Michele Dallapiccola
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SUL TURISMO, LA PANDEMIA HA PICCHIATO DURO. La riforma del comparto potrebbe rincarare la dose.

Da Michele Dallapiccola 9 Aprile 2021

Sul turismo, la pandemia ha picchiato duro. E la riforma del comparto, potrebbe rincarare la dose quando, da qui ad un anno, dovesse entrare a pieno regime. La speranza è che possano entrare in scena alcuni correttivi. 

Si intravedono le prime noie.

I punti fermi già confermati si sono infatti presentati come colpi bassi che si potevano evitare. I nuovi assetti, costringono a nuovi equilibri. Nuovi consigli amministrazione, nuovi assetti amministrativi.

Alla ripartenza, queste “macchine da rodare” gestiranno i pochi finanziamenti rimasti. Al loro ritorno, agli ospiti, gli operatori dovranno comunicare l’aumento della tassa di soggiorno. 

C’era davvero bisogno di aumentare la tassa di soggiorno? 

Non bastava l’obbligo di rispettare la percentuale di finanziamento – pubblico/privato – indicata dalla direttiva Bolkestein, come problema da affrontare? Siamo assolutamente convinti che in questo frangente economico, a precisa richiesta la Comunità Europea non sarebbe stata disposta a concedere una deroga? Almeno a titolo transitorio esattamente come ha pur fatto per l’agricoltura provinciale con l’aumento del de minimis. Avrebbe aiutato a scollinare la crisi da pandemia. Invece ora, le varie Apt – attuali Ambiti – dovrebbero pedalare non poco per aumentare la raccolta privata. Uso il condizionale poiché di sicuro, troverebbero sbarrate le porte delle strutture ricettive, coi cassetti svuotati dalla crisi e con il morale a terra.

Le APT e l’incetta di fondi privati.

E se nessuno facesse nulla? Immaginiamoci che per reazione accada questo. Con la crisi che c’è, non sorprenderebbe una raccolta “zero”. La legge attuale afferma che la PAT finanzia il 49% di quanto raccolto cioè zero. Ecco che zero più zero potrebbe essere il nuovo bilancio di un’ipotetica APT? Ovviamente esagero con un iperbole retorica ma che a legge vigente invariata, potrebbe non discostarsi molto dalla realtà.

Fatta le legge trovato… l’ingegno

In realtà, i direttivi più ingegnosi hanno incominciato a far incetta di entrate aggiuntive cercando di assumersi l’onere di effettuare servizi e di ticketing. Dai musei, ai circoli sportivi, alle attività economiche da svolgere conto terzi. Condizione che genera un certo flusso di cassa in entrata come computo privato. Sembrerebbe un modo intelligente per bypassare e lenire il problema. Anche se ne crea uno ulteriore. 

Chi, nelle ex APT gestirà questo nuovo lavoro? 

Prendiamo il caso di una società che produce un enorme cash flow attraverso le sue biglietterie. Chi la distoglierà dal pretendere, a quel punto, che il personale che effettua il servizio ticket, non finisca in capo all’Apt? Io al posto loro lo farei perché ciò che raccolgo, versato nelle casse dell’APT, vale un ulteriore 51% di trasferimento provinciale.

Sarà un gioco che vale la candela?

Di sicuro sarà un “trucco” per impegnare personale? Il nuovo assetto finanziario imporrà alle APT di ridurre le spese correnti. Quale miglior modo se non quello di impegnare le proprie maestranze nella gestione di ticketing e servizi. Peccato che nulla c’entrano con la costruzione di prodotto turistico. Eppure assisteremo anche a questo, affliggendo con non pochi grattacapi direttori, consigli d’amministrazione e dipendenti. 

I benefici della riforma? Davvero per pochi

Prendete l’Alto Garda, ad esempio. Bilancio ante riforma: oltre 3 milioni€; post riforma (senza stratagemmi) forse un terzo?

Chiariamo.

A regime ante Covid, la Busa raccoglieva tassa di soggiorno per un valore di circa 2,5 milioni€. Pare, che l’aumento imposto dalla riforma Failoni obbligherà gli alto-gardesani a raccoglierne quattro! Andando sempre a memoria, mi pare di ricordare che in zona, la raccolta privata ante pandemia raggiungesse i 600mila€ circa. Senza le entrate di servizi aggiuntivi vari, questo porterebbe il bilancio dell’APT ad assestarsi su valori vicini al 30% del bilancio pre pandemia. Se poi si applicasse la legge come scritta ora, degli ipotetici quattro milioni raccolti, solo 400mila€ rimarrebbero all’ATA Alto Garda. I restati (3 milioni€?) li gestirebbe la Trentino Marketing? Non più guidata dalla politica, ma da un CDA di figure private. Per quanto rappresentative non elette ma di nomina partitica. 

In conclusione.

Prima della riforma le imprese turistiche gestivano in proprio la tassa di soggiorno attraverso l’APT. E ricevevano l’aggiunta di risorse provinciali. Ora, gran parte del raccolto della tassa che rimarrà a Trento (al netto di correttivi che ancora non è dato conoscere?) Inoltre, al fine di ottenere disponibilità finanziarie, le future APT dovranno occuparsi di tutto tranne che del loro compito originale. Biglietterie, raccolte iscrizioni prenotazioni di musei e ingressi a circoli sportivi vari.

La giunta aveva annunciato questa riforma come un rivoluzionario. Il risultato è sorprendente ed è andato oltre le aspettative.

9 Aprile 2021 0 Commenti
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Gelate e cambiamento climatico. Serve un cambio di approccio alla difesa?

Da Michele Dallapiccola 8 Aprile 2021

Politica, contadini e consumatori: il “Generale Inverno” ci mette tutti sullo stesso piano. Siamo già in primavera, ma dal lontano nord, egli lancia ancora strali attraverso i suoi venti gelidi. E noi, increduli, usciamo di casa con la giacca a vento.

Il dramma si consuma in campagna.

Sui media passano spaventose le immagini degli impianti ghiacciati dai sistemi antibrina. Sono le immagini suggestive dei pochi fortunati a possederli. Così come sono affascinanti le fiammelle accese tra i filari, mutuate da altri luoghi europei dove le bizze del tempo sono una costante. Ovunque il fatto comune, il danno vero. Che è subdolo. Non si vede e non si può comprendere se non lo si vive in prima persona. Ecco perché insieme alle intemperanze del clima vanno comprese le lamentazioni dei contadini.

L’assicurazione? Non basta più.

Va chiarito che si tratta di stati d’animo di persone che vogliono bene al proprio lavoro. Dunque non c’è niente di peggiore del veder sprecato sudore, fatica e ben di Dio, anche se nella maggior parte dei casi le produzioni sono assicurate. Il grande lavoro fatto negli anni, soprattutto dalle amministrazioni passate grazie alla collaborazione con i Sindacati Agricoli e con Codipra ha permesso di arrivare ad assicurare un valore complessivo che (credo di non sbagliare) va ben oltre i 350 milioni di euro. L’ultima PAC, ci ha visti più che raddoppiare nel tempo i 20 milioni€/anno ottenuti fino al 2013. Si tratta di un contributo europeo che serve per ridurre il peso economico delle polizze. E spostato su un canale finanziario maggiormente garantista delle quote assegnate. Ancor più lo ha fatto il Trentino organizzando parallelamente al sistema assicurativo anche quello che recupera un ristoro dei danni da un sistema mutualistico. E’ un grande vantaggio perché in prospettiva il Trentino potrà affiancare la propria capacità economica e gestionale alle trattative finanziarie con Stato e Bruxelles.

Se vuoi pace, preparati… al cambiamento climatico

E’ sempre più evidente che le bizze del tempo faranno parte del nostro quotidiano. Solo a mia personale memoria negli ultimi 10 anni fatti analoghi si sono verificati almeno 5 volte. L’ultima, più spaventosa, è quella del 2017. Probabilmente non andremo molto lontani per quantità di danni nemmeno quest’anno. Questo scritto raccoglie le preoccupazioni di molti. Me lo segnala pesantemente anche la mia Collega Paola Demagri, particolarmente coinvolta per questioni di cuore e territorio. Per questo con lei predisporremo degli atti politici all’uopo da sottoporre anche all’attenzione del nostro Partito.

Che cosa si può fare ancora

Ci rivolgeremo a chi oggi amministra la PAT. Non si deve dormire sugli allori dei risultati già in cassa. Non è sufficiente fare spallucce pensando che nel prossimo assestamento si potranno compensare molte cose. Potrebbe esserci bisogno di un intervento particolare per gli stagionali proprio come fu nel 2017. Se siete curiosi o volete rinfrescarvi la memoria su cosa fece la Provincia nel 2017 APRITE QUESTO LINK. Troverete alcuni articoli di allora

Ma un’azione consideriamo sostanziale in questa lotta. Lei, la granitica FEM, la Fondazione dalle mille risorse. Va stimolata, aiutata, incoraggiata a perseguire il raggiungimento degli obiettivi che erano stati attivati attraverso i PEI. E’ un acronimo che si riferisce a Partenariato per l’innovazione. In pratica un progetto finanziato da appositi capitoli del PSR per costruire progetti innovativi. Ebbene, ormai oltre un paio d’anno fa uno di questi bandi fu assegnato proprio per studiare forme innovative di gestione delle gelate. Ventoloni ad aria, impianti tecnologici specifici piuttosto che lo studio di varietà resistenti alle gelate. Operazioni che dovranno essere messe nel conto dell’Agricoltura 4.0

Questo descritto sopra è uno dei tanti esempi di esempio concreto che suggeriamo costantemente a chi abbia voglia di ascoltare. Perché la tanto cara sostenibilità, che è un sostantivo generico e indefinito costantemente nella bocca della giunta, – di fatto – riconosce numerose declinazioni pratiche e concrete, delle quali non si parla mai.

8 Aprile 2021 0 Commenti
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Radiocontrollo dei grandi carnivori. Veneto-Trentino: uno-a-zero!

Da Michele Dallapiccola 7 Aprile 2021

Rammarica il dover leggere di essere stati battuti, ancora una volta, da una Regione a Statuto Ordinario. Il Veneto sta portando avanti un progetto sul lupo che poteva essere tutto Trentino.

Mi riferisco alla possibilità di utilizzo di microchip e transponder per rilevare l’arrivo dei grandi carnivori in prossimità delle produzioni zootecniche. 

Sviluppo di radiocollari evoluti.

Sviluppare radiocollari evoluti che potessero fare questo, è un progetto che il Trentino aveva iniziato a partire dal 2015. Nella scorsa legislatura forte della mia esperienza di medico veterinario avevo chiesto Servizio Foreste e Fauna di ragionare circa l’implementazione di un sistema di radiocollare più performante è più capace rispetto a quello utilizzato. 

Avevamo proposto di studiare un attrezzo che funzionasse sulla base del principio che regola la gestione dell’anagrafe canina e i microchip dei cani. (con attrezzi simili a quelli che ho in mano nella foto di copertina).

Andava trovato il modo di applicare un Transponder agli animali da controllare ed organizzata la possibilità attraverso strumento di lettura di poterne rilevare la presenza. L’operazione si rivelò tutt’altro che facile. Se ne volle occupare la fondazione E. Mach coinvolgendo, credo, Università ed FBK, oltre che un consorzio privato. Si trattò di una gestazione molto più lunga di quella della madre di elefante. (in natura custodisce il feto in grembo per 2 anni). Dopo una serie di prove, esperimenti e continui stimoli arrivammo infatti, ad un primo test di funzionamento, solo nell’estate del 2018. Lo ricordo come fosse ieri. Testammo l’attrezzatura nei prati di Sant’Anna sopra Sopramonte di Trento.

Prati di Sant’Anna – Sopramonte di Trento

Da allora di quel progetto costoso, custodito gelosamente dalla Fondazione E. Mach non se ne è più saputo nulla.

L’idea del Veneto

Fa comunque piacere sapere che l’idea era talmente buona che intanto ci ha pensato anche qualcun altro. I nostri vicini veneti la promuovono e la utilizzano in via sperimentale sui branchi di lupi. Così come testimonia l’articolo de Il Dolomiti che potete leggere a QUESTO LINK.

E non pensate anche voi che potrebbe essere utile riprendere in mano quel progetto? Proprio con gli esemplari di orso e lupo particolarmente confidenti potrebbe essere un attrezzo estremamente utile.

Un transponder può inviare una qualsiasi forma di notifica o evocare reazioni come l’accensione di luci, sirene o rumori richiamando l’attenzione del pastore e spaventando gli animali aggressivi.

Queste, solo alcune delle infinite opzioni che possono essere messe in campo per proteggere le produzioni zootecniche dai grandi carnivori. 

Un’azione di autorevolezza scientifica che tornerebbe utile anche per altri scopi

Ma c’è un aspetto ancora più interessante. Potrebbe essere l’occasione di dimostrare la nostra capacità di attuare soluzioni innovative per vantare il diritto di essere autonomi anche in nella gestione dei grandi Carnivori nelle sue forme più complete. 

Ma se come Governo Provinciale prima di questo, non fai assolutamente nulla di diverso dal provare a ingabbiare orsi quale amministrazione statale può aver fiducia nella capacità trentina di innovazione e di avanguardia nelle modalità di gestione dei grandi carnivori?

 Probabilmente da sotto il gazebo, qualche anno fa, a qualcuno sembrava tutto molto più facile!

7 Aprile 2021 0 Commenti
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IL VALORE DELLE MALGHE TRENTINE. Macchine da fondi europei o valore aggiunto per la cultura della Montagna?

Da Michele Dallapiccola 6 Aprile 2021

Vorrei parlarne ancora nonostante sia già accaduto poche settimane fa. Questo perché sui media e sulla cronaca emerge spesso una preoccupazione. 

Il Trentino sembrerebbe letteralmente sotto l’assedio di speculatori specie da fuori provincia. L’attacco danneggerebbe i nostri allevatori e soprattutto le casse della nostra provincia. 

Facciamo chiarezza. 

I fondi che qualsiasi allevatore riceve grazie al sistema dei C.d. “Titoli” per gestire i pascoli, provengono dalla Comunità Europea. Per questo sono a disposizione di tutti. Del resto gli occhi del legislatore che li guarda da Bruxelles non vedono nessuna differenza tra un allevatore del Primiero rispetto ad un suo vicino di Belluno o una stalla della Valle del Chiese rispetto ad una della Val Sabbia.

Come si possono valorizzare questi fondi a favore del Trentino?

La differenza la possono fare gli Enti Locali insieme ai principali attori di questo programma che sono gli allevatori. 

Gli strumenti fondamentali sono stati costruiti nella precedente legislatura. Essenzialmente si è agito su due fronti. Da un lato nella trattativa con Roma e Bruxelles si è portato il valore dei premi/ettaro del Trentino ad un livello più vicino a quello del resto della nazione. In questo modo abbiamo messo gli allevatori trentini in grado di meglio competere dal punto di vista economico con i loro colleghi “italiani”. Quest’ultimi in passato ricevevano premi tripli o quadrupli rispetto ai locali. Per storica ingiustizia, oggi appunto, superata.

Dall’altra, per gli Enti Locali è stato messo a disposizione un “bando tipo” per effettuare l’assegnazione in modo da favorire la qualità delle modalità di alpeggio piuttosto che il prezzo. Ad onore del vero si è cercato di mediare poiché è nota la necessità delle amministrazioni locali di non mettere il proprio patrimonio a disposizione del mercato a prezzi bassi o bassissimo come avveniva in passato. E c’è da capirli, vista la massima attenzione soprattutto dell’attività di controllo giudiziario. 

La chiave di volta costruita per risolvere questo rebus è rappresentato dalla delibera 731 del 6 maggio del 2015 costruita per disciplinare le modalità di affidamento delle nostre malghe. 

Un recente bando di un’amministrazione comunale che si è dimostrata molto sensibile alla qualità dell’attività

Si può, anzi si deve premiare la qualità. 

Il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevede proprio questo. Dal canto loro i nostri allevatori devono mettersi in ordine con il proprio pacchetto titoli verificando caratteristiche ed opportunità presso i loro CAA, i patronati per l’assistenza contabile agricola. Li, o presso gli Uffici periferici del Servizio Agricoltura della PAT troveranno tutte le informazioni del caso. A questo punto provocare il matching, cioè incontro tra le parti sarà molto facile.

Chi, se non i malghesi locali si prendono il tempo ed hanno la pazienza di dedicarsi a produzioni di qualità? Non certo chi prenda una malga soltanto per i “titoli”. Chi indice il Bando, queste cose deve e può controllarle!

Gli enti locali e gli allevatori potranno avere il giusto ritorno economico. Ma a guadagnarne sarà la soprattutto la comunità. 

C’è tanta burocrazia: ne vale la pena?

Arrivare a costruire un proprio “pacchetto titoli”, per un allevatore non è per niente facile. Tuttavia sono fondi che se non richiesti rimarranno nelle casse di Bruxelles per esser poi girati a qualche latifondista delle grandi praterie dell’Europa del nord.

A livello locale poi va considerato che una malga gestita da un allevatore locale, sarà sempre meglio curata rispetto a chi le affitta “per mestiere”. Per speculazione. Sono gli amministratori locali i primi a dover verificare questo e dove non succede è davvero un guaio. 

Dobbiamo insistere con la divulgazione di queste informazioni in maniera corretta. Gli allevatori questo quadro lo hanno molto chiaro. Purtroppo qualche amministratore locale in qualche caso ha dato dimostrazione di avere ancora qualche carenza.

6 Aprile 2021 0 Commenti
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Il dibattito: dai piazzali attraverso i social fino al Consiglio Provinciale

Da Michele Dallapiccola 5 Aprile 2021

La scorsa settimana è stata caratterizzata da quattro argomenti di particolare interesse. Sono scaturiti dal dialogo con i rispettivi addetti ai lavori. Ne ho subito realizzato un resoconto che è stato oggetto di confronto con il pubblico attraverso queste pagine.

Cosi, ascoltate critiche e “altre campane”, abbiamo deciso di trasformare il confronto in relativi quattro atti politici. I primi due li abbiamo depositati a firma congiunta con la Collega Paola Demagri. La terza e la quarta interrogazione sono state presentate da tutto il gruppo consiliare del PATT

Di cosa parliamo?

Da ormai tre anni, il Rapporto di Gestione dei Grandi Carnivori non viene più presentato pubblicamente. Ma se in passato veniva almeno esposto on-line, quest’anno tarda ad apparire anche lì. Gestire, significa essere responsabili e non avere timore della correttezza delle proprie azioni. Sono i principi fondanti dell’Autonomia.

Come avrete intuito, premendo sul pulsante Download potete scaricare e leggere gli atti completi.

INTERROGAZIONE-NASCONDERE-IL-RAPPORTO-GRANDI-CARNIVORI-VA-CONTRO-LAUTONOMIADownload

La Conferenza provinciale dei fitofarmaci poteva essere un punto di ri-partenza per far dialogare contadini e popolazione civile con la regia della politica. La giunta presente a metà e assente nei contenuti a nostro modo di vedere le cose ha perso una grande opportunità. Ne parlo anche in un articolo su IL DOLOMITI. A questo LINK L’ATRICOLO COMPLETO. A seguire la

INTERROGAZIONE SUGLI AGROFARMACI. CHE FINE HA FATTO IL MONITORAGGIO SALUTE?Download

A Civezzano un assessore del Comune ha deciso di dimettersi, nonostatne le inidcazione del Codice etico non trovino fondamento dell’Ordinamento dei Comuni. In pratica si tratterebbe del primo caso al mondo di dimissioni oobigate per eccesso di volontaraito! Chiediamo che la Giunta intervenga a chiarire

I DUBBI SUL CODICE ETICO DELLA FEDERAZIONE DEI VIGILI DEL FUOCODownload

La fretta è cattiva consigliera. Nel post-Vaia si è cercato di vendere il legname schiantato in fretta. Chi era “del mestiere” acquistava volentieri, a poco. E ora ce lo rivende, a tanto. La giunta, numeri alla mano, nega. Il mercato e gli addetti ai lavori interpellati confermano.

INTERROGAZIONE-MANCA-LEGNAME-AL-TRENTINO-POST-VAIADownload

Qui sotto l’articolo nel quale appare anche l’inchiesta del giornale L’Adige

5 Aprile 2021 0 Commenti
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Dottore, dove posso trovare della buona carne?

Da Michele Dallapiccola 4 Aprile 2021

Una domanda che da veterinario mi sento porre spesso. Come si fa a capire che una carne è buona? Ne mangiamo sempre meno. Almeno che sia di qualità!

E quindi si sceglie: assaggiandola! E non sto scherzando. Prima di farlo, ci si deve fidare. Oltre che dell’immancabile rapporto con il nostro negoziante di fiducia, della rete che in questi anni la politica ha voluto allargare: la Filiera della Qualità.

Il marchio Qualità Trentino è nato per questo motivo.

A maggior ragione per un alimento prezioso e delicato come la carne. In Trentino trova diffusione grazie alla Grande Distribuzione Organizzata e grazie alle locali Botteghe dell’Arte Rossa. Ormai, di ordinario in macelleria è rimasto ben poco. Piuttosto troviamo preparati gastronomici, consigli per la nostra spesa, indirizzi per ogni ordine di piacere e perché no, di portafoglio. Poi, per rimanere soddisfatti dal famoso assaggio dal quale siamo partiti vanno scelti i tagli, in funzione delle proprie possibilità di preparazione e cottura. I consigli dei professionisti che ci assistono si seguono alla lettera! Il gusto e la tenerezza sono infatti importante conseguenza di come prepariamo la pietanza. 

Il senso della filiera della Carne.

In Trentino come nella gran parte dell’Italia, è frequentissimo che si allevino pregiate razze da carne che originano prevalentemente dall’estero. Lassù – dalle grandi praterie europee che favoriscono questo tipo di produzione – provengono le Charolaise, le Limousine e le Belgian Blue. Che poi trascorreranno la seconda parte della vita seguite dalla serietà trentina, controllate dai veterinari locali ed accudite con alimentazione di provenienza prevalentemente locale OGM-FREE che ne esalterà la qualità.

Le razze da Carne. Sono davvero differenti?

La fibra del loro muscolo è infatti più sottile di quella delle razze da latte autoctone. Il tessuto connettivo é meno fibroso ed i depositi di grasso sono più localizzati e dunque più facilmente toelettabili. Ne deriva che al nostro professionista potremo chiedere più facilmente una fettina magra, qualora la nostra dieta lo richiedesse. L’allevamento non termina allo stato brado ma lascia comunque liberi gli animali di muoversi e saltare dentro ad ampi box. Gli stabilimenti locali per la produzione della carne anche attraverso la lavorazione dei tagli principali ci garantiscono il resto. 

A noi cittadini il compito di verificare.

Cerchiamo queste etichette. E’ per il nostro bene.

La presenza del marchio ci permette di approcciare, più sereni, un consumo ragionato di carne. Che così fa bene. Di chi abbiamo vicino a casa possiamo fidarci. E’ loro principale interesse rispettare ciò che promettono. Anche perchè, un cliente che si fida ma soprattutto che “assaggiando”, si è trovato bene è un cliente che tornerà.

Alla politica rimane la soddisfazione di aver creato quell’anello di congiunzione tra la fiducia di chi deve acquistare e la buona fede e l’impegno vende o produce carne.

4 Aprile 2021 0 Commenti
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Vince l’onestà. E arrivano le dimissioni per eccesso di… volontariato.

Da Michele Dallapiccola 3 Aprile 2021

Potrebbe passare inosservata o peggio venir letta come poco edificante, la notizia delle dimissioni per incompatibilità, di un assessore della giunta del Comune di Civezzano. Si tratta precisiamo di un atto volontario.

A chi è stato spinto dalla curiosità di approfondire non sarà certo sfuggito che a provocarle sia stata un’interpretazione restrittiva del Codice etico deontologico della Federazione dei Vigili del fuoco della PAT.

Il codice deontologico dei Vigili del Fuoco

Una norma poco chiara rispetto alla quale, sull’intero territorio provinciale, sono in corso alcune analoghe controversie. Che l’onesto Comandante del corpo di Civezzano non ha voluto affrontare. Così, ha rassegnato le dimissioni dalla Carica di assessore del Comune che contestualmente rivestiva. 

E’ bene ricordare perché sia nata l’esigenza di costruire un Codice etico provinciale. Come ricorderete, si tratta di un provvedimento nato qualche anno fa all’indomani di alcuni fatti spiacevoli. Tra i Vigili del fuoco, volontari e permanenti, c’era chi come tecnico libero professionista era occorso in antipatiche posizioni di sovrapposizione di ruoli. 

Il caso di Civezzano

La fattispecie non ha nulla ha a che vedere con il caso di Civezzano. La persona in parola, lavora come dipendente in un’azienda privata che si occupa di tutt’altro e fuori dal Comune.

Noncurante della situazione, il zelante gruppo di minoranza del Comune di Civezzano ha evidenziato l’incompatibilità tra i due incarichi che rivestiva l’assessore. Ora, almeno per un paio di loro l’onesto progettare, è ragione di vita. L’esser “del mestiere” li ha portati a sospettare ed ad attivarsi nel loro legittimo ruolo di controllori della maggioranza. Hanno fatto bene, è un loro compito, anche se stavolta, di incrocio di interessi non c’è nemmeno l’ombra. Le loro mal riposte rimostranze però hanno permesso di far emergere il lato migliore della politica. 

La persona al centro delle perplessità ha trasformato l’onestà in testimonianza e ha rassegnato le dimissioni. 

Considerazioni personali di contesto.

Gianluca Schmid è un papà a tempo pieno. Nonostante tutto, come i tanti volontari del Trentino, mette a disposizione del proprio preziosissimo tempo per la nostra comunità. In relazione alla disponibilità ha manifestato, la comunità di Civezzano gli ha conferito ben due incarichi. Assessore e Comandante dei Vigili del Fuoco. Pur in termini controversi egli si è trovato di fronte alla necessità etica ed intellettuale di scegliere. Un incarico era remunerato ed uno no, anzi gravato da un’enorme assunzione di responsabilità. Egli ha scelto questa seconda opzione.

Chi ha perso chi ha vinto. 

Ha perso chi ha fatto di ogni erba un fascio, ha perso la politica locale che osserva il prossimo attraverso le travi che ha negli occhi, ha perso la politica provinciale che non ha preso posizione. E ancora ha perso la dirigenza provinciale. Quella della Protezione Civile per intenderci che dovrebbe essere in grado di mettere la politica delle condizioni di poter decidere. Le situazioni andrebbero considerate caso per caso. Invece, in maniera pilatesca, l’apparato provinciale ha messo nero su bianco il più burocratico degli schemi. Ha perso il sistema che ha bocciato la disponibilità di una persona per eccesso di disponibilità.

Che alla fine, con le sue scelte, ha vinto e con lui la nostra comunità’.

A parer mio è’ stata scritta una bellissima pagina della politica e del volontariato che rende onore a chi ha voglia di mettersi a disposizione. Per una volta la buona politica e il buon esempio hanno tenuto banco sulla cronaca.

3 Aprile 2021 0 Commenti
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Giorni di festa, ma non per tutti.

Da Michele Dallapiccola 2 Aprile 2021

Ci sono categorie alle quali in questo periodo è stata finalmente riconosciuta la straordinaria valenza sociale. Pensiamo a chi lavora nel comparto sanitario. Sono persone che hanno garantito  al mondo intero di continuare a sperare. alternandosi in continuità e con ritmi estenuanti

Non saranno dimenticate le moltissime altre categorie che hanno garantito i nostri bisogni essenziali. Pensiamo ai commessi dei negozi, gli operatori nei vari servizi, chi lavora nel mondo dell’informazione.

C’è un lavoro che è senza turni

Oggi però vorrei rivolgere un pensiero ad una categoria, che per scelta di vita certo, presenta tuttavia una sola semplice piccola differenza rispetto ai nobilissimi impieghi ricordati sopra. Una professione dove i turni di riposo non sono contemplati.

Mi riferisco agli zootecnici, a quelli che si occupano delle filiere del latte e della carne. Chi lavora con gli animali non si ferma mai. Nella Pasqua da zona rossa, anche per quest’anno saremo bloccati in casa. Godiamoci almeno l’occasione di viverla con i nostri affetti soprattutto in vista di un nuova normalità. Intanto, domattina, la domenica di Pasqua, ma sarà così il Lunedì di Pasquetta, Natale, Ferragosto o ogni santo giorno che la professione regalerà loro, gli allevatori si alzeranno (presto: alle 5, le 6), accenderanno la luce della stalla e ci permetteranno di avere latte, carne e formaggi di qualità.

Qualcosa si potrebbe fare.

Noi stiamo insistendo da tempo affinché la politica si prenda cura di questo aspetto. Meccanizzazione, automazione hanno ormai raggiunto livelli impensabili fino a qualche anno fa. Ed investire in tal senso produrrebbe un aiuto estremamente apprezzato perché i robot, anche in zootecnia, sono macchine che costano molto.

Viceversa, non sostenere questi investimenti specie in zootecnia, costringe gli operatori a rimanere in balia di un lavoro d’altri tempi. Ogni singolo gesto scaricato su un operazione automatizzata sarebbe un istante in più regalato alla loro vita così impegnativa. Perchè non si apre la misura 4.1.1 del Piano Sviluppo Rurale? Cosa sta aspettando la politica?

Alla giunta che il giorno di Pasqua riposerà come moltissimi di noi, mi sembrava utile ricordarlo, specie in queste ore.

2 Aprile 2021 0 Commenti
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MANCA LEGNAME AL TRENTINO POST-VAIA

Da Michele Dallapiccola 1 Aprile 2021

Potrebbe sembrare una barzelletta non venisse proprio dagli addetti ai lavori. Vediamo insieme cosa è successo. Qualche giorno fa l’Ufficio stampa della Provincia ha comunicato che il 70% del legname proveniente dai boschi schiantati da Vaia è stato raccolto e commercializzato. Un’ottima notizia da mettere in luce ma di fatto nasconde alcune ombre piuttosto pesanti. 

La carenza di materia prima

Tutto parte dalla segnalazione di un amico frutticoltore che da parecchio tempo sta cercando di opzionare pallet da utilizzare per la propria azienda. Di fatto la segheria alla quale si rivolge, pare non sia in grado di evadere l’ordinativo. Si badi bene, stiamo parlando di un’azienda assolutamente locale e che si avvale prevalente della filiera del legno locale. Da più parti, si denuncia la carenza di materia prima. E’ particolarmente evidente in questi giorni poiché l’apertura della stagione agricola l’ha messa drammaticamente in luce. 

La kafkiana mancanza di legname nel Trentino post-Vaia

Basandomi sulle mie precedenti conoscenze di assessore alle Foreste, mi sono preso allora la briga di fare una piccola indagine tra gli addetti al settore.  Ho scoperto, in pratica, che questo problema è piuttosto diffuso anche nel resto del Trentino. 

Ci troviamo dentro una vicenda dai toni kafkiani. Mai così tanto legname è stato disponibile, mai così scarsa disponibilità per i nostri laboratori ed utenti locali. Grazie alle informazioni raccolte, cerchiamo insieme di capire perché.

Cosa è successo?

La regia Provinciale con un accordo di programma tra gli enti locali e le segherie trentine avrebbero dovuto garantire la fornitura del materiale. Di fatto tutto questo è saltato come ultimo effetto di una serie fatale di errori. 

All’inizio, di fronte a quell’enorme quantità di legname, gli enti locali sono stati mossi dalla paura di non riuscire a liberare i propri boschi dagli schianti. Pur di liberarsi di un effettivo problema (come biasimarli?) avevano iniziato a opzionare le vendite anche a prezzi stracciati. Direi che l’intento è riuscito benissimo in quanto un’enorme quantità di legname è stata piazzata molto velocemente. Di fatto, questa condizione si è rivelata una forma di programmazione profondamente sbagliata. E’ saltata l’occasione di costruire una vera filiera del legno che avrebbe dovuto attendere qualche momento di riflessione politica in più.

La beffa dell’Austria

Il legname sbrigativamente venduto soprattutto in Austria si ripresenta ora come una vera e propria beffa. Oggi, è pronto a tornare sul nostro mercato sotto forma di semilavorato a prezzi resi elevatissimi dalla stessa mancanza di materia prima locale. E ce la siamo provocati da soli!

Cosa si sarebbe potuto fare?

Una ricetta c’era. La PAT, come del resto era stato annunciato, avrebbe potuto intervenire realizzando molti più piazzali di quelli effettivamente approntati. Li abbiamo visti in qualche zona del Trentino. Aree relativamente poco costose da predisporre, dotate di irrigazione per tenere bagnato il legname per permetterne una corretta stagionatura.

E bella, che la Provincia aveva pure normato in materia, anche in questo caso con relativa conferenza stampa (non ricordo se con la solita foto di giunta o senza). Vaia, è stata una vera e propria disgrazia. Il post-Vaia invece, si sarebbe potuto trasformare in una formidabile occasione. Invece, la modifica all’approccio alla coltivazione del bosco è completamente sfumata.

C’è bisogno di coltivare e riperimetrare il bosco?

Per dare dei dati si tenga presente che in Trentino, la capacità di taglio sulle segherie autorizzate è di circa 800.000 metri cubi all’anno mentre la coltivazione dei boschi locali in fase ordinaria al netto di Vaia ne preleva, se la memoria non mi tradisce, 4 o 500 mila al massimo. I due terzi della superficie provinciale sono coperti da boschi. La nostra zootecnia, si trova di fronte ad un atavica fame di terreni da coltivare a verde sotto forma di biocompatibilissimi prati. Che non richiedono nessun trattamento chimico per rimanere tali. anche agli occhi dei turisti! Insomma una situazione paradossale che aggiungo io non ha dato soddisfazione nemmeno alla parte agricola. Come detto, si sarebbero potuti recuperare nuovi pascoli dal bosco meno storicizzato.

Il bostrico tedesco incombe

E si badi bene, i problemi mica si fermano qui: il mercato sta vivendo una strategia particolarmente attendista perché ulteriori notizie dal settore raccontano di una gravissima epidemia di bostrico anche in Germania. Se i dati ipotizzati corrispondono al vero potremmo trovarci sul mercato alpino ulteriori 40-50 milioni di metri cubi di legname imprevisto. Fatto che nel bene o nel male destabilizzerebbe ulteriormente il nostro mercato.

Un fallo dopo l’altro che non sembra lasciar pace alla nostre imprese. Frutticole: senza pallet, zootecniche: senza pascolo, del legno: senza materia prima. Davvero notevole.

1 Aprile 2021 0 Commenti
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Agrofarmaci tra timori e conoscenza.

Da Michele Dallapiccola 31 Marzo 2021

Argomento che scotta. Specialmente le dita dei politici che se ne occupano. Nell’arena: i contadini che chiedono di poter lavorare indisturbati e sostenuti CONTRO i cittadini, esasperati. Arbitro: la politica e le sue correnti di pensiero in perenne rastrellamento alla ricerca dell’ultimo voto.

Ci salveranno solo le scienze: agraria ed economica. 

Per spiegare il senso del mio discorso ricorrerò ad un parallelo particolarmente evidente in questi mesi. L’argomento che tratteremo dilania l’opinione pubblica, proprio come fa in questo periodo la gestione della pandemia.

Al fine di preservare la salute, fino a quanto è accettabile spingere sul lockdown? Quand’è che i danni all’economia superano quelli da pandemia? 

Che succede nel match mondo agricolo VS società civile.

Immaginiamo per un attimo l’utopia di regole tombali che vietino qualsiasi trattamento entro un chilometro dai siti abitati. Questa condizione, totalmente garantista della salute pubblica, impedirebbe all’agricoltura trentina di esistere. 15 mila famiglie (più indotto) rimarrebbero senza lavoro. Attenzione: questo non toglierebbe nessun altro rischio al quale siamo tutti quotidianamente sottoposti. Telefonini, regime alimentare, esposizione ai raggi UVA e chi più di cancerogeno ne ha, più ne metta. Ecco perchè, ciò che aggiunge l’agricoltura moderna a questi altri numerosi rischi, merita un tentativo di mediazione. E’ necessario promuovere una sorta di patto sociale rispetto al quale bisogna essere preparati. 

Conferenza di informazione sull’utilizzo degli agrofarmaci

Poteva esser una vera occasione di confronto che invece è andata completamente sprecata. La giunta è apparsa debole, dietro le quinte, con la parte sanitaria che non si è nemmeno presentata. La parte agricola dopo un breve discorso, piuttosto genericista, ha disertato il resto del pomeriggio. Eppure, sarebbe stato utile controbattere perchè la parte medica, a mio modestissimo avviso, si è presentata con un taglio scientifico un pò discutibile. La pur bravissima e gentilissima rappresentante dei Medici per l’Ambiente è intervenuta presentando una serie di considerazioni tecniche troppo incentrate sul cercare di dar prova di una propria tesi. Senza dibattito di controparte sanitaria.

Anzi, troppo a lungo ha lasciato sul tavolo un errore macroscopico. Ha parlato di 125.000 tonn./anno di fitofarmaci utilizzati in Trentino dando prova di badare più al messaggio (di parte) da trasmettere che alla sostanza dei dati da riportare. Oppure si è parlato di studi effettuati per capire la tossicità in vivo e in vitro di alcuni elementi. Il chlorpyrifos in particolare, dai disciplinari trentini è eliminato da tempo. Tanto per citare un paio di esempi.

Cosa si dovrebbe fare?

Tutto quello che di migliorativo è stato fatto in campo agronomico, a partire dall’applicazione in Trentino di un Piano Agronomico Naz. più restrittivo, lo hanno fatto gli amministratori del passato. Per non parlare del campo sanitario. Nessuna indagine ultronea e collaterale è stata portata avanti come invece era stato preso in considerazione nella precedente legislatura. Ora sarebbe il caso di riprendere questi due filoni. Rimodulare il PAN, ripartire con delle indagini medico-scientifiche, su base Provinciale!

Come stanno davvero le cose?

Oggi le persone che convivono con gli impianti della frutta vicino a casa hanno paura, è inutile negarlo. Riguardo agli agrofarmaci, c’è un forte bisogno di sapere quali siano e come vengano utilizzati. E che dire dei poveri agricoltori? Imprenditori che eseguono alla lettera le indicazioni date. Chi sbaglia è pesantemente sanzionato. Ma tutti hanno bisogno di poter lavorare, di avere idee chiare, regole e perimetro definito, entro il quale potersi muovere.

E’ arido il silenzio che la giunta stende su questi spinosi argomenti rifuggendo alle proprie responsabilità. Il risultato è magistrale: sono arrabbiati i contadini che non si sentono protetti dalla politica che hanno votato. Lo sono ancor più civili e popolazione non agricola che si sentono lasciati soli in balia della chimica. Poco importa se naturale o di sintesi.

Ehh… com’è difficile vivere nel XXI secolo, nonostante l’aspettativa di vita per l’umanità vi abbia raggiunto il suo massimo.

Salute o economia? E per il Covid: lockdown o libero lavoro per tutti? Telefonini o lotta all’elettromagnetismo? Vax o no Vax? Mask o no Mask? Cibo bello, sano e controllato da terzi o spesa attenta e consapevole?

A seguire un elenco di azioni politiche effettuate nel corso della precedente legislatura per migliorare il rapporto agricoltura/popolazione

Si è spinto sul  metodo biologico dando assoluta priorità ai finitamente del comparto. Risultato? I pochi anni quasi raddoppiate le produzioni. 

E’ stato adottato un PAN più restrittivo di quello nazionale.  

Il Trentino è ai vertici nazionali per quanto riguarda il numero di controllori in rapporto alle aziende 

Tutte le 9.000 attrezzature presenti in provincia sono sottoposte a controllo (a livello nazionale le attrezzature controllate non superano il 26% del parco macchine stimato);

La PAT si distingue per aver introdotto  l’obbligo di regolazione degli ugelli antideriva presso i centri prova; 

Il disciplinare di produzione integrata per le colture ortofrutticole obbliga al montaggio sull’’irroratrice di una serie di ugelli antideriva.

Con la  deliberazione della Giunta provinciale n. 736/2017 individuate le misure da applicare. Le più significative sono rappresentate da:

  • l’adeguamento dei caricabotte 
  • l’obbligo del diserbo meccanico in una fascia di 10 metri dai corsi d’acqua e dai laghi
  • l’eliminazione di fitofarmaci pericolosi per l’ambiente acquatico – clorpirifos
  • limitazione all’uso di prodotti fitosanitari all’interno delle aree frequentate  dalla

popolazione o da gruppi vulnerabili (parchi, giardini, ecc.);

  • fissazione di fasce di rispetto (30-10 metri) in caso di trattamenti con prodotti pericolosi per la salute  umana in aree agricole adiacenti alle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili.

Dal  2017 è stata data attuazione alle misure del PAN integrandole e rendendole più restrittive per:

  • l’introduzione della tutela per gli edifici privati e relative pertinenze;
  • la fissazione di fasce di rispetto/misure di mitigazione anche per i prodotti meno pericolosi per  la salute umana;
  • l’introduzione di limiti orari (21.00-7.00) per i trattamenti eseguiti in prossimità della viabilità ciclo-pedonale, parchi gioco per bambini, scuole;
  • la limitazione all’uso degli atomizzatori a  cannone (solo per i trattamenti in serra)

L’agricoltura trentina si distingue per l’applicazione sulla quasi totalità della produzione dei due metodi volontari, produzione integrata e metodo biologico. Con il disciplinare di produzione  integrata viene operata una selezione delle sostanze attive impiegabili, vengono posti delle limitazioni ai trattamenti (numero, epoche, dosi, ecc.), vengono regolamentate  altre operazioni agronomiche con lo scopo di ridurre il ricorso alla difesa chimica. Il rispetto di queste regole permette di fornire al consumatore prodotti con limiti di residui ampiamente al di sotto dei limiti di legge. Nel 2019 il 99,99% dei campioni di frutta analizzati presentava un livello di residui non rilevabili o inferiori al 10 % del RMA (residuo minimo ammesso).

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