbandonati ma non per questo poco interessanti o pregni di valore dal punto di vista culturale e antropologico.

Nella tipologia costruttiva un minimo comun denominatore

E’ una condizione, questa, abbastanza comune a tutto l’arco alpino pur con fortissimi accenti stilistici locali. E così le case da mont, i tabià, le tiede, le téde, i barchi, trovano gli stessi stilemi in valli (a passo d’uomo) anche piuttosto distanti tra loro. Sono il sale di una cultura che fu, il sapore di un territorio un tempo molto più abitato di oggi. Quell’abbandono del loro uso agricolo oggi si recupera anno dopo anno a scopo turistico o abitativo stagionale. Un nuovo turismo o, in piccola parte, un nuovo modo di vivere la montagna. Purché sia tutto all’insegna della sostenibilità. 

Ci tenevo a fare questo umile e forse anche ridicolo piccolo ragionamento per raccontare il Trentino che ci piace. Quello che la politica deve preservare con dentro ciò che la politica deve preservare. Un giro di parole spero più efficace che chiaro per definire un punto programmatico di ogni schieramento politico che si rispetti. Regole facili, semplici e di immediata applicabilità per chi vuole preservare questa forma di cultura prima ancora che di architettura e assetto urbanistico. 

14 Novembre 2022 0 Commenti
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Aiuti per uscire dalla crisi? La ricetta della PAT è di altri 330 milioni di debito. Sulla schiena delle imprese.

Da Michele Dallapiccola 13 Novembre 2022

Letta così sembra una boutade populista tipica di un consigliere di minoranza. 

In realtà non è altro che la traduzione di un normalissimo comunicato stampa della Pat che in queste ore, con una discreta enfasi, ha presentato anche la carta stampata. Lo ha fatto un quotidiano in particolare, a fortissima trazione delle categorie economiche che lo hanno attivato. Forse per questo ne dà un risalto pirotecnico. Del resto lo fa parlando del loro assessore di riferimento, quello al quale queste stesse categorie rivolgono indirizzi su come e su dove attivare linee politiche di aiuto economico alle imprese loro associate (quando non ai diretti interessati). Qualcuno lo chiama volgarmente clientelismo. Con buona pace di chi si aspettava dalla Lega qualcosa di diverso, io lo vedo più come una inevitabile condizione nella quale incappa chi governa. Delle scelte dovrà pur farle, certo accettando le inevitabili conseguenze.

Una precisazione dovuta. 

Il provvedimento adottato dalla Giunta provinciale la scorsa settimana, presenta un paio di pessimi difetti. Intanto, il sostegno è di entità minima. E poi, impone alle imprese un nuovo accesso al credito. Insomma, cinque milioni all’anno a fronte di una crisi così pesante non sono poi una cifra tale da far “ribaltare” il PIL.  Infine, a sorprendere è proprio l’enfasi con la quale viene presentato uno strumento che dovrebbe aiutare le imprese in difficoltà. Insomma, di chi ha davvero grossi problemi, riuscirà a salvarne ben pochi. Questo provvedimento ribalterà infatti sull’asse imprenditore/banca tutta la responsabilità di risolvere quel brutto groviglio di problemi di incaglio finanziario provocati dalla crisi. E intanto chi è davvero in difficoltà potrà assai difficilmente pensare di riuscire ad accedere a nuovo debito, soprattutto se si trova in una precaria condizione di bilancio.

Del resto nemmeno gli istituti bancari seri possono e soprattutto non devono alimentare squilibri che risulterebbero irrisolvibili. Soprattutto nell’interesse e per la tutela del potenziale cliente. 

Così il provvedimento PAT, finirà per aiutare chi, in fondo, ne aveva meno bisogno di altri.

Per correttezza, un’ultima considerazione.

Il limite dell’operatività della Provincia va riconosciuto È un po’ incastrato tra le norme europee sugli aiuti di Stato e quello che vale davvero la pena fare. Soprattutto tenendo conto che l’aiuto a fondo perduto, da queste norme, è un atto ormai vietatissimo. 

Giunti a questo punto dovremmo cominciare a considerare che la mortalità di qualche azienda sarà un fatto tristemente inevitabile. Forse pensare a strumenti di tipo sociale, di ricollocazione per dare ancora davvero una mano concreta più a trovare pace  e lavoro a chi non ce l’ha fatta.

13 Novembre 2022 0 Commenti
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Qual è il numero giusto di liste per le provinciali del 2023?

Da Michele Dallapiccola 13 Novembre 2022

La notizia girava da tempo. L’assessore tecnico esterno, incaricato dalla lega di gestire i rapporti con industria ed economia, sta organizzando una propria lista. È sulla stampa di oggi con tutta la mia comprensione. 

Il tecnico roveretano, ha evidentemente preso atto che fare politica non è un mero incarico. A tutti gli effetti, è una passione oltre che una professione. Farla per lungo tempo però comporta difficoltà di non poco conto. Stanno nel meccanismo stesso che ti colloca nell’incarico e che almeno nel primo insediamento la persona in parola ha saltato a piè pari. Al suo predecessore assessore tecnico esterno, le cose nel 18 non andarono tanto bene, sbagliò più di una mossa, come fecero tutti i suoi colleghi di coalizione. Consegnando di fatto il Trentino a Salvini che ai tempi, mediaticamente, spopolava un po’ in tutta Italia. 

Ora quel ruolo lo interpreta la Meloni e suoi seguaci locali stanno già scalpitando. Per questo la Lega incentiva i suoi alleati più fedeli a consolidarsi il più possibile. Per questo agli autonomisti sta facendo “ponti d’oro”.

“Più si è più si vince”, recitava un riuscitissimo claim pubblicitario di qualche anno fa.

Per questo non sta certo a guardare alla finestra l’Alleanza democratica per l’Autonomia. Il vecchio caro centrosinistra insomma che ha già fatto segnare due bei gol in contropiede eleggendo Pietro Patton e Sara Ferrari in parlamento e mancando per un soffio l’elezione di Donatella Conzatti. 

Perché allora questo gruppo eterogeneo ma molto più determinato di 5 anni fa, dovrebbe esser da meno? Il richiamo al maggior numero di gruppi che lo compongono potrebbe essere la chiave di volta per carpire un consenso piuttosto articolato.

Le sensibilità politiche viaggiano sulle corde che le persone sanno toccare. E ci sta che si formino gruppi macro o micro in base a simpatia e stima reciproca. 

La questione centrale di questo breve pensiero. 

Quante liste ci saranno a destra, ci interessa poco. Anche se oggi, pare siano una decina i soggetti interessati a farne una a sostegno della coalizione (più si è più si vince, ricordate?)

In “zona democratici”, il problema non si pone, il diritto di scelta è sempre stato un caposaldo. 

Allora si eserciti serenamente questa pluralità! Vale tanto. E se per caso vi fosse difficile da capire o antipatico da pensare, immaginatevi il paradosso estremo in cui, per fantascienza, ci svegliassimo con una legge a causa della quale i partiti possono essere soltanto due: destra e sinistra! 

Suvvia, siamo italiani, (pensate a quanti tipi di caffè ordiniamo al bar) quanto sopporteremmo questa imposizione? E dunque eliminato il duopolio partitico, chiedo a voi, qual’è il numero giusto di liste per una elezione provinciale? 

Non serve rispondere per fortuna. A questa domanda risponde la capacità di queste liste di collaborare e accomunarsi nel segno dei valori e della coerenza del raggruppamento. Quelli sono imprescindibili e delimitano il perimetro della coalizione. 

Poi, c’è chi di questi valori non tiene conto. Va sul pratico. Parla di programmi e operatività. Come se bastasse quello. Ma ciascuno di noi pensi ad una richiesta di una commessa ad un artigiano. Per quanto precisa fosse la richiesta, siamo davvero sicuri che il risultato sarebbe lo stesso indipendente dal professionista individuato per la committenza? Ecco io non sono uno di quelli che “un artigiano vale l’altro”, Come del resto destra o sinistra in politica, non sono la stessa cosa. 

13 Novembre 2022 0 Commenti
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Giunta provinciale e Governo Meloni. Disastroso tandem di politica extraterritoriale. 

Da Michele Dallapiccola 11 Novembre 2022

Le bucce di banana sono due e ci sono scivolati sopra il governo nazionale e quello provinciale in questi giorni. Del resto non c’è da stupirsi, la matrice politica è la stessa. La destra sovranista, quella nazionale e serpeggiante tale, quella locale. 

I fatti riguardano due recentissimi episodi di cronaca politica proporzionalmente diversi per dimensione e portata.

Quelli di livello nazionale sono noti. La Francia ha accusato l’Italia di non aver rispettato gli accordi internazionali in materia di accoglienza dei migranti, per i quali riceve dei fondi europei. Accoglierà dunque persone in pericolo la cui collocazione spetterebbe all’Italia ma la ostacolerà, su tutta l’altra parete di linea politica di gestione dei melograni. Su numeri impressionanti. E altre ritorsioni francesi si stagliano nell’immediato futuro. I francesi, ad esempio, forniscono energia all’Italia e, fino a poche settimane fa, hanno giocato di sponda con Roma nella partita della revisione del Patto di stabilità. Senza dimenticare quel nuovo debito comune Ue che Meloni sogna e Berlino nega: senza Macron, l’obiettivo è fallito in partenza.

La guerriglia oltreconfine dei trentini

In Trentino la guerra esterna ai confini provinciali si gioca a suon di boutade giornalistiche. Eh si perché la giunta sembra quasi essersi accorta soltanto adesso, a quattro anni dall’insediamento, che il Trentino investe fondi anche oltre i propri confini. E’ obbligato da una norma contratta in accordo con lo Stato, qualche anno fa. E chi allora governava avrà pur sempre provato a trattare e ragionare con chi ab origine chiedeva questo tipo di gabella. Poi però di necessità in virtù, i trentini hanno aguzzato l’ingegno. E così hanno fatto in modo che le opere di confine potessero tornare utili anche al Trentino stesso. 

Capisco il rammarico dei più nel vedere un ciclabile realizzata a Limone, ma i turisti la utilizzano per muoversi verso dove se non il nord dove è rivolta? Se la prendano piuttosto con chi non procede alacremente nel realizzare il resto del percorso. 

Ma poi ci sono impianti a fune, che servono caroselli sciistici adagiati anche sui versanti trentini. E anche quelli beneficiano dell’investimento complessivo. 

Pensiamo ad esempio alla galleria della Pala Rossa sulla statale del Rolle in prossimità di Ponte Serra? Opera interamente progettata su territorio veneto, a chi serve davvero quasi integralmente se noi al trentinissimo Primiero Vanoi?  

Per non parlare della strada della Valsabbia, a servizio di locali e turisti italiani che salgono per le vacanze in Trentino.

Ad impressionare però un fatto su tutti. Mettiamoci nei panni dei veneti. Da un lato contestiamo le nostre spese per le opere sui fondi di confine dall’altra chiediamo loro l’impegno economico di realizzare, tutta a  spese non trentine la famosa quanto chimerica Valdastico.

Perchè forse secondo la destra, la soluzione dei problemi che affliggono anche i territori confinanti si risolve coi vantaggi che vanno in un’unica direzione?

Povero Trentino a far come l’Italia, rimarrà sempre più solo e sempre più isolato?

11 Novembre 2022 0 Commenti
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L’Italia (e inevitabilmente il Trentino) dei giovani nella dura forza dei numeri.

Da Michele Dallapiccola 10 Novembre 2022

Mi piace leggere le ricerche sociologiche attraverso i dati ci danno una mano a capire meglio il nostro tempo. Presentato da poco, uno studio da parte del consiglio nazionale Giovani in collaborazione con l’associazione Nazionale giovani e soprattutto il Censis ci apre scenari piuttosto interessanti.

A QUESTO LINK IL REPORT COMPLETO

In vero vi confido che a parlare di giovani mi sento un po’ in imbarazzo, da ex giovane quale mi sento e sono. In fondo un po li invidio un po’ li ammiro i ragazzi intorno a me. Rappresentano la parte più vitale, acculturata, innovativa della società italiana. Eppure li vedo così invisibili e spenti, prigionieri di una narrazione collettiva che non li vede mai come protagonisti e lascia loro pochi spazi per immaginare un futuro migliore.

Giovani che contano troppo poco 

L’Italia è un Paese dove comanda una gerarchia di adulti e longevi che faticano a lasciare i posti di potere. Il 64,5% della popolazione pensa che ci siano troppi anziani nelle posizioni di potere. Si tratta di un’opinione che è trasversale alle diverse fasce di età, seppure sia maggiormente condivisa da giovanissimi (76,8% tra i 18- 24enni) e giovani-adulti (70,9% tra quelli che hanno tra i 25 e i 36 anni). Ha i maggiori sostenitori tra generazione Z e millennials che vivono nel Nord-est (81,7%), tra quelli laureati (76,9%) e tra gli studenti (83,2%). Beh, comincio a pensare che questa sia una considerazione inevitabile e che ad un certo punto il timer dentro a ciascuno di noi senior impone di far partire un impegno ad incentivare chi disilluso vive e vivrà dopo di noi. 

Lo si avverte quasi, il rancore verso una politica che non rappresenta il futuro. Nei numeri la trasposizione nella realtà di questo sentimento. 

 Il 69,0% dei giovani è convinto che in questo momento la politica non lo rappresenti, con quote che raggiungono il 74,7% tra quelli che risiedono nel Nord-est e il 77,3% tra i disoccupati. Il 22,8% (che sale al 24,0% tra i giovani-adulti) pensa che la prossima volta non si recherà alle urne a votare. 

Sono dati che trovano conferma nella bassa fiducia nei partiti politici (che hanno un voto medio di 3,9) e nella diminuzione della percentuale dei votanti. Riflettono lo scarso peso e valore sociale attribuito alle giovani generazioni. Sono aspetti che nessun programma politico, nessuna forza amministrativa oggi, può permettersi di ignorare.

10 Novembre 2022 0 Commenti
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Un nuovo Movimento politico, perché?

Da Michele Dallapiccola 9 Novembre 2022

Perché l’astensionismo non può essere una risposta alla politica che non piace. E a giudicare dalle persone che non vanno a votare si tratta di una reazione fin troppo diffusa. Come evidenziato dalle ultime elezioni, il Trentino si sta sempre più allineando con le forze politiche nazionali. L’elettorato si divide tra i due grandi blocchi di centrodestra e di centrosinistra, ma gran parte della popolazione non si sente rappresentata, tanto che oltre il 40% degli aventi diritto non si è presentato alle urne. 

Col nostro Movimento proporremo una nuova casa a chi non si riconosce nelle attuali forze politiche. Un’organizzazione pragmatica e fin da subito chiara su quali siano gli obiettivi, come raggiungerli e con chi farlo. 

Un Movimento che parte dai bisogni della popolazione, dalla necessità di riconoscersi in idee al momento assenti tra le forze politiche che governano la nostra Provincia. 

Un Movimento autonomista, popolare e democratico, fatto di persone, di ideali e di voglia di mettersi in gioco per creare un’alternativa alle attuali forze di governo provinciale.

Il gruppo è dunque partito, ha tanta voglia di autonomia e allo stesso tempo si riconosce nelle cause progressiste fondamentali di una società moderna ampia e variegata.

Un’unione di persone che hanno a cuore i bisogni del territorio, ma anche consapevoli di dover guardare oltre, verso l’Europa. Non perderemo tempo a rivangare il passato, ma ci apriamo piuttosto al futuro e a tutte le occasioni che questo ci riserva. E’ così che nasce Casa Autonomia.eu.

Già forte di 2 consiglieri provinciali, 10 amministratori sparsi sul territorio e oltre 60 soci fondatori, il Movimento si è riunito martedì, nella sua serata fondativa ufficiale. Felici di essere finalmente arrivati a questo momento, abbiamo creato una nuova organizzazione, un nuovo contenitore di idee all’interno del quale riconoscerci. Insieme abbiamo imboccato un nuovo sentiero: sappiamo dove ci porterà, ma non vediamo l’ora di farlo assieme a voi e a tutti coloro che si riconosceranno nei nostri ideali e nelle nostre proposte. Una cosa però è certa: non partiamo in svantaggio.

Grazie alla nostra presenza in Consiglio Provinciale e alla nostra esperienza, potremo già sederci al tavolo e discutere alla pari con altre forze politiche, oltre che portare in consiglio atti e interrogazioni sotto il simbolo del cerchio giallo che ci rappresenta. 

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Quanto traffico sulla SS 237: la strada del Caffaro che collega Brescia con Trento.

Da Michele Dallapiccola 8 Novembre 2022

La strada statale 237 del Caffaro, ora strada provinciale Bresciana 237 ex strada statale del Caffaro in Lombardia, è una strada provinciale italiana che interessa la provincia di Brescia e la provincia autonoma di Trento.

È un’arteria sempre molto trafficata. Per questo, per il Trentino rappresenta croce e delizia per gli abitanti del posto. Delizia la trovano gli operatori del settore con tutto il turismo che questa strada porta loro. Croce, lo è per tutti gli abitanti della zona. Lo sono gli utenti dell’arteria stradale e peggio ancora gli abitanti prospicienti.

Perché questo tratto stradale è interessato dal passaggio diagonale che dall’altra Bresciana, sale verso il Brennero. Così facendo infatti, il traffico su gomma evita il pedaggio dell’A22, percorrendo oltretutto qualche decina di km in meno. Il traffico ed in particolar modo quello pesante determina un alterazione dello scorrimento dei veicoli.

Mezzi che spesso incappano in scontri ed incidenti di varia gravità. L’ultimo nella foto di copertina, sui tornanti di Sarche proprio nella giornata di ieri, 8 novembre.

Per questo abbiamo voluto interrogare la giunta per chiedere:

  • che agli scriventi vengano forniti i dati di traffico medio quotidiano di questa arteria raffrontati a quelli delle ss12, ss45 e ss47.
  • Se non si ritenga importante mettere in campo iniziative atte a dissuadere il traffico pesante.
  • Se non ritenga utile introdurre, specialmente nei punti particolarmente critici proprio come i tornanti sopraccitati, un’innovativa apposita segnaletica che possa entrare automaticamente in azione laddove il transito riguardi un veicolo particolarmente ingombrante.
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Sci alla mano e previsioni meteo all’occhio. Ma quanto la dovremo sudare l’apertura delle piste quest’anno? 

Da Michele Dallapiccola 7 Novembre 2022

E di sudore ne parliamo sia in senso metaforico che in senso reale, viste le previsioni, sentito il caldo dei giorni scorsi..

Per noi amanti dello sci questo clima pazzo provoca una doppia tristezza. La prima è quella determinata dal senso etico di avvertire la responsabilità per un pianeta che si sta surriscaldando. Nessuno di noi è contento delle notizie, dei dati raccolti dagli scienziati che ci raccontano di uno stravolgimento planetario. Le conseguenze alle quali saremo sottoposti sono ancora del tutto imprevedibili. Ma in questo momento, l’argomento è così vasto che preferirei soprassedere. Perché sarei superficiale in maniera irriguardosa nei confronti della complessità di un argomento così grave. 

Questa piccola riflessione è giusto dunque che si focalizzi quantomeno senza eccessive velleità, sul livello locale. 

A risultare incerta non sarà certo la regolare apertura delle piste. Per quella, neanche quest’anno dovremo preoccuparci più del solito. Il freddo necessario e sufficiente arriverà sicuramente tra poco. E dunque le piste saranno innevate puntualmente come ogni anno. Non dobbiamo dimenticare che privati e Provincia hanno da sempre impegnato investimenti troppo ragguardevoli anche nel recente passato per farci temere il peggio che uno sciatore appassionato possa incontrare.

Anche quest’anno ci presenteremo dunque puntuali, al canonico appuntamento di fine novembre con l’apertura delle piste. Con qualche settimana di anticipo rispetto al classico festivo di Sant’Ambrogio meneghino. Ne sono sicuro.

Ma il punto è un altro. 

Penso che siamo tutti assolutamente d’accordo che l’economia di montagna specialmente in quota si basi sul turismo. Si badi bene, connesso alla zootecnia, all’allevamento e allo sfalcio e pascolo dei prati. E che questo non possa prescindere dalla promozione e dalla pratica dell’attività sulla neve. E’ questo dunque, un comparto integrante della nostra economia, ramo del settore industriale adattato alle nostre montagne. 

Però non si può neanche far finta di niente. Cioè non possiamo arrivare sguarniti di idee a date cardine per l’Unione Europea. Ci saranno momenti, ad esempio, dove saranno prese decisioni epocali. Pensiamo a quella dove a partire dal 2035 sarà impedita la commercializzazione di vetture a motore termico. La necessità di ridurre le emissioni inquinanti provocherà una conversione industriale di proporzioni continentali ma vista prima. 

Veniamo allora al livello provinciale e alle scelte da fare per il suo futuro prossimo e anteriore. Investimenti come quelli attesi dalla Panarotta e da Bolbeno, proporzionalmente al comparto al quale si riferiscono possono essere considerati di piccola entità. Al punto che crisi a parte, trattandosi essenziale di luoghi di avviamento allo sci, potrebbero venir sostenuti anche di più da parte di chi poi, quegli sciatori allevati nel vivaio, li fa divertire e ci guadagna sopra: i grandi caroselli. 

Ma accanto ai ragionamenti necessari per risolvere questo complesso problema amministrativo penso che sia altrettanto necessario avere un piano B. Un progetto dove sia rappresentato il Trentino e il suo rapporto con la neve di domani, al più presto possibile.  

Cosa diavolo inventarsi di alternativo per tenere in piedi un comparto industriale così ampio e articolato sulle nostre montagne è difficile da dire. Certo il Trentino con tutta la sua forza innovativa di ricerca, il suo comparto universitario, i suoi istituti prestigiosi, che tipo di risposta può dare è una domanda così complicata? 

Se al disagio popolare che gridava “non ci sono medici” questo governo Provinciale ritiene di aver risposto con l’Università di Medicina, forse dovrebbe cominciare a pianificare su che tipo di risposta dare a grido delle imprese di montagna che stanno gridando “e quando non ci sarà più neve”? 

Non è un problema nostro ma dei nostri figli sì. A qualcuno importa questa cosa? A noi sì.

7 Novembre 2022 0 Commenti
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Dopo un po' nella vita, ti accorgi che intorno
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