Michele Dallapiccola
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Scargaàmuut. La festa delle terre alte e della dignità della montagna.

Da Michele Dallapiccola 6 Ottobre 2021

E’ possibile vivere una domenica alternativa dentro ad un’atmosfera che si ha l’impressione di conoscere da sempre? Ebbene sì. È l’apparente contraddizione che prova un trentino qualsiasi in trasferta in Valtellina.

Ed era l’aria che si respirava domenica scorsa alla manifestazione “SCARGAàMUUT” dove ho avuto l’onore di intervenire come ospite e relatore.

Si è potuto apprezzare un bellissimo festival celebrato in una terra di montagna ricalcando il “format” delle nostre “Desmontegade”.

Si avvertiva la presenza di folklore, animato dal volontariato. Ma a spiccare era soprattutto il cuore della comunità che accompagnava il ritorno del bestiame dall’alpeggio alla stalla.


Il momento di leggerezza, animato dal volontariato e coordinato dalla magistrale direzione dei due sindaci di Albosaggia e Caiolo, non si è fermato all’aspetto ludico e ricreativo. Interpretando lo spirito delle persone che rappresentano, Graziano Murada e Primavera Farina hanno voluto che la festa si rivestisse di spessore: due i convegni tenuti. Più tecnico quello del sabato, più di orientamento politico, quello della domenica. Il titolo: “il gallo Maurice vuole continuare a cantare”.


La traccia di dialogo ha voluto richiamarsi ad un episodio noto soprattutto alla cronaca francese. Qualche tempo fa, un gallo era finito dentro ad un’amara polemica mediatica e giuridica. E’ la storia di gente di città che voleva ostacolare quei piccoli disagi che la vita in campagna regala in cambio di grandi valori. Nella fattispecie zittire il naturale canto del gallo.

I concetti emersi dal Convegno

Ad Albosaggia si è parlato di Politica agricola Comunitaria, di Grandi Carnivori e di giovani che devono prendersi in mano il futuro dell’Agricoltura.

Il convegno ha sottolineato il valore della Cultura agricola impreziosendolo con la presenza degli studenti del locale Istituto Tecnico Agrario.

Grazie al meraviglioso esempio offerto anche dalla location dell’evento, si è affermata come imprescindibile la connessione con il sistema turismo. 

In prossimità di Sondrio, nell’industriosissima Valtellina, la montagna vive il forte rischio di spopolamento. O, nella migliore delle ipotesi, quello di veder trasformati i borghi in quartieri dormitorio, satelliti delle grandi opportunità lavorative che il fondovalle offre in seducente alternativa.


Il senso di responsabilità.

E’ uno stato di fatto. Civico. Un atteggiamento che accomuna le comunità di montagna. Un lavoro di intreccio tra politica, imprese e volontariato per garantire la sostenibilità ai nostri borghi abitati. 


Ai due di domenica, vanno riservati i più sentiti complimenti. Qui tutto è avvenuto senza l’aiuto che offre l’Autonomia del Trentino. Ecco perchè, orgogliosi dobbiamo dimostrare di sapercela meritare. Ma senza fermarci qui.


Tutti insieme, anche grazie alla cultura autonomista che solo il PATT può promuovere, dovremo impegnarci affinché possa diventare un modello esportabile. Se non a livello nazionale almeno per le Terre Alte, le Terre di montagna, abitate dall’orgoglio e dalla dignità. 

6 Ottobre 2021 0 Commenti
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LATTE. TRENTINO.

Da Michele Dallapiccola 5 Ottobre 2021

Lo sapevate che ogni anno il Trentino produce circa 150 milioni di litri di latte? Da meno di 30 mila vacche. Più o meno un terzo di quelle in Alto Adige. Ma questa è un’altra storia. 

Ma torniamo al nostro “oro bianco” delle montagne. 

Non si può evitare di parlare della galassia di Trentingrana Concast, la cooperativa di secondo livello che raduna praticamente tutti i caseifici sociali della provincia. Da sola, lì dentro insieme a meno di 20 “sorelle”, la Latte Trento ne raccoglie quasi la metà.


Questa in cifre è la carta d’identità del nostro settore lattiero caseario. Gli addetti ai lavori perdoneranno l’esasperata semplificazione. Va preso come un bonario tentativo di permettere alla più larga compagine di lettori di farsi un’idea in poche righe.


Ma c’è un esempio numerico in più da fare. Pur in maniera semplicistica, sembra curioso riportare un altro micro dato statistico.

Ogni 5 litri di latte che il Trentino produce si può dire che 1 (abbondante) finisca a Grigno in Valsugana.


Lo lavora la Casearia Monti Trentini. Un’azienda che nonostante le dimensioni ha mantenuto una dimensione familiare. La sua duttilità di esercizio operativo è forse da sempre il suo più grande pregio. Il mondo cooperativo che raccoglie tutto il resto del latte infatti, è accogliente ma anche guidato da una rappresentanza della compagine sociale. Ecco che questo pregiato vertice decisorio – per sua comprensibile e naturale conformazione – si trova a valorizzare le varie sensibilità in maniera molto sentita e giustamente prudente. L’effetto, è che spesso nei loro processi di scelta, il fulmicotone finisce per diventare un materiale raro o nella migliore delle ipotesi sottoutilizzato.


Qui nella Bassa Valsugana la dinamicità è di casa. Si corre, ci si evolve, si cavalca il mercato. E in questi anni, di queste attitudini, ne hanno beneficiato tantissimi agricoltori del Trentino. Tra loro anche alcuni che per varie ragioni non avevano voluto o potuto trovare casa altrove.


Il Trentino che produce. Bello grazie alla cooperazione e all’altra metà del cielo, l’impresa privata.

Quelli citati sopra sono solo alcuni dei principali meriti delle belle imprese trentine. Quelle che rendono colorata la nostre economia. Uscita dal pantano della depressione economica post bellica anche grazie ad una felicissima intuizione. Senza scomodare Orwell, si può dire che per lungo tempo la cooperazione, dell’economia trentina, è stata la grande madre. Oggi sempre più solo sorella. Il tempo cambia pesi e equilibri.

Sono sempre più forti le molte piccole e medie imprese private che fanno il bene dell’economia provinciale. Stimolano la propensione a crescere e a migliorare il nostro trentino.


E ci si ferma un pò a riflettere su realtà come queste, pulite, aperte a tutti, economicamente dialoganti col mondo intero. 


Si torna a casa con un po’ più di ottimismo e fiducia nel nostro futuro.

5 Ottobre 2021 0 Commenti
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NUOVI DISAGI VIABILISTICI PER IL PRIMERO ED IL VANOI. La Comunità trascurata.

Da Michele Dallapiccola 4 Ottobre 2021

Da pochi giorni sono iniziati i lavori sulla SS 50 dello Schener su un viadotto che si colloca in territorio Veneto al confine con quello Trentino.

Si tratta di un’infrastruttura ad essenziale servizio della nostra Comunità provinciale. Sono stati molti i residenti locali a dover subire code chilometriche. A provocarle un semaforo che regolamenta il cantiere. Ad aggravare la percezione del problema c’è una constatazione. Tutto sembra iniziato tra capo e collo senza che ci sia stata un’adeguata informazione sul suo posizionamento.


Un problema transitorio che cela preoccupazioni profonde.

La vicenda è sintomatica e soprattutto ferale di alcune considerazioni di più elevato carattere generale.

Innanzitutto pone dei dubbi sulla capacità della nostra Provincia di dialogare con le Regioni vicine. Se non siamo capaci di organizzare un semplice cantiere immaginiamoci opere di ben più estesa importanza. Tra tutte la Valdastico.
Metaforicamente, questo stato di cose porta a chiedersi se Zaia e Fugatti siano capaci di parlarsi. Al di là di questa ironica considerazione – che probabilmente non avrà mai risposta – rimane l’enorme disagio per questa comunità. Evitare la chilometrica coda che si forma a causa del semaforo a senso unico alternato è opera ardua.


La “fuga” è infatti possibile solo su tre passi dolomitici, afflitti per altro da numerosi problemi idrogeologici; il Brocon per il Vanoi, il Cereda verso Belluno per il centro valle e il Rolle sulla Val di Fiemme per la zona di San Martino.


Le paure motivate

La preoccupazione è più che tangibile e deriva dall’esperienza pregressa. In Provincia di Trento per il rifacimento di un viadotto nel culmine della stagione estiva, la Valle dei Laghi dovuto patire ritardi dannosissimi lungo tutta la stagione.


Più in generale questa vicenda riporta alla ribalta della cronaca il rapporto città – valli e alla difficile situazione legata alle infrastrutture. Chi sceglie di vivere in montagna deve in qualche maniera subire maggiori disagi, rispetto alla più comoda città.


Se una politica attenta ai territori si dedicasse meno agli slogan è più all’operatività di ciò che avviene anche in periferia questi episodi non dovrebbero succedere. Apprendiamo dalla stampa di opere milionarie che dovrebbero collegare territori di confine date per fatte dopo decenni di discussioni. In questo caso, il tunnel di Valvestino è forse il monumento più iconico alla superficialità degli annunci leghisti.

Siamo letteralmente bombardati dai post del Governo provinciale, vittime tutti noi di affrettati quando non insensati comunicati stampa. Nessuno di questi tiene conto della burocrazia e delle difficoltà tecniche. La riprova? Una Provincia che non è nemmeno capace di regimentare il doppio senso di marcia su lavori di cantiere di un banale viadotto.


Immaginiamoci la stessa amministrazione alle prese con l’indirizzo di partenza dei lavori di collegamento tra San Martino e il Passo Rolle. Sarà forse una voce fuori dal coro la nostra, ma come esponenti del Partito Autonomista non possiamo ignorare la denuncia di questo stato di cose.

Sono questi i motivi che ci portano ad interrogare formalmente la Giunta Provinciale.


Vogliamo sapere

se ci sono state interlocuzioni con la Regione Veneto per gestire al meglio i disagi provocati da un inevitabile cantiere di manutenzione;

entro quando è prevista la fine dei lavori;

4 Ottobre 2021 0 Commenti
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L’agricoltura: una materia che andrebbe raccontata con passione.

Da Michele Dallapiccola 3 Ottobre 2021

Invece, è piena, intrisa di convinzioni anziché conoscenza, quando non di preoccupazioni o peggio ancora, di diffidenza.

Intanto all’indomani di domenica 26 settembre si sono commentati i risultati del referendum provinciale propositivo sull’agricoltura biologica. Tra polemiche e “ve l’avevo detto”, c’è indubbiamente un grosso rammarico più che concreto. Come più volte raccontato e tutto da verificare, pare sia andato in fumo più di un milione e mezzo di euro dei trentini (il costo del voto referendario, rimasto senza effetto per mancanza del quorum minimo di partecipazione).


Eppure, di meriti, il referendum sui distretti bio, ne ha avuti.

Ha portato l’argomento agricoltura alla ribalta della cronaca. Poco? Sempre meno del niente del quale se ne parla di solito. E’ forte infatti l’impressione tra gli addetti al settore, che l’agricoltura sia avvertita dalla società civile, come una materia oscura. Comunque lontana dalla sua effettiva realtà.


Quanto ne sappiamo oggi di come vive un contadino, di quali sono le sue abitudini? Come si comporta con l’ambiente, con se stesso e con il proprio prossimo? Fino alla fine degli anni ‘60, la popolazione impegnata in agricoltura superava di gran lunga la metà della popolazione totale. Oggi non arriva nemmeno al 3%.


Questo stato di cose ha determinato una condizione di estrema diffidenza e soprattutto disagio nella convivenza stretta con il mondo contadino. Che si presenta con un abito che piace solo quando rimane sulla carta patinata, nei libri delle poesie o nella migliore delle ipotesi raccontato in qualche convegno. Ma quando il vicino di casa è un agricoltore, che magari si dedica pure al suo campo di viti o di mele in prossimità della propria abitazione, diventa qualcosa di diverso molto diverso.


Negli anni la politica ha cercato di farsi carico della responsabilità di promuovere i valori della nuova agricoltura. Quella di montagna ha sperato almeno per un attimo di vedere nuovamente un po’ di luce. Gli Stati Generali e le passerelle che hanno caratterizzato quei palchi però, erano gravate da troppe cariche istituzionali. Sotto alle quali si sono sfasciate. In pratica, questo governo leghista a mio vedere finora ha più parlato che fatto.


Voglio lanciare una proposta.

Considerate le grandi opportunità che l’era digitale ci permette, penso che social e altre piattaforme attraverso il web, potrebbero aiutarci a raggiungere un gran numero di persone. Credo che la Fondazione Mach in primis potrebbe essere un motore formidabile per far conoscere diffusamente i meravigliosi contenuti scientifici sviluppati in decenni di
investimenti dentro al prezioso monastero di San Michele all’Adige. La regia di questa operazione spetterebbe al governo provinciale. E’ evidente che non può limitarsi ai consueti annunci roboanti di quando si aprono i bandi di finanziamento del settore, alimentati peraltro con fondi europei.


L’agricoltura, invece, lo dico sempre, se raccontata col cuore può diventare patrimonio di tutti i Trentini. Io continuo a crederci.

3 Ottobre 2021 0 Commenti
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L’OSPEDALE DI CAVALESE: UNA SFIDA PER IL FUTURO. PER LA VAL DI FIEMME E PER IL SISTEMA SANITARIO PROVINCIALE.

Da Michele Dallapiccola 2 Ottobre 2021

Leggerete qui un’interessante riflessione della collega Paola Demagri e del segretario politico del PATT Simone Marchiori. La riprendo perché ne sono assolutamente d’accordo anch’io nei contenuti.

In questi mesi di dibattito riguardo all’Ospedale di Cavalese, non abbiamo ritenuto di inserirci in confronti poco produttivi, che hanno portato alla luce più questioni di strategia elettorale, che un pensiero serio sul futuro del un territorio.


Si è discusso molto di come si interverrà sulla struttura dell’Ospedale di Cavalese, ipotizzando investimenti per l’ampliamento piuttosto che una ristrutturazione degli spazi e si è discusso sulle modalità di finanziamento delle operazioni con formule di collaborazione pubblico – privata.

A nostro avviso questi ragionamenti poco importano alla popolazione, poiché ciò che veramente conta nell’impostare una pianificazione, soprattutto in sanità, è la funzione che si vuole dare ad un ospedale.


La Consigliera Paola Demagri, che conosce bene l’ospedale di Cavalese, è intervenuta sul tema per riportare il dibattito sul punto fondamentale interrogandosi su cosa ne sarà dell’Ospedale di Cavalese e quali saranno le prospettive per la Sanità in Val di Fiemme. “La Provincia ad oggi non ha nemmeno ipotizzato il ruolo che potrebbero avere gli ospedali di valle, nonostante in campagna elettorale la Lega proponesse soluzioni immediate e di facile realizzazione. Nella realtà dei fatti però, a parte un mazzo di fiori regalato ad una neo mamma, la Giunta non ha fatto seguire altre iniziative.”


Il pensiero di Demagri sugli ospedali di valle ed in particolare su quello di Cavalese è che le scelte che si faranno in questo momento diventeranno fondamentali per il futuro. “Questa è l’occasione giusta per dimostrare alle vallate trentine quali sono le strategie politiche che potranno dare garanzie ed opportunità a questi territori. Occorre pensare anche che la popolazione resta sul territorio se ci sono economia e servizi, per cui anche l’ospedale ha un ruolo e fa nascere delle potenzialità in tal senso. Il problema che stiamo vivendo è di programmazione e consapevolezza – continua la Consigliera Demagri – poiché la Provincia non si è mai chiesta se all’ospedale di Cavalese servano dei posti per i pazienti che hanno bisogno di cure palliative ( Hospice) e mai si è sentito un rappresentante della Giunta o porsi il problema di verificare se, ad esempio, sull’area anziani è opportuno o meno ritornare ai cosiddetti letti di ortogeriatria, vista anche la peculiarità dell’ospedale di Cavalese che ha dimostrato negli anni di essere attrattivo in questo campo.” Il pensiero della capogruppo autonomista è anche sulle funzioni di base alle quali non si può venire meno se si vuole che gli ospedali siano attrattivi per i medici che com’è naturale fanno più fatica a spostarsi in zone decentrate. Servono spazi di sviluppo professionale, prospettive professionali e soprattutto qualità e autorevolezza.


Quale tipo di ospedale vogliamo?

Un discorso a parte è necessario per far luce sulla struttura ospedaliera e sugli investimenti previsti. Il Partito Autonomista infatti è convinto che sia per salvaguardare il territorio che per mantenere i servizi nelle valli, a Cavalese in particolare, è necessario prevedere degli investimenti. Questi tuttavia devono essere pianificati nel tempo, puntando principalmente sul miglioramento di quanto già è esistente. Nel caso specifico del Presidio Ospedaliero non vi sono valutazioni che indichino la struttura come pericolante, per cui con interventi mirati si potrebbe ottenere un grande salto di qualità . In conclusione un pensiero di Demagri sul futuro possibile per l’Ospedale di Cavalese “Credo che sarebbe sicuramente più coraggioso e anche più funzionale al paradigma attuale riconsiderare la ristrutturazione e il miglioramento dell’ospedale di Cavalese, individuando le funzioni utili per la rete interospedaliera. Penserei invece ad investimenti per creare una vera casa della comunità, all’interno della quale garantire servizi territoriali attraverso la collaborazione e la professionalità dei medici di medicina generale, degli infermieri di famiglia e dei servizi incardinati all’interno delle cure domiciliari.


Oltre a questo, per migliorare ancora la situazione andrebbero fatti degli investimenti per incrementare il numero dei posti nelle RSA locali che hanno bisogno di vedere aumentare i posti letto per la popolazione over 75.

Questo significa pensare ai cittadini che popolano le vallate trentine e promuovere politiche sociali, sanitarie ed economiche.


Le valli devono diventare un’opportunità anche per le giovani generazioni, dando un futuro alla nostra terra”.

2 Ottobre 2021 0 Commenti
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ANCORA NUOVE ASSUNZIONI ALLA FONDAZIONE MACH

Da Michele Dallapiccola 1 Ottobre 2021

Pare che il capitolo che riguarda il personale della Fondazione Edmund Mach, stia riservando nuovi momenti di passione.

E che il bilancio della Fondazione abbia causato qualche preoccupazione alla Provincia, lo certifica l’intenso lavoro di cesello sui costi che ha gravemente impegnato le scorse amministrazioni.


Non è stato facile continuare a gestire successo, risultati e sostenibilità e al contempo il contenere le spese del prestigioso Istituto.

Perchè del lustro che la Fondazione ha fornito al comparto agricolo, ne ha beneficiato tutto il Trentino, non solo gli addetti ai lavori del campo d’esercizio elettivo. Infatti, il respiro di questa Istituzione ha abbracciato un ambito culturale più ampio. Si pensi solo al valore che ha manifestato la nascita del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, nato per valorizzare le consolidate collaborazioni tra Fondazione Edmund Mach e Università di Trento nell’ambito della ricerca scientifica e della didattica. Il comunicato di allora lo potete leggere A QUESTO LINK.


Anche in passato non si è potuto parlare solo di cose belle, mi riferisco a qualche bel sacrificio sul bilancio. Purtroppo si tratta di un percorso partito da lontano, piegato – obtorto collo – dai dettami della Spending Review: la metaforica ascia romana che tagliò i conti della Provincia almeno fino alla fine del 2014. A quel punto, il bilancio provinciale venne ricomposto dal Patto di Garanzia sottoscritto dal Governo e dai due Presidenti di Trento e Bolzano. In un ambito di spesa determinato – ma anche pesantemente ridotto – la Provincia si trovò nella necessità di concordare un piano di contenimento dei budget anche con i suoi enti strumentali e con le sue partecipate. 


I sacrifici della Fondazione non sono stati invano

Persino la Fondazione Mach aderì assai coraggiosamente, arrivando a risparmiare qualche milione di euro all’anno. L’obiettivo di fare meglio con meno era di passare dai circa 45 milioni di euro di costi all’anno ai programmati 35 milioni all’anno mantenendo il più possibile intatto valore e prestigio di scuola e ricerca. Ovviamente il risultato fu centrato solo in parte.  


Ricordo infatti che lo straziante impegno si attuò tenendo conto delle varie esigenze dell’ente. Pesarono le sue prerogative ed suoi problemi, partendo dall’osservazione che tra questi, la carenza di personale non era certo tra i primi. Eppure questo percorso di riduzione di organico ha evidentemente imposto all’Ente, l’obbligo di segnare il passo sulle attività svolte come apprezzatissimo servizio della comunità specialmente agricola trentina.


E’ forse questo il recente motivo a causa del quale il Consiglio d’Amministrazione di FEM pare abbia deciso di rompere gli indugi.

Giunge voce ai sottoscritti di nuove assunzioni di personale. 


L’interrogazione chiarirà alcuni dubbi?

Per questo motivo con la Collega Paola Demagri abbiamo sentito il bisogno di interrogare la giunta per sapere: 

  • se sia stata informata di questo nuovo processo amministrativo 
  • quali siano i progetti di sviluppo che stanno dentro all’esigenza di assunzione di nuovo personale 
  • sulla base di quale metodo di selezione è stato eventualmente assunto il personale
  • quale prospettiva di maggiori costi è prevista a causa di questo cambiamento 
  • se sono in programma ancora nuove assunzioni 

1 Ottobre 2021 0 Commenti
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Una segnaletica che salvi dagli incidenti? Forse! Tra retromarce e proteste subite.

Da Michele Dallapiccola 30 Settembre 2021

Il lavoro di Consigliere d’opposizione è fatto di critiche ma soprattutto di consigli.

Che nella generalità dei casi questa maggioranza preferisce rigettare. Almeno nell’immediato. Non scomoderemo la miriade di esempi di provvedimenti, tra illegittimi e anticostituzionali, che la magistratura ha loro cassato. L’ultimo in ordine di tempo, è un grande cavallo di battaglia della lega, quello relativo al permesso di abbattere gli orsi.


Parliamo di un partito che da sotto ai gazebo avrebbe sparato senza indugio. A chiacchiere. Un partito che alle riunioni del sottoscritto gridava sguaiatamente all’incapace. Oggi lo osserviamo acquattarsi in Consiglio, raccomandando agli ascoltatori che con i grandi carnivori si deve imparare a convivere. 


Ci sono poi provvedimenti che pur prerogativa di governo, sembrano presi “dopo cena”; molto tardi. Così, l’evidenza delle proteste che queste decisioni avventate producono, finisce per costringere la maggioranza che le ha prodotte ad arretrare.


Gli esempi che non si contano più

I fatti più significativi sono quelli recentemente accaduti in Val di Sole e nel Primiero

Nella prima, un tubone avrebbe voluto prelevare l’acqua da Pejo, in entrambe, a Monclassico e Imer in particolare, si sarebbero riaperte le discariche. I “rumors” dalla maggioranza pare diano tutte e tre le iniziative citate ferme al palo, vittime dei dissapori interni all’esecutivo. Parliamo di una giunta che attraverso alcuni suoi componenti minaccia di procedere ad ogni costo. Parallelamente, attraverso altri, nicchia e pare fortunatamente decisa ad arretrare su un temporaneo deposito alla Ischia Podetti.


Anche sulla produzione del parassitoide della drosophila la giunta si è dovuta metaforicamente mettere ad inseguire una la lepre liberata da imprenditori e studi privati. Oppure, infine sul numero di APT, con un riforma accettata dai territori col sorriso a denti stretti. (Che il previsto aumento della tassa di soggiorno non contribuirà certo a migliorare). 


Ora li attendiamo su decisioni forti, già prese, ma assolutamente pluri-contestate:

il rinnovo delle concessioni delle Centrali elettriche, cassato dal Cal,

la riforma sanitaria, rifiutata da tutte le parti sociali,


la modifica del progetto di innesto della Valdastico a sud Rovereto, bocciata da tutti i Comuni.

Ah, penso saremo in molti, curiosi di vedere come andrà a finire a Mattarello, tra nuovo Stadio e concertone. 


La proposta di una segnaletica innovativa

Intanto noi proseguiamo su fatti molto più urgenti ed attuali. Forti dell’esperienza, attendiamo speranzosi un ripensamento. Parliamo dell’urgente attivazione di uno strumento innovativo che possa proteggere gli automobilisti dagli incidenti causati dai selvatici sulle strade provinciali.


Sulla scorta dell’esperienza passata avevamo consigliato delle soluzioni che come molte altre nostre sono state puntualmente disertate. A questo link l’articolo completo.


 Chissà che le preoccupanti vicende di questi giorni non sapranno smuovere la coscienza del rifiuto. 

30 Settembre 2021 0 Commenti
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DANNI ALLA VIABILITÀ E SOMME URGENZE. COME LI GESTISCE LA PROVINCIA?

Da Michele Dallapiccola 29 Settembre 2021

Lo strumento della “somma urgenza” è un procedimento amministrativo ampiamente previsto da un solido sistema normativo che esiste da lungo tempo. 

Il partito di maggioranza relativa che governa in Trentino sembra aver voluto inserire qualche elemento di novità. Anche la consegna di un modestissimo cantiere, viene investita di alto valore istituzionale. Apprendiamo dunque dai media che in queste ore la consegna di un cantiere edile da poche decine di migliaia di € di lavori viene investito di alto valore istituzionale. Questo, al punto da trovare spazio nella fitta agenda della seconda Carica Regionale e di un Onorevole che siede nel Consesso Nazionale. A QUESTO LINK LA CURIOSA NOTIZIA.


Questo segno di vicinanza ai territori appare senz’altro apprezzabile. D’ora in poi però potrebbe provocare scelte strazianti. Sono infatti decine e decine i cantieri come quello descritto sopra che da sempre, si aprono in Trentino. Quale sarà il criterio per decidere a quale inaugurazione partecipare, tra i numerosi impegni che le due figure istituzionali sopra citate devono normalmente gestire? 

Questo fulgido esempio di vicinanza ai territori tuttavia non coglie impreparati nemmeno i semplici Consiglieri Provinciali di minoranza. Pur come forza di Opposizione abbiamo anche noi da tempo raccolto le opportunità che questa particolare attenzione ci suggerisce. Come Istituzione provinciale, frequentiamo le valli trentine con una certa insistenza. Questo ci permette di venire a conoscenza di molteplici condizioni problematiche. Tra queste anche quelle riguardanti la viabilità comunale. Come abbiamo voluto segnalare in un articolo denuncia qualche tempo fa. TROVATE TUTTO A QUESTO LINK.


Sappiamo da tempo, che sono alcune le amministrazioni in attesa di risposta, ignare di quali siano i parametri che permettono loro di venir finanziate in via prioritaria. Come Consiglieri confermiamo loro che la vicinanza partitica non è parametro preso in considerazione dai Servizi provinciali che istruiscono la pratica; ci mancherebbe!


I responsabili amministrativi della PAT accolgono ed istruiscono le domande in maniera asettica ed indipendente dalla politica. Tuttavia, in maniera incomprensibile, sul territorio provinciale si verificano frane e smottamenti simili ai quali spettano evidenti destini diversi.


La strada che porta a Malga Campo

Senza dubbio l’esempio più calzante, è quello che riguarda la strada che raggiunge Malga Campo nel comune di Drena. Qui è accaduto un evento franoso del tutto simile a quello che ha afflitto la strada che raggiunge Malga Sette Selle nel comune di Torcegno. La differenza riguarda soltanto il momento in cui si è verificato l’evento meteorologico che le ha provocate entrambe. A Drena nel mese di dicembre anziché a luglio come nella fattispecie parallela. Entrambi i Comuni hanno inoltrato la richiesta agli stessi Servizi Provinciali esattamente con le stesse modalità. Stesso tipo di danno e probabilmente stessa modalità, sia tecnica, sia di finanziamento del ripristino dello stesso. 


A Torcegno sono arrivati fondi ed autorità in pompa magna a consegnare il cantiere, a Drena, il silenzio. 


L’interrogazione alla Giunta provinciale svelerà l’arcano?

I quesiti che ci hanno afflitto li abbiamo voluti confezionare dentro ad una specifica interrogazione. Con la Consigliera Paola Demagri abbiamo inoltrato alla Giunta Provinciale alcune precise domande.

  • quali sono i motivi che hanno determinato diversa priorità a due danni metereologici apparentemente così simili?
  • quando sarà finanziata anche l’urgenza segnalata sulla viabilità che serve il Malga Campo nel comune di Drena?
  • quali altre segnalazioni sono presenti sul territorio provinciale ed in attesa di finanziamento?
  • a quanto ammonterebbe la cifra necessaria per coprirle tutte?
  • quali sono i parametri che vengono valutati per stabilire le varie priorità? E chi le stabilisce e attraverso quale strumento amministrativo?
  • quali cariche istituzionali provinciali e nazionali parteciperanno a nome della giunta provinciale a consegnare i prossimi cantieri?

29 Settembre 2021 0 Commenti
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La politica ai tempi dei troppi galli nel pollaio

Da Michele Dallapiccola 28 Settembre 2021

La politica ai tempi dei troppi galli nel pollaio

Michele Dallapiccola – 28 Settembre 2021

Si scalda il clima politico evidentemente in vista delle provinciali del 2023.

E già da tempo la coalizione di maggioranza appare afflitta da alcuni mali tipici delle larghe coalizioni. Parliamo ovviamente di quella che in una prima fase, la carta stampata aveva definito lega con i suoi cespugli. Ebbene, gli iniziali impercettibili segni di disagio, oggi si sono concretizzate come delle vere e proprie schermaglie. Un po come capita ad un pollaio quando ci son dentro troppi galli.


La diaspora (anche) dalla lega

Un pò sulla scorta di quello che avviene secondo un cliché nazionale comune per altro a tutti gli schieramenti politici. Anche in Trentino stiamo assistendo ad una vera e propria transumanza a destra di consiglieri arrivati nell’emiciclo con la casacca di Salvini e militanti ora al servizio della Meloni. Solo che questi poi, nella questione relativa al rinnovo delle concessioni delle centrali idroelettriche la loro voce l’han proprio voluta far sentire. Va detto che non era certo una partita difficile. Hanno giocato sul campo dove l’assessorato all’ambiente, ha lasciato scritta una delle sue peggiori pagine della sua legislatura.


Non è andata meglio al Presidente con sua balzana idea di modificare il progetto della Valdastico. Anche da destra, specialmente da Rovereto è arrivato un “di qui non si passa” . 


Nel frattempo è entrata in fermento anche la zona “enti locali”. Tutto è cominciato con la manifesta novità dell’assegnazione di un incarico assessorile attribuito senza portafoglio mantenendo le competenze economiche in capo al presidente. A seguire, questa maggioranza leghista ha giocato la sua partita nei rapporti con i Comuni gestendo i sindaci secondo un vecchio adagio latino “Divide et impera”. Alla spicciolata, prima sul Fondo di riserva, nel futuro prossimo probabilmente anche sulla “legge 40”, i nostri cari Primi Cittadini si dovranno recare uno alla volta al cospetto del governo provinciale. 


I Sindaci ad un bivio

Il risultato è che ora tra i Sindaci si percepisce molta incertezza politica e grosse difficoltà a schierarsi. Anche tra quelli che hanno intenzione – come in ogni legislatura – di prendere in considerazione il percorso verso il Consiglio Provinciale. Solo pochi danno già ampi segnali di interesse a sostenere la lega, mentre sono sempre più consistenti i “rumors” riguardo alla formazione “motu proprio” di una lista civica sganciata dalla maggioranza provinciale. 


Vero è che quello dei sindaci è un partito – non partito che ad ogni elezione nasce e si divide secondo l’inclinazione politica di ciascun primo cittadino che lo anima. 


Dubito dunque che anche stavolta nemmeno: lega, contributi e fascia tricolore, sapranno riunirli sotto l’egida di un unico movimento.  


Si aprono nuovi scenari

Nel frattempo, dall’altra parte si comincia a delineare un quadro molto interessante, su modello di quanto successo per la città di Trento. L’aver individuato una persona capace e competente, in grado di non far pesare l’inclinazione politica ma piuttosto il modus operandi nell’approccio ai problemi, di fatto in qualche modo ha fatto scuola. 


Cercando non sconfinare nel vanesio, vogliamo orgogliosamente pensare che a dipingere questi tratti ci abbia messo del suo anche il nostro partito, il Patt. Che al di là di quello che deciderà per il suo futuro, a Trento, ha contribuito a  formare un bellissimo esempio. A livello personale lo vedremmo benissimo anche come format da estendere su base provinciale. Lì, tra l’altro, la guida ideale di una coalizione alternativa all’attuale governo provinciale potrebbe proprio essere civica centrista. E sarà con ogni probabilità il motivo che impedirà la riproposizione sic e simpliciter della coalizione di centro-sinistra-autonomista che pure si sfaldò alla fine della scorsa legislatura. 


Forse è perché vissi in prima persona quella fase che oggi avverto i segni di analogo declino anche dentro a questa maggioranza. Senza contare che anche nel corpo elettorale si avverte evidente un disagio da frustrazione per quel cercato cambiamento col voto non arrivato poi, nella vita di ciascuno.


Per capirci il bisogno principale dei trentini non era certo un concerto di Vasco Rossi ma una Sanità più solida. 


E intanto, mentre a Mattarello preparano il palco per il Concerto del Secolo, nel governo trentino sono già più che evidenti i segni di sindrome da troppi galli nel pollaio.


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28 Settembre 2021 0 Commenti
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28 settembre 1948: la prima iniezione di cortisone. Perchè il parallelo con gli agro-farmaci, all’indomani del quesito referendario?

Da Michele Dallapiccola 27 Settembre 2021

La consultazione popolare relativa all’eventuale istituzione di un bio distretto agricolo, qualche merito lo ha avuto.

Pur per breve tempo ha infatti saputo alimentare il dibattito andando oltre il quesito referendario. Si è sentito parlare molto più del solito di agricoltura, valori e metodi di coltivazione. Ciò che si è percepito, è che nel sentire comune c’è maggior predisposizione ad accogliere positivamente il metodo biologico perché considerato più sano. Ma che questo, visti i risultati del referendum, non è un fatto che preoccupa. E dunque le dissertazioni da salotto sul buono e il cattivo che c’è nel cibo che mangiamo sono più oggetto di discussione che di vera preoccupazione.


Viviamo l’epoca dei luoghi comuni e dei tuttologi. L’esempio del cortisone.

Lo racconto con un esempio: parliamo di cortisone. Mi permetto di farlo perché la medicina veterinaria (anche se – per ora – non professo più) e la farmacologia, rimangono per me una grandissima passione. 


Ebbene, a mio modo di vedere i corticosteroidi sono una classe di farmaci meravigliosi, al limite del miracoloso. Non a caso, E.C. Kendall, il suo scopritore nel 1950, fu insignito del Premio Nobel. 


Oggi ne parlo durante un compleanno importante. Il 28 settembre 1948, fu infatti ufficialmente inoculata la prima dose di Composto E, quello che in seguito sarebbe diventato il farmaco salvavita forse più famoso del pianeta dopo gli antibiotici. 


Da tempo gli americani stavano monitorando gli studi nazisti in materia. Durante la Seconda Guerra infatti, era somministrato un estratto di ghiandole surrenali ai piloti degli Stukas della Luftwaffe. In loro, si osservavano migliori prestazioni rispetto ai soggetti non trattati.

Il primo corticosteroide utilizzato, l’idrocortisone, era molto simile al cortisolo naturale. Al giorno d’oggi si usano soprattutto corticosteroidi di sintesi come il desametasone o il betametasone che hanno poteri farmacologici molto superiori.


Ecco il parallelo con i farmaci usati in agricoltura: naturali o di sintesi? 

Ebbene quando ho bisogno di un antinfiammatorio/antidolorifico forte, di un antiallergico, di un anti tumorale nelle leucemie, di un farmaco anti rigetto nei trapianti; quando sono svenuto in preda al collasso per uno shock anafilattico, non mi chiedo se il farmaco che mi stanno somministrando è di origine naturale o di sintesi. 


Mi chiedo solo se mi farà bene e se gli effetti collaterali saranno accettabili o meglio ancora assenti. 

Ho scelto un esempio forte, che forse rende l’idea. Il cortisone ha salvato migliaia e migliaia di vite umane pur afflitto da una nutrita serie di luoghi comuni. Infatti se chiedete ad un qualsiasi vostro amico a che cosa serve, con ogni probabilità, la prima cosa che vi dirà è che fa male e che è meglio non assumerlo. Invece, aggiungo io, l’unica cosa da osservare è che non va assunto fuori dal controllo medico. La sola figura professionale in grado di monitorare e gestire con le adeguate contromisure gli effettivi problemi collaterali che l’utilizzo di questo farmaco procura. 


Il valore della fiducia

Dalla farmacologia e dalla medicina dunque un monito ad evitare i facili giudizi ed i luoghi comuni e a nutrire maggiore fiducia nella scienza.

Anche in agricoltura questa fornisce principi attivi rispetto a un tempo a dir poco meravigliosi. Qui i medici sono sostituiti dagli agronomi, figure che studiano, conoscono ed indicano dosaggi, proprietà ed effetti collaterali. 


Ricordiamoci inoltre che sono affiancati dalla prima persona che ha interesse a gestire le armi nel migliore dei modi nei confronti delle fitopatie: il contadino. E’ colui che li utilizza in prima linea ad aver interesse a farne buon uso. 


Questo mio, è un ragionamento di invito ad avere fiducia nella scienza e in chi la diffonde e la pratica. Dobbiamo cercare di stare lontani dai vari “ho sentito dire che” ci affliggono particolarmente anche a causa all’avvento dei social. 


Seguiamo invece la filiera della fiducia, presso la Grande Distribuzione Organizzata (che fa un sacco di analisi) o presso piccoli negozi e produttori (che ci mettono la faccia).


Ma fidiamoci dei principi che anche in Trentino guidano le scelte agronomiche, quelli della filiera della scienza. Quella stessa che tra i vari compleanni da ricordare all’umanità, ha donato anche il 28 settembre 1948.

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